Scrivere

Quando hai scoperto, e come, che avevi qualcosa da dire, che sentivi la necessità di scrivere? Quando hai iniziato e su quali argomenti? Quale è stato il percorso che hai affrontato prima di veder pubblicato un tuo romanzo?

Un percorso tormentatissimo. Scrivo da quando ero bambina. Direi che ho sempre avuto predilezione per il fantastico: la fantascienza, la fantapolitica, la space opera, e le storie al confine dei generi. A parte un intervallo adolescenziale in cui scrivevo solo poesie. Ho iniziato a spron battuto con i romanzi, scrivendone una quantità impressionante, e tenendoli per lo più nel cassetto, senza lo spirito e l’iniziativa giusta per tentare la via editoriale. Pigra e timida. Solo con internet sono uscita dal guscio, anche perché in contemporanea mi sono decisa a scrivere racconti brevi e così ho avuto possibilità in più, di visibilità e pubblicazione e concorsi. Tornando ai romanzi, le mie storie “di confine” non trovavano spazio, una pubblicazione saltò all’ultimo momento, un altro romanzo in cui credevo molto ebbe vicissitudini negative, da cui lo scoraggiamento. In parallelo avevo iniziato a scrivere quello che sarebbe diventato il nucleo per il Dominio: il mio primo tentativo di fantasy pura, per la quale tutti mi assicuravano che ero portata. Dopo una pausa dovuta a vicissitudini lavorative, dopo altri ritardi di varia natura, finalmente la revisione definitiva e la pubblicazione.

Ora diciamo che sono più serena e distaccata riguardo lo scrivere. Ho accettato il fatto che comunque è tutta la mia vita, non posso negarlo, è la mia scimmia appollaiata sulla spalla, il mio tormento. Al tempo stesso è il mio equilibrio interiore.  Posso fingere che non mi importi cosa ne viene fuori. Posso scrivere facendo finta che si tratti di un passatempo  innocuo anche se so che non è così. Posso evitare di provare frustrazione se il tempo e la fatica non trovano ricompensa: scrivere è la ricompensa, e se qualcuno legge e apprezza, tanto meglio.  In questo modo mi sono riconciliata con me stessa e non subisco più i contraccolpi di ciò che accade alle mie “creature“. Complicato a spiegarsi,  ma nella pratica funziona. 

Come e quando nascono le idee per i tuoi romanzi e da quali esigenze sono mossi? Da dove “nascono” le tue storie? Da dove i tuoi personaggi?
Milena Debenedetti
Milena Debenedetti

Le idee arrivano da flash, da immagini della mente, all’improvviso. Collegate con la vita di tutti i giorni o del tutto staccate. Dallo spunto di una canzone, di un quadro, o senza alcuno spunto del tutto.

Le storie nascono, molto semplicemente, dall’elaborazione mentale di quello che mi piacerebbe leggere. Per quanto riguarda i personaggi, ci ho messo molto tempo a uscire dallo stereotipo “protagonista-femmina-o-maschio-molto-femminile-che-mi-somiglia”. Spero di esserci riuscita.

In generale ci sono comunque dei filoni principali ricorrenti: l’interesse per il diverso, per colui che per qualche motivo è solo, emarginato, differente dagli altri, tormentato,  che  ha qualche sofferenza interiore, un fardello esistenziale da portarsi dietro. L’esplorazione dei generi e delle identità sessuali,  in tutte le loro sfumature. E poi temi di tipo politico o sociale o ecologico, ma solo accennati, sullo sfondo. Non mi piacciono gli autori che li privilegiano alla narrazione. A me piace soprattutto che succeda qualcosa, che i personaggi agiscano, interagiscano e si trasformino con l‘evolversi della vicenda.

Antico e sempre attuale dilemma: pensi che scrivere sia dote innata o che si possa imparare, anche con le "nuove tecniche di scrittura"?

Sono confusa in proposito. Molto confusa. Credo che una dote di base ci voglia, e credo che ci possano essere ottimi scrittori autodidatti. Al tempo stesso, il mondo cambia e si evolve, bisogna fare i conti con quella brutta parola che è il mercato, e allora spesso un qualche talento non basta, a centrare il bersaglio. Bisogna prendere la giusta mira. Forse per qualcuno può essere utile trovare il modo di incanalarsi. Per me, sinceramente, no. Sono troppo ribelle. Preferisco sbagliare di testa mia.

Sei una scrittrice lenta o veloce, meditativa o istintiva? Tecnica a macchia di leopardo o disciplinata, con ruolino di marcia? Imbrigli i personaggi o lasci che siano loro a decidere quale percorso deve seguire la vicenda?

Fino a questo romanzo, avrei potuto dirti: non sono velocissima, ma neppure lenta. Rimugino sull’evolversi della storia, anche se a volte qualche soluzione mi viene all’improvviso, d’istinto. E una cosa è certa: devo partire con uno schema già in mente, l’inizio, la fine assolutamente, e una traccia della vicenda. Con quest’ultimo, però, tutto questo è saltato, con mia grande sorpresa. Ha avuto quasi vita propria.

Comunque i  personaggi non mi prendono mai la mano, continuo a seguire una tecnica disciplinata, mai saltando da un punto all’altro. Revisiono continuamente il testo mentre scrivo, tanto che alla fine mi rimane ben poco da rivedere: soprattutto la punteggiatura, la caccia alle incongruenze e alle ripetizioni.

Come è nato il tuo nuovo progetto, La Saga della Regola? E cosa puoi raccontarci del nuovo  volume della serie, I Maghi degli Elementi?

Il primo romanzo era inteso come autoconclusivo. Eppure, mi capita spesso, per ogni cosa che scrivo, di chiedermi come potrebbe continuare. Avevo in mente una scena, una scena sola, da cui partire. E’ rimasta lì fissa in mente per anni. Poi si è unita, quasi da sola, con un’altra storia che avevo in testa, di cui volevo fare un racconto. Ho trovato il nesso per collegarle, e da lì in poi sono partita. Sentivo semplicemente che il mondo e l’ambientazione della Regola avevano ancora qualcosa da dare. Comunque, è un romanzo a se stante, che si richiama solo alla lontana al primo. Ha diverse vicende e personaggi che si intrecciano. Diversi climi narrativi. E forse, chiarisce alcuni aspetti che erano rimasti in ombra, come il ruolo della magia, l’agire apparentemente incongruente del personaggio Emiana, le origini della Regola. Mi è stato molto utile il confronto con lettori e altri autori, e le discussioni sul Dominio. Almeno, i pareri non animati da pregiudizio. Per fortuna, questi ultimi sono stati una netta minoranza.