Lei ha studiato medicina; considerando i suoi studi, come è arrivata poi alla scrittura?

Per me è molto importante il fatto di essere medico: mi permette di conoscere un enorme quantitativo di realtà, di caratteri, di situazioni, emozioni. Non so come facciano i non laureati in medicina a fare gli scrittori, devono essere bravissimi! Quando avevo più o meno dieci, dodici anni, l’età in cui decidiamo le linee direttive della nostra vita, io volevo fare il medico e lo scrittore, avevo chiare entrambe le cose. Ho cominciato a scrivere a diciannove anni, dopo aver visto Brancaleone alle Crociate, film straordinario che rappresentava un eroe straordinario, Brancaleone, che per certi versi aveva alcuni tratti di cialtronaggine, ma era comunque un coraggioso e un giusto, con un linguaggio, creato mischiando dialetti meridionali con un latino molto maccheronico e un italiano arcaico, che era un gioiello; in quell’occasione ho scritto le prime trenta righe di un racconto, Il Cavaliere, la Strega, la Morte e il Diavolo, che poi ho dimenticato in un cassetto e ho ritrovato per caso vent’anni dopo, durante una guardia di Ferragosto, una guardia particolarmente tranquilla. Quando ero di guardia generalmente studiavo, e io quando studio scrivo (faccio riassunti). Ero rimasta senza carta e, incredibilmente, questo quaderno era sopravvissuto a un numero enorme di traslochi e al mio stesso matrimonio. Avevo ritrovato queste righe ingiallite, ovviamente scritte a mano, e avevo finito il racconto.

Nei suoi libri l’elemento fantastico è spesso presente, ma alcuni – e penso a L’Ultimo Elfo – sono fantasy propriamente detti: il fantasy è un genere che rientra tra i suoi preferiti, oppure è quello che si adatta meglio a esprimere ciò che a lei interessa trasmettere ai suoi lettori?

Tutte e due le cose: incontra moltissimo i miei gusti personali proprio perché è il genere che più facilmente può trasmettere certi messaggi. Ricordo anche come è nato il genere fantasy, con Tolkien e Lewis. Il fantasy cerca disperatamente di salvare i valori del Cristianesimo che sono stati annientati dall’Illuminismo. La stessa parola ‘magia’ nasconde il miracolo, qualcosa di cui abbiamo un disperato bisogno. Nelle profezie c’è nascosta la Provvidenza.

Lei si sente un’autrice per l’infanzia? Oppure quando scrive pensa a un pubblico adulto (costituito, ad esempio, da genitori)?

I miei sono tutti libri anche per ragazzi, nel senso che un buon libro per un dodicenne è un buon libro anche per un settantenne, mentre non sempre è valido il contrario. L’Ultimo Elfo è un libro buono anche per un adulto, come La Bestia e la Bella e L’Ultima Stella a Destra della Luna; lo stesso vale per Il Gatto dagli Occhi d’Oro, che adesso stanno usando molto perché è un libro che, con una notevole leggerezza, parla di infibulazione, quindi è utile anche per un adulto: se bisogna chiarire a degli adulti il problema, è bene dare loro questo libro, che si legge con una certa leggerezza, mentre ad esempio L’Infedele, in cui l'autrice descrive l’infibulazione sua e della sorellina, che poi diventa psicotica, giustamente è una lettura angosciante. Il Gatto dagli Occhi d’Oro, come L’Ultimo Elfo, è scritto su diversi livelli: l’adulto coglie le citazioni e i riferimenti, il bambino invece va avanti per vedere cose succede nella pagina dopo. Anche in Harry Potter ci sono rimandi alla situazione politica, La Bussola d’Oro ha diversi piani di lettura. E’ divertente il tragitto de Il Cavaliere, la Strega, la Morte e il Diavolo, che nasce come libro per gli adulti e invece è stato scambiato per un libro per ragazzi: benché non ci sia scritto da nessuna parte “per i dodici anni”, lo stanno usando nelle scuole medie e quando me lo hanno detto non potevo crederci, ma mi hanno detto “Ci è piaciuto tanto”.

Oltre che autrice di narrativa per l’infanzia (romanzi e racconti), lei è autrice di saggistica: in quale di queste vesti si sente più a suo agio?

Come narratrice. Però anche scrivere saggi mi piace molto, anche perché il fatto di essere medico e quindi avere una certa conoscenza delle neuroscienze, mi regala una conoscenza che manca agli altri saggisti: c’è una regola generale secondo cui qualsiasi cosa si faccia bisogna averne un guadagno, e questo principio è stabilito da Madre Natura. E’ il principio del piacere: ci si allontana dal dolore e ci si avvicina al piacere. Ascoltare storie deve darci piacere basato su endorfine, come accade anche per la musica. Il poema epico permette l’affiliazione al gruppo, e perché è in versi? Perché dovevano impararlo a memoria ed è molto più facile imparare a memoria un racconto in versi piuttosto che in prosa. Il poema epico serve a veicolare il coraggio.

Com’è il mondo del futuro che lei immagina per i bambini di oggi?