Se è vero che la conoscenza è importante, è altrettanto vero però che il potere delle Rune, come quello della magia delle sacerdotesse, deve avere un'origine, una fonte. E tale fonte è l'energia vitale, lo spirito di un'altra creatura, il legame che c'è con quanto di più elevato della materia, ciò che viene rappresentato con il cielo. Kay nel mostrare il sorgere del nuovo potere su Fionavar rende omaggio a J.R.R. Tolkien (lo scrittore canadese ha collaborato con il figlio dell'autore del Signore degli Anelli per completare Il Silmarillion): la storia d'amore tra Amairgen e Lisen, la sua fonte, riprende il famoso legame tra Beren e Luthien (l'amore tra un mortale e un immortale) narrato nel romanzo che mostra la nascita e lo sviluppo del mondo cui appartiene la Terra di Mezzo.

I riferimenti alla mitologia greca nei confronti di Amairgen non si fermano qui: la sua partenza assieme a cento compagni, uomini e lios alfar, per raggiungere Cader Sedat, un'isola di grande potere, ricorda l'impresa degli Argonauti, quando Giasone sulla nave Argo partì alla conquista del Vello d'Oro assieme a un manipolo di eroi per compiere un'impresa in cui non era mai riuscito a nessuno. E durante il viaggio, l'incontro con il Ladro di Anime, flagello delle navi che passavano per il tratto di mare che conduce a Cader Sedat, fa venire in mente i leggendari Scilla e Cariddi  che Ulisse e i suoi compagni incontrano durante il loro ritorno a casa e che tanto terrorizzavano i marinai d'ogni luogo.

Ritorno a casa, quello della nave di Amairgen, che ripropone la tragica fine in cui incorre il padre di Teseo, il re Egeo, dopo l'impresa del Minotauro: l'accordo tra i due era che nel caso di riuscita dell'impresa l'imbarcazione avrebbe spiegato vele bianche, invece delle nere con le quali era partita. Teseo non si ricordò del patto e non cambiò le vele, nonostante fosse riuscito a sconfiggere il mostro e spezzare la presa di Creta su Atene (la città doveva un tributo di giovani da sacrificare all'essere rinchiuso nel labirinto) e così il padre dal dolore si gettò dalla scogliera, dando il nome al mare omonimo.

Lisen vedendo tornare la nave nera con le vele squarciate e comprendendo la sciagura, questa volta reale, in cui è incorso l'amato e il suo equipaggio, presa dal dolore si getta in mare dalla torre costruita appositamente per lei per aspettare il ritorno di Amairgen. Un gesto che le è fatale, perché le deiene, ninfe dei boschi, in mare muoiono, una limitazione della loro razza, il motivo per cui non aveva potuto seguire il mago, privandolo così della forza della magia, essendo la sua fonte di potere.

Sarà secoli dopo che la loro morte verrà vendicata quando un nuovo gruppo, composto da Arthur, Paul, Loren Manto d'Argento e Diarmuid sulla nave Prydwen (stesso nome portato da quella su cui Arthur salpò nel nostro mondo quando si recò verso lo stessa destinazione), riuscirà nell'impresa come la loro controparte greca, spezzando il maleficio che sorge dall'isola e che sta attanagliando il continente.

Di nuovo la mitologia greca mostra la sua presenza in Tabor e Imraith-Nimphais, l'unicorno alato, il dono della dea Dana; un dono a doppio taglio come lo è ogni cosa, perché tutto, nel bene e nel male, richiede sempre un prezzo da pagare. Uomo ed essere magico ricordano Bellerofonte e Pegaso, il cavallo alato, eroi famosi per le grandi imprese compiute, per aver liberato popoli da mostri e nemici, uniti in ogni avventura come se fossero un'unica cosa, un legame che era e trascendeva amore e che si spezza quando tentano di raggiungere l'Olimpo per vedere se gli dei esistevano veramente: l'uomo scivola dalla groppa e cade sulla terra, ma non muore, mentre Pegaso sale al cielo e diviene una costellazione. La caduta però lascia un segno indelebile su Bellerofonte, che si ritroverà per sempre a zoppicare, simbolo di una menomazione fisica (menomazione diffusa nei miti dei profeti come Giacobbe (anca lussata dopo lo scontro con l'Angelo) Edipo, Tiresia, Omero (cecità) ), che indica la diversità dalle altre persone quando si scopre la verità su se stessi, ma non solo. Questa storia, come quella di Tabor, rivela che dopo certe esperienze non si è più come gli altri e che il compito dell'uomo non è stare in cielo, ma abitare sulla terra per congiungere i due elementi.

Si è accennato alla frattura creatasi secondo i miti greci tra Zeus e Demetra, tra Cielo e Terra, un modo per l'antico popolo per spiegare il ciclo delle stagioni che si alternavano sulla terra: fu in seguito alla decisione di Zeus di permettere al fratello Ade di rapire la figlia di Demetra, che la dea si ritirò lasciando che la natura con tutti i suoi frutti appassisse e morisse e fu solo dopo l'accordo raggiunto che il peggio venne scongiurato. Accordo che prevedeva che Persefone stesse con la madre per otto mesi dell'anno e i restanti con il proprio consorte: proprio quest'ultimo periodo è il lasso temporale in cui Demetra si ritira e cade in lutto e l'inverno domina sulla terra in attesa che la dea esca dal suo periodo di cordoglio e riabbracciando la figlia ritrovi la gioia di vivere e far scorrere la vita.