Le parodie, un po’ meno le rivisitazioni, sono spesso spassose. Se ripenso a quanto mi sono divertita leggendo quelle dei Paperi, mi torna il sorriso. Mi è capitato di riprenderle, dato che le ho accuratamente conservate e, nonostante siano passati un bel po’ di anni, il piacere è stato paragonabile.

Non così posso dire della reinterpretazione in chiave nanerottola, prodotta da Baker Bloodworth -arrivato alla Disney nel 1990, come direttore di produzione di La Bella e La Bestia, il primo film di animazione ad essere candidato agli Academy Award-, che ha al suo attivo numerosi premi e interessanti progetti come Destino, il cortometraggio del 2004, iniziato da Salvador Dali e Walt Disney nel 1945 e ultimato sotto Roy Disney e Bloodworth. Gli altri due produttori sono: David Furnish e Steve Hamilton Shaw, quest’ultimo anche sceneggiatore, soci della Rocket Pictures insieme a Elton John.

La rilettura della tragedia shakespeariana, affidata allo studio canadese Starz Animation, una società canadese, che si occupa di fornire la più avanzata animazione al computer ad alcuni dei maggiori studios cinematografici e la cui regia è affidata a Kelly Asbury, che ha diretto i film candidati all’Oscar quali Shrek 2 (2004) e Spirit-Cavallo Selvaggio (2002), oltre ad aver collaborato come artista in Shrek (2001), Toy Story (1995), Nightmare Before Christmas di Tim Burton (1993) e La Bella e La Bestia, è abbastanza monotona e priva di guizzi, se non fosse per i colori sgargianti che destano l’attenzione.

Scontata l'evoluzione della tragedia in commedia, il film, nonostante l'ottima perizia tecnica e l'uso appropriato e non invasivo del 3D, non riesce a tenere desta l’attenzione, complice il banale e inelegante  doppiaggio, che ha sottolineato la divisione, come se ce ne fosse bisogno, fra i cappelli rossi e i cappelli blu, fra il signor Capuleti, meridionale, e la signora Montecchi, nordica, che neanche a farlo a posta non hanno consorte e che chissà, potrebbero anche unirsi in felice comunione, da buoni consuoceri intendo, quasi in una riunificazione italiana che tanto piace in quest’anno di commemorazione. Non mancano le chicche del romanaccio fenicottero rosa, la cui voce è affidata a Francesco Pannofino (voce italiana di George Clooney). Purtroppo a parte queste banali caratterizzazioni i personaggi rimangono nani da giardino e l’idea, innovativa in Toy Story, di dar vita a esseri inanimati durante l’assenza umana, qui appare slavaticcia, nonostante i colori psichedelici.

Coinvolgente la colonna sonora che si avvale,  oltre che delle musiche originali di James Newton Howard (Il Cavaliere Oscuro insieme ad Hans Zimmer) e Chris Bacon, delle canzoni di Elton John e Bernie Taupin, suo fedele collaboratore, sempre all’insegna del kitsch e del pop, che più pop non si può. Imperversano, facendoci titillare l’orecchio, Your song e Love builds a gardenDon’t Go Breaking My Heart tra le altre.

Riflettendo sulle dichiarazioni del produttore Baker Bloodworth, mi sembra ci sia una contraddizione: come mai tutti si preoccupano della possibilità di rottura di Gnomeo, se Gnomeo è di plastica? Riporto le parole del produttore: “Gnomeo e Giulietta sono fatti di plastica dipinta. Featherstone è vuoto, ed è fatto di plastica rosa. Dobbiamo rimanere fedeli ai materiali - cemento, ceramica, plastica, gomma, vinile - senza però limitare i movimenti dei personaggi. Fin dove possiamo spingerci, salvaguardando al contempo l’essenza dei materiali?”

E questo basta a far crollare la sospensione dell’incredulità, già messa a dura prova dall’ora e mezza di scontatezza.