Esistono film che durano 141 minuti e possono permetterselo. Sfortunatamente, Robin Hood di Ridley Scott (Il Gladiatore), con Russel Crowe e Cate Blanchett, non è tra questi. Dimenticate arcieri incappucciati e spirito goliardico; non vedrete la banda di ‘spettri’ della foresta di Sherwood rubare ai ricchi per dare ai poveri; insomma non vedrete alcun Robin Hood.

Già perché questa pellicola avrebbero potuto intitolarla Robin Hood – The Beginning, visto che racconta come un semplice arciere di nome Robin Longstride sia diventato una eroe leggendario dell’Inghilterra medievale.

Siamo in Francia, dove Re Riccardo Cuor di Leone (Danny Huston) è impegnato a combattere contro Filippo, il Re di Francia. Quando Sua Maestà perisce durante una battaglia, Sir Robert Loxley (Douglas Hodge) viene incaricato di riportare la corona reale in patria, ma cade in un agguato predisposto dal tetro Godfrey (Mark Strong, visto recentemente in Sherlock Holmes). Robin, Little John (Kevin Durand), Will Scarlet (Scott Grimes) e Allan A’Dayle (Alan Doyle) si imbattono in Loxley morente ed ereditano il rischioso fardello di ricondurre la corona in patria, nonché l’altrettanto difficile compito di restituire a Sir Walter Loxley (Max von Sydow) la spada che suo figlio Robert aveva preso con sé, senza la benedizione paterna, prima di partire per le Crociate.

L’azione si sposta a Nottingham, dove Robin incontra Lady Marion, vedova di Robert Loxley e un Sir Walter ormai cieco che gli propone un accordo: Robin dovrà spacciarsi per il defunto Sir Robert per evitare a Marion la caduta in disgrazia e in cambio otterrà la spada e alcune verità sul suo passato, connesse a suo padre e al misterioso motto inciso sulla lama della spada: Ribellati, ribellati, fino a quando gli agnelli diverranno leoni.

In questo Robin Hood, Ridley Scott ha il difficile compito di creare qualcosa di nuovo a partire da una storia già sfruttata cinematograficamente parlando. Decide dunque di puntare su aspetti inediti del personaggio legati al suo background familiare e alle vicissitudini che lo hanno condotto a diventare il fuorilegge noto al grande pubblico. Russel Crowe non è d’aiuto nel portare sullo schermo un personaggio di questo tipo: l’attore australiano mantiene un’espressione costante per tutta la durata della pellicola e risulta fuori registro nei panni del veloce e furbo Robin. Brava la Blanchett, forse un po’ troppo attrice navigata per interpretare la giovane Lady che si innamora del fuorilegge di Sherwood e straordinariamente simile alla battagliera regina Elizabeth da lei interpretata in passato.

Altri ruoli strettamente connessi alla vicenda di Robin Hood ‘classica’, come lo sceriffo di Nottingham e l’allegro bevitore Fra Tuck sono sì presenti nella pellicola, ma rivestono un ruolo marginale e sembrano buttati lì per accontentare i fan. Gli stessi Little John, Will Scarlet e Allan A’Dayle non riescono a ritagliarsi un ruolo che vada al di là della semplice comparsata.

La ricostruzione accurata della vita medievale e dei combattimenti - in particolare per quel che riguarda le tecniche di tiro con l'arco - e i costumi di scena non bastano a risollevare un film dalla sceneggiatura decisamente canonica, con alcune situazioni - l'alleanza tra i Baroni e il passato di Robin - che sembrano inserite per evitare alla trama di banalizzarsi.

Le buone intenzioni si perdono per strada in una pellicola lunga, che mette tanta carne al fuoco ma affronta la vicenda narrata con uno stile ‘alto’, sottolineato dalla colonna sonora curata da  Marc Streitenfeld, che mal si adatta alle vicende dei banditi di Sherwood: battaglie, intrighi politici e una forzata ricostruzione del background familiare di Robin Longstride prendono il posto di altri elementi che Scott avrebbe potuto chiamare in causa, come il rapporto, quasi di fratellanza, che si instaura tra Robin e i ‘suoi’ uomini e la vita nella foresta. Ne risulta un film storico che pare utilizzare arbitrariamente il nome di Robin Hood come un mero sponsor, ma di Robin Hood poco conserva.