“Questo è un lavoro romanzesco modellato intorno e attraverso la storia” ha scritto Guy Gavriel Kay nella pagina dedicata ai ringraziamenti che chiude il suo ultimo romanzo, La rinascita di Shen Tai. Poco più in giù spiega che la sua “porta d’ingresso alla Cina dei T’ang si è aperta con i maestri della poesia della dinastia: Du Fu, Li Bai (l’Immortale Esiliato), Wang Wei, Bai Juyi e molti altri” (1). E, a completare il quadro, segue un elenco piuttosto lungo di opere che gli sono servite per creare il Kitai, l’impero in cui si muovono Tai e tutti gli altri protagonisti della storia. Nulla di nuovo, visto che in ogni romanzo lo scrittore canadese segnala numerosi testi che gli sono stato utili per realizzare i suoi mondi inventati.

Per arrivare alla fantasy storica Kay è partito da lontano. La sua prima opera, la Trilogia di Fionavar, è incentrata sul viaggio compiuto da cinque studenti canadesi in un mondo parallelo che per certi versi ricorda la Terra di Mezzo di J.R.R. Tolkien, con un forte uso della magia e la presenza di elfi, nani, un drago e perfino alcune divinità, ma fondamentali sono anche i riferimenti a numerose mitologie del nostro mondo.

Se quello di Fionavar è un mondo parallelo, con tanto di viaggio possibile fra quella terra e il nostro mondo, quello dell’immaginaria Penisola del Palmo del Paese delle due lune è l’unico mondo esistente, e ricorda la penisola italiana di epoca medievale e rinascimentale. La penisola infatti è frammentata in numerose province rivali, e questa suddivisione, come quella fra i nostri comuni o i nostri piccoli ducati, ha facilitato l’invasione e la conquista dei vari territori da parte di potenze straniere opposte fra loro ma già unificate al loro interno. E anche se la trama non ha legami diretti con la nostra storia, la descrizione di Avalle delle Torri gli è stata ispirata dal paesaggio di San Gimignano, paesaggio che lui stesso poteva ammirare da Certaldo nel corso del soggiorno toscano compiuto proprio in occasione della realizzazione di questo romanzo (2).

A Song for Arbonne riprende la cultura trobadorica dell’antica Provenza e ripropone una guerra che ricorda molto da vicino la crociata contro i Catari. È con questo romanzo che lo scrittore si è allontanato da una fantasy di tipo più classico, con un forte uso della magia, per dedicarsi a storie un cui l’elemento magico è molto più sfumato e il respiro è quasi da romanzo storico.

In The Lions of Al-Rassan uno dei personaggi è chiaramente modellato su El Cid, e anche se la Riconquista dei territori spagnoli da parte dei sovrani cristiani si è svolta con tempi e modalità molti diversi da quelli del romanzo di Kay, l’ispirazione è più che evidente. Non solo entrambi i personaggi si chiamano Rodrigo, ma la loro storia personale presente molti punti di contatto e le religioni che sono alla base del conflitto narrativo ricordano molto da vicino quelle cristiana, ebraica e islamica.

Per la duologia The Sarantine Mosaic il punto di partenza è stato l’impero di Costantinopoli, in particolare il periodo del dominio dell’imperatore Giustiniano e di sua moglie Teodora, The Last Light of the Sun si basa sulle scorrerie vichinghe a danno dei regni anglosassoni e sulla figura di Alfredo il Grande, mentre Ysabel, pur essendo ambientato in epoca contemporanea, affonda pesantemente le sue radici nella storia passata della Provenza.

La rinascita di Shen Tai, infine, si basa sulla dinastia cinese dei Tang, in particolare sul periodo della ribellione di An Shi. Certo, i dettagli cambiano, a volte anche di molto.

Dato che la geografia di questi mondi è chiaramente inventata e che in ciascuno di loro è presente almeno un elemento fantastico, per queste opere non è possibile parlare di romanzi storici. Piuttosto si tratta di fantasy storici, e la ragione di questa scelta è stata fornita a più riprese dallo scrittore.

A partire da A Song for Arbonne la magia è quasi assente nei romanzi di Kay, e anche dove si trova è qualcosa che sfugge alla comprensione umana (o almeno a quella dei protagonisti e della loro cultura) per ammantarsi di mistero. La magia, più che una componente fondamentale di queste opere, diventa uno dei possibili strumenti a disposizione dell’autore, da adoperare quando serve davvero alla storia (3). Addirittura può essere dannosa se usata nel modo sbagliato, o in quantità eccessive, perché aumenta la distanza fra la storia e il lettore confinando l’opera nell’ambito del fantastico, e quindi allontanandola dalla nostra realtà (4).

Con questo Kay non dice che gli elementi magici vadano eliminata dalla narrativa, ma solo che vanno usati con attenzione, senza seguire precise regole che ne indichino l’uso. È semplicemente uno dei tanti strumenti a disposizione dello scrittore, da adoperare quando e dove è necessario alla storia.