1752, il piccolo Barnabas Collins lascia l'Inghilterra insieme ai suoi genitori, diretto verso il nuovo mondo. 

1772, il giovane Barnabas (Johnny Depp) infrange il cuore della bella domestica Angelique (Eva Green), lasciandola per la bella Josette (Bella Heathcote). Angelique, molto dotata nella stregoneria, decide di vendicarsi provocando il suicidio di Josette, trasformando Barnabas in un vampiro e seppellendolo vivo in una bara.

1972, il vampiro Branabas viene dissotterrato per caso e torna tra i vivi. Alcune cose saranno come lui le ricorda - la villa gotica di famiglia, per esempio - ma la realtà circostante sarà diversissima dalla vita che Barnabas conosceva, dando origine a una serie di situazioni comiche. Barnabas dovrà infatti adattarsi ad abitare insieme ai suoi discendenti, Elizabeth Collins Stoddard (Michelle Pfeiffer), suo fratello Roger Collins (Johnny Lee Miller) e i rispettivi figli Carolyn, di quindici anni (Chloe Grace Moretz) e David (Gulliver McGrath), di otto. A villa Collins però abitano anche la psicologa Julia Hoffman (Helena Bonham Carter), il faccendiere Willie Loomis (Jackie Earle Haley) e la governante dal misterioso passato Victoria Winters (Bella Heathcote). 

Veniamo subito al nocciolo della questione: volete sapere se Dark Shadows è il grande ritorno del cupo e visionario genio di Tim Burton (fraseggio retorico ironico)? No, non lo è. Volete sapere se il film sarà una immonda delusione che vi farà giurare odio eterno nei confronti del regista di Edward mani di forbice e La sposa cadavere? Nemmeno. Dark Shadows è un film grazioso ma non riuscitissimo, che strapperà un sorriso e non deluderà, a patto di vederlo senza pregiudizi. Ancora una volta Burton inserisce nel cast Depp, la Bonham Carter, le musiche di Danny Elfman e i costumi di Colleen Atwood. Tuttavia non dimentichiamo che nel film ci sono anche un'ottima Michelle Pfeiffer e una brava Chloe Moretz, l'indimenticabile Hit Girl di Kick Ass. Riesce a ritagliarsi un minuscolo spazio anche Jackie Earle Haley, e se in questo ometto non siete riusciti a riconoscere Rorschach siete perdonati solo perché in Watchmen era quasi sempre mascherato. Non convince in toto la performance di Eva Green, ma il doppiaggio potrebbe aver influito sul risultato visto in sala. In generale buone le interpretazioni degli attori, che riescono, complice la direzione di Burton, a esplicare bene sullo schermo le relazioni che intercorrono tra i personaggi di questa commedia romantica e umoristica allo stesso tempo. Non eccelsa la colonna sonora di Elfman, ma apprezzabile la scelta di canzoni dell'epoca inserite nella sound track, e gustosa la partecipazione della rockstar Alice Cooper nei panni di se stesso, che Barnabas ritiene "la donna più brutta che abbia mai visto". 

A non convincere è la love story che apre e chiude la vicenda, a cui Burton sembra tenere particolarmente ma che mal si sposa con quel che c'è in mezzo, e che forse avrebbe funzionato meglio senza. A tratti sembra di vedere due film diversi che racchiusi in uno. A influire sul giudizio la scarsa incisività della Heathcote, che deve raccogliere l'eredità pesante di bionda e diafana musa burtoniana, un ruolo che in passato hanno interpretato attrici come Christina Ricci e Wynona Rider. Burton riesce inoltre a inserire un'altra tematica a lui cara, l'abbandono da parte della figura paterna, ma riesce a farlo senza che la cosa pesi sul giudizio complessivo sulla pellicola. Vi sono poi altri elementi che non vi sveliamo per non rovinarvi la sorpresa che appaiono spuri e poco importanti nell'economia della trama. Un discorso a parte meriterebbero due scene, che anche in questo caso decidiamo di non anticiparvi, che ricalcano da vicino nientemeno che prodotti come la Twilight Saga (in particolar modo il finale dell'ultimo Breaking Dawn) e Buffy l'Ammazzavampiri

Dark Shadows non dipende dalla conoscenza della serie a cui è ispirato andata in onda negli States negli anni Sessanta, e non risulta neppure eccessivamente burtoniano. Resta un film gradevole, da vedere senza troppe aspettative, che riesce a ironizzare su alcune idiosincrasie della società moderna in modo garbato, in un perfetto equilibrio tra commedia e orrore.