“I miti possono uccidere. Questo imparano i giovani appartenenti alle Dodici Case degli Eroi della Valle, a cui la tradizione vieta di superare i pericolosi confini dei Tumuli: chi infrange il divieto rischia una morte orribile, divorato (o peggio) dagli spaventosi Trow. Ma il giovane Halli della Casa di Svein è diviso tra il rispetto delle regole e il desiderio di diventare a sua volta un grande Eroe, come il suo illustre antenato. Varcare i confini e ricoprirsi di gloria: ecco il suo sogno. Niente a che fare con le noiose incombenze quotidiane."

"Purtroppo Halli non è alto e biondo come i suoi fratelli: piccolo, rotondetto e con una spiccata tendenza a fare scherzi a tutti, sembra che sia solo questione di tempo prima cne si cacci seriamente nei guai. E infatti, dopo l'ennesimo scherzo giocato ai danni del viscido Ragnar della Casa di Hakon, la situazione precipita, mettendo in moto una catena di eventi catastrofici quanto imprevedibili. Per rimediarvi, Halli è costretto ad abbandonare la sua casa, a sfidare le leggi dei suoi pari e della sua famiglia, a scontrarsi con briganti, mostri e nobili assetati di vendetta; e a cercare aiuto in una pestifera ragazza che insieme a lui accetterà di mettere in pericolo se stessa, le loro case e la vita dei popoli della valle.”

Tre anni dopo la conclusione della meravigliosa Trilogia di Bartimeus, bestseller internazionale tradotto in diverse lingue che ha riscosso un grande successo di pubblico e critica, l’autore inglese Jonathan Stroud torna in libreria con un nuovo romanzo, intitolato La valle degli eroi, tradotto per Salani da Luca Tarenzi.

Nel suo sito personale Stroud afferma che nel 2006, dopo aver terminato la stesura di Bartimeus, desiderava scrivere una storia che contenesse una buona dose di ironia e azione, con una location rurale, diversa quindi da quella metropolitana e londinese. Durante un suo viaggio in Nuova Zelanda nasce così l’idea del romanzo di Halli Sveinsson.

L’eroe, così come ci è tramandato dalla cultura greca, ci fa subito pensare a un individuo discendente dal divino, che riesce a ottenere popolarità grazie alle sue gesta leggendarie. Nell’arte, infatti, spesso l’eroe viene raffigurato come un individuo aitante, dalle indubbie capacità fisiche, con in pugno armi poderose; in letteratura, invece, come un uomo dotato di grandi qualità intellettuali, che sa dosare l’astuzia e l’intelligenza, capace di sopraffare la propria impulsività o debolezza pur di difendere l’onore della patria e portare a termine una missione epica.

Kalòs kai agathòs”, bello e valoroso, così lo interpretavano i Greci. Ma, di certo, non è dello stesso punto di vista l’inglese Jonathan Stroud, quando ci narra le avventure di Halli di Casa Svein, il protagonista del romanzo. Halli è basso, tarchiato, dalle gambe storte e massicce come prosciutti e sicuramente non di bell’aspetto.

Stroud si diverte quindi a distruggere il topos dell’eroe bello e

L'autore
L'autore
affascinante, sottolineando più volte la sua disgraziata anatomia, prendendo in giro il suo protagonista senza risparmiarsi battute al vetriolo e coinvolgendolo in scene paradossali. Halli non riesce ad alzare una spada perché è troppo pesante, è costretto a mettersi a tracolla la cintura d’argento del celebre Svein perché troppo larga, non è capace perfino di arrampicarsi su rocce impervie, cosicché si ritrova a saltellare goffamente per tentare un’improbabile scalata. Il lettore, dal canto suo, non può che affezionarsi indiscutibilmente a quest’eroe moderno che, seppur con evidenti limiti fisici, sa tuttavia sfoderare coraggio e audacia, e non esita un attimo per partire in missione e vendicare lo zio Brodi, vilmente assassinato dalla Casa Hakon. Ma, badate bene, non vi aspettate anche in questo caso scene dense di epos, Halli incontrerà non poche difficoltà nel suo cammino e spesso la paura lo costringerà a fuggire a gambe levate. Tuttavia, ironia della sorte, ogni sua azione si incastrerà in un quadro di avvenimenti particolari che arriveranno ad amplificare le sue gesta trasformandole in azioni straordinarie.

Mito e leggenda sono reinventate da Stroud in modo del tutto originale, con uno stile di scrittura che si lascia leggere in un soffio, alternando suspense a battute sagaci, come l’autore inglese ci ha abituati nei suoi precedenti lavori.

Perfetta e ben delineata la coprotagonista Aud di Casa Arne, anche lei decisamente lontana dallo stereotipo classico della damigella di corte. Sfacciata, arrogante, senza peli sulla lingua, con la battuta sempre pronta. E la relazione tra Halli e Aud non può che sfociare in un’attrazione, decisamente lontana dai toni melensi di un amore barocco e medioevale. Basta riportare un semplice dialogo tra i due per capire i toni:

Stavo russando?"

Come un maiale. C’era tutto il fienile che tremava, gli uccelli che volavano via e la polvere che pioveva giù dalle travi del soffitto. Mi sorprende che non ti siano crollate addosso”.

[…] Hai un aspetto da schifo. Ieri sera non me ne sono accorta alla luce del crepuscolo, ma hai la faccia di un cadavere, Halli. Hai i vestiti a brandelli e non sono sicura di voler sapere cosa sono quelle macchie sui tuoi pantaloni. Mi vengono i brividi se penso che ti sei appoggiato al mio mantello ieri sera: dovrò bruciarlo. Per non parlare dei tuoi poveri piedi: sono tutti una crosta di sangue. In vita mia non ho mai visto un discendente di un Fondatore così conciato, Halli: scommetto che non è mai successo nulla di simile in tutta la storia della valle. Devono esserci cadaveri in forma migliore di te, su nei tumuli..."

La valle degli eroi rappresenta il micromondo in cui Stroud ambienta le sue avventure. Racchiusa dal mare a est, dalle catene montuose e dalla linea dei tumuli, tombe sacre degli antenati. Il vero confine della valle non è dato però da limiti geografici, quanto dalla paura dell’ignoto e dalla terribile leggenda dei Trow, bestie immonde che vivono nel sottosuolo, pronte a sbranare ogni avventuriero al calar del sole.

L’autore afferma nel suo sito personale di aver tratto ispirazione dalla saga di Saga di Grettir Ásmundarson, sebbene precisi che "non ha molto a che fare con l'attuale libro, tranne per il fatto che contiene una scena in cui lo zio dell'eroe fa una brutta fine. E 'Hetti', ovviamente, è diventato 'Halli'."

Nel sito ufficiale del romanzo, visitabile a questo Link, è possibile infine leggere come è nata la struttura del romanzo, con delle piccole curiosità su come è proseguita la stesura dei vari capitoli e la costruzione dell’ambientazione.

L'amueto di Samarcanda
L'amueto di Samarcanda
Stroud gioca sapientemente con il mito, divertendosi a rappresentare i suoi personaggi dalla mentalità chiusa, terrorizzati dalle dicerie popolari.

In un’età postmoderna dove ogni evento è scansionato sotto gli occhi della scienza e della tecnica, Stroud ricrea un’ambientazione di sapore antico, nella quale si muovono individui che credono fermamente negli alti valori dell’epica, pronti in ogni occasione a citare le gesta dei propri Eroi, baluardi di saggezza ed esempi di vita. Gesta che, di casa in casa, assumono tuttavia connotazioni diverse, spesso contraddicendosi pur di esaltare il proprio antenato. Così l’eroe Svein, temerario cacciatore di Trow, diventa goffo e ridicolo nei racconti della casa Hakon oppure un personaggio del tutto secondario secondo la versione di casa Arne.

Insomma, mentre le pagine volano via, il lettore si ritrova spesso a ridere, ma anche a riflettere su concetti che, a una lettura più attenta, si possono adattare benissimo al nostro quotidiano.

Ed è forse questa sfumatura perennemente in bilico tra la realtà e la leggenda a mantenere alta la suspense nel libro, fino a quando Stroud non chiude le fila, in un intreccio perfetto dove nulla è lasciato al caso.

Proprio per questo motivo, mia personalissima opinione, il finale lascia un po’ l’amaro in bocca, svelando dei misteri che forse era meglio lasciare su una tonalità più sfumata, senza cadere troppo nel fantastico, senza svelare troppo, senza corrompere il confine tra la realtà e la leggenda. Come sappiamo, il finale di un romanzo non può non incidere in maniera preponderante sul giudizio del libro e, a mio avviso, Stroud poteva giocare ancora di più con il lettore, come ha saputo sapientemente fare nelle precedenti pagine del libro. Una scelta un po’ azzardata, che farà storcere il naso ad alcuni lettori, o incontrerà il plauso di altri. Com’è giusto che sia.

Romanzo conclusivo o inizio di una nuova trilogia? Non ci è dato saperlo, dato che “La valle degli eroi” non lascia particolari interrogativi, sebbene la conclusione possa far supporre un continuo.

E noi, come sempre, attenderemo con ansia, pronti a gustarci una nuova opera di Stroud.