È proprio quando le aspettative sono basse o nulle che lo spettatore rischia di non rimanere deluso, anzi. 

Premessa doverosa, chi scrive non ha amato il cartone Disney del 1937, trovandolo eccessivamente buonista e con personaggi caratterialmente senza fondamento. Tantomeno si ritiene molto solidale con la visione della fanciulla che deve essere salvata.

Se anche voi partite da premesse simili rischierete di trovare in Biancaneve e il Cacciatore una versione probabilmente più congeniale della storia della principessa dalla pelle bianca come la neve, le labbra rosse come una rosa e i capelli neri come l’ebano.

Per fare un buon film servono vari elementi: bravi attori credibili nei ruoli loro affidati; una buona idea, e quella che Sanders ha avuto è pure piuttosto originale, per distogliere la mente dal “ricordo Disney”; un team tecnico con una grande creatività e inventiva, che sappia lavorare in concerto nella fusione dei vari tasselli, ossia soggetto, plot, sceneggiatura, dialoghi, montaggio, musica, costumi. E si tratta in effetti di un team di grande valore artistico e tecnico, visto che ogni componente ha collaborato alla realizzazione dei film più riusciti e premiati degli ultimi 15 anni.

La storia è violenta, cruda, emotiva, empatica. C’è posto per una grande varietà di momenti ed emozioni, tra loro calibrate da un pathos crescente, non urlato e non spiattellato, composto di paura, ilarità, sarcasmo, romanticismo non stucchevole (nemmeno nelle scene più prevedibili), disperazione, battaglia interiore, speranza. Le atmosfere, i luoghi e i personaggi sono molto evocativi, richiamando immaginari già noti e amati che spaziano dal mondo tolkeniano a quello del Sottomondo di Burton, passando per i mondi medievali e terre esotiche, ma al contempo riescono a essere originali e fondersi perfettamente nella narrazione.

Sanders, pur rispettando il senso della trama le regala nuove sfumature e la stravolge, mantenendo una categorica e micidiale logica che comincia in un freddo giorno d'inverno, si dipana in battaglie, prese di potere, maledizioni, fughe, inseguimenti, lotte, incontri, scontri, sconfitte e vittorie, e poi arriva l'inevitabile ma atteso e sobrio happy ending.

La trama della fiaba trascritta dai Grimm è cosa nota. Biancaneve, orfana di madre e principessa erede del regno di Re Magnus è la sola più bella del reame, anche più bella di Ravenna, sua matrigna che ovviamente non ci sta, vuole la fanciulla morta, divorarne il cuore e ristabilire il proprio primato e il controllo del regno. Per farlo chiama un cacciatore, che poi non assolverà al suo compito, anzi. Sarà l'inizio della fine per la strega Regina.

Biancaneve non è più la fanciulla vittima martirizzata. È una ragazza consapevole dei propri limiti ma che vuole a tutti i costi riscattarsi, pur con tutte le sue paure e la sua incapacità di odiare. Trova il coraggio e un giorno scappa dalla prigionia a cui è costretta dalla morte di suo padre, affronta il vuoto, l'ignoto, e la Foresta Oscura. Kristen Stewart, pur non riuscendo a togliersi di dosso al 100% l'aurea vampiritica di Bella Swan, dimostra un grande impegno e sforzo di immedesimazione. Sicuramente nella versione in lingua originale risulta convincente, e più di tutti gli altri personaggi merita di avere un doppiaggio che non la penalizzi, ulteriormente ad altre marchiature a fuoco che si porta dietro come momenti di snervante monoespressività (a cui è evidente sta lavorando) e il finire spesso in uno stato di morte più o meno apparente. Il rischio di una doppiatrice inadeguata (come è stata Federica De Bortoli in Twilight, e come si vocifera sarà, ahimè, anche stavolta) porterebbe a un appiattimento del suo personaggio e a una perdita definitiva di spessore, che onestamente non merita.

Ravenna è il personaggio meglio riuscito e caratterizzato, forse la vera protagonista di tutto il film, grazie anche alla credibile e straordinaria interpretazione di Charlize Theron (alla quale auguriamo comunque un doppiaggio degno di questo nome, che forse spetterà a Roberta Pellini, potenzialmente affidabile).

Ravenna è un personaggio estremamente complesso, crudele ma di grande spicco estetico, psicologico ed emotivo, sia che parli che taccia, sia da immobile che in movimento.

La sua storia è drammatica e terribile, come tremendi sono il suo passato e la sua educazione. Ella stessa è il frutto di tutto ciò che è stato dannoso nella sua vita, con l'aggravante di non aver scelto di cambiare, e Sanders sovente si sofferma sui suoi occhi, a mostrare tutto il tormento che spesso attanaglia personaggi così complessi.

Il regno di Re Magnus nelle sue mani è stravolto, divorato dall'interno della sala del trono come un cancro che progressivamente indebolisce e distrugge. Questo aspetto è perfettamente reso durante tutta la storia attraverso una grande attenzione ai dettagli, all'architettura, al paesaggio e alla natura, che non sono soltanto (in senso estetico) sublimi cornici ma personaggi vividi e vibranti.

Negli occhi e nella voce di Theron-Ravenna si manifesta completamente tutto il suo sentire, la disperazione, la tristezza, il terrore che la profezia hanno generato e suscitato in lei e di conseguenza la follia che la acceca.

Ciò che conta è esclusivamente la sopravvivenza dell'affascinante quanto terribile strega, niente ha pari valore: tutti i regni e gli abitanti possono soccombere, tutti gli uomini che ingannano o non amano davvero le donne devono perire, purché Ravenna e la propria velenosa bellezza sopravvivano in eterno.

Eric, il cacciatore, è un altro protagonista che ottiene il proprio riscatto. È un uomo distrutto dalla morte della moglie che ha amato sinceramente, è diventato un mercenario senza amore per se stesso che vaga senza priorità e valori, perché la morte di Zara ha portato via tutto con sé. Tutto ha perso senso, ma in Biancaneve Eric troverà il motivo per riconquistare speranza e fiducia e tornerà a combattere, per cercare di sconfiggere Ravenna di cui ha toccato con mano la follia.

Ciascun personaggio che lo spettatore incontrerà (di cui scegliamo di non parlare solo per non rovinare la sorpresa, non perché non meritino attenzione, tutt'altro) è tratteggiato in modo chiaro ed esauriente, sia sulla scena che grazie all'uso di flashback, una sapiente elaborazione dei dialoghi e un'accurata realizzazione dei costumi nel rispetto e nell'esaltazione delle caratteristiche fisiche, estetiche e psicologiche fondanti ciascuno di essi e della rispettiva evoluzione nel corso della storia.

L'abilità di Sanders, probabilmente legata al suo background lavorativo, è stata proprio questa: delineare rapidamente ma efficacemente ogni componente del film e della trama, dandogli credibilità e appropriata capacità di sostenersi da solo e nel contempo di armonizzarsi con tutti gli altri singoli elementi attraverso un ritmo della storia ben calibrato, una fortissima attenzione e cura dei dettagli, all'espressività degli occhi e della costruzione dei dialoghi, anche attraverso delle ottime battute d'effetto.

Il cinema di oggi non naviga in splendide acque. Le idee sono poche e per lo più riciclate. Si preferisce investire in progetti già collaudati o in idee altrui che hanno già mostrato attrattiva dal pubblico, per paura o mancanza di... fantasia? Creatività? Budget? Non lo sapremo mai davvero.

Quel che sappiamo con Biancaneve e il Cacciatore, però, è che a volte l'eccezione conferma la regola: si possono fare buoni remake con nuove e originali idee, dando nuovi punti di vista, nuove interpretazioni. Ed è esattamente ciò che è riuscito a produrre il lungimirante Joe Roth (Alice in Wonderland e produrrà il prossimo Maleficent), credendo nel progetto di Rupert Sanders per la Universal Pictures.