Prima di tutto: chi è Gianluigi Zuddas? Fra tutti gli autori fantastici italiani sei, forse, il più "discreto", al punto che anche i tuoi lettori affezionati di te sanno poco o niente. E magari ne vorrebbero sapere di più. Parlaci dell'uomo Zuddas. 

Modenese, nato nel 1943, vivo da sempre a Livorno. Ho fatto diversi mestieri, ma dopo i trent'anni ho sentito il bisogno di fare qualcosa di creativo e mi sono dato alla pittura. Solo cinque anni più tardi ho cominciato a scrivere. In realtà non credo che ci sia bisogno di praticare le belle arti per essere creativi. Chiunque può esserlo nelle sue attività quotidiane: la casalinga in cucina, l'impiegato in ufficio, il contadino nel suo orto. Chiunque può creare cose valide e nuove, qualunque sia la sua attività. La differenza sta forse nel fatto che nelle belle arti c'è moltissima comunicazione, e inoltre essere creativi diventa necessario in ogni fase della carriera professionale. Se fai musica, se dipingi, se scrivi, devi essere creativo sempre, altrimenti la tua smette di essere un'arte e rimane soltanto un mestiere. Niente di male in questo, ma ho sempre pensato che praticare un'arte debba significare anche una continua ricerca di nuovi modi di esprimersi, di strade della comunicazione ancora mai percorse da altri. Per me il consiglio di leggere molto, che viene sempre dato a chi desidera scrivere, significa certo avere un'istruzione di base, ma forse soprattutto imparare quali sono le cose già fatte da altri e quindi da non ripetere. 

E ora veniamo allo scrittore. Per tutti gli amanti della lettura e, a maggior ragione, per tutti gli scrittori, c'è sempre un libro "epifanico", un libro che dà (per così dire) il "la" alla passione. Qual è stato il tuo primo amore, quello che ti ha fatto provare, per la prima volta, la sensazione magica?

Io leggo da quando facevo la prima elementare. Ho letto di tutto e ho amato tutto. Diciamo però che quando mi capitò fra le mani il primo romanzo di fantascienza mi vidi davanti un campo dove potevano sbrigliarsi non soltanto le emozioni ma anche la fantasia. Era "Il triangolo quadrilatero" di William F. Temple, uno dei primi Urania. Molto più tardi, quando cercai degli ambienti in cui far vivere i miei personaggi, avevo già imparato una cosa importante da Mika Waltari, l'autore di "Sinuhe l'Egiziano". I suoi sono romanzi storici basati su fatti accertati, ma nello stesso tempo ambientati in "buchi" della storia, buchi dei quali ancora non sappiamo molto e in cui può essere accaduto di tutto. Non nego che la letteratura migliore sia quella che osserva il mondo attuale e ci apre gli occhi sui suoi aspetti, tuttavia ho sempre sentito il fascino del lontano passato dell'umanità: un mondo vastissimo, complesso e sfaccettato, meraviglioso e terribile oltre ogni fantasia.

Quale fu il tuo primissimo tentativo letterario? E quale fu il tuo primo scritto veramente riuscito?

Il mio primo successo fu un romanzo che gettai via senza farlo leggere a nessuno. Mi insegnò quali erano le cose in cui non davo il meglio di me, e in che modo avrei dovuto scrivere per trovare l'ingresso di una strada soltanto mia. Le protagoniste erano due amazzoni, e ne conservai la trama, ma i personaggi diventarono in seguito completamente diversi, e soprattutto diversi da quelle che erano le amazzoni secondo la letteratura e le scarse notizie storiche a nostra disposizione. Nel frattempo avevo cominciato a riflettere sull'uso che si può fare dell'umorismo in un romanzo avventuroso, drammatico, senza che questo lo faccia scadere di tono. In quegli anni c'erano ancora pochi precedenti nella letteratura di fantasy di autori che usassero l'umorismo, come Sprague de Camp e Gordon Dickson, ma avevo l'impressione che loro eccedessero col tono divertito e uscissero dalle righe. Inoltre volevo dei protagonisti di diverso genere. Due amazzoni, purché usassero non la spada ma l'astuzia, erano personaggi che potevo far agire nelle avventure più diverse, lasciando l'umorismo e l'ironia solo nella meccanica della situazione. 

Fatale fu l'incontro con l'Editrice Nord. Come avvenne? Come riuscisti a pubblicare il tuo primo romanzo presso questa storica casa editrice?

Il mio primo romanzo, Amazon fu pubblicato dalla Casa Editrice La Tribuna. Poi altri furono pubblicati da Malaguti e da Fanucci. Solo in seguito, partecipando alle riunioni della fantascienza, conobbi il signor Viviani, fondatore e proprietario della Nord. Fu amore a prima vista, per così dire. Per me lui è sempre stato il "signor" Viviani, anche quando cominciammo a darci del tu. Ma solo dopo qualche anno riuscii a presentargli un romanzo che lui giudicasse pubblicabile. Non ci speravo più, perché il signor Viviani era un appassionato lettore e un editore esigente, ed essere suo amico non bastava di certo. Il romanzo era Balthis l'Avventuriera, che in seguito vinse il Premio Italia e mi aiutò a vincere anche il Premio Europa alla convention di Brighton. Ma non fu facile farglielo accettare. Per mia fortuna lui lo diede in lettura a Mauro Gaffo, il quale espresse parere favorevole e decise di scrivere qualche pagina di introduzione per il romanzo.