Nell'orda barbara di saggi di speculazione pubblicati su quello che ormai sempre più prepotentemente ha il diritto di essere chiamato fenomeno Harry Potter, nonostante qualcuno cominci a considerarlo un caso letterario superato, il secondo saggio di Marina Lenti occupa di diritto un posto di notevole rispetto in una ideale classifica dei più riusciti libri sull'argomento.

La Lenti, che si conferma un'acuta saggista, è riuscita ad analizzare in modo molto accurato, e all'occorrenza giustamente critico, i moltissimi aspetti che si celano sotto animali apparentemente innocui e nomi spiritosi, magie dai nomi evocativi e situazioni che pensavamo di aver compreso in tutta la loro complessità. Ci permette di guardare da una inaspettata angolazione la storia del giovane mago occhialuto, che si mostra nuovamente un fantasy deputato a diventare un classico nonostante, talvolta, venga ancora meramente considerato per un pubblico di giovani lettori.

Possiamo scoprire ancora una volta quale affascinante sottomondo si celi dietro la saga di Hogwarts, osservando come essa sia un viaggio in grado di arricchirsi lettura dopo lettura, in cui anche un lettore più strutturato potrebbe rischiare di perdersi e piacevolmente sorprendersi.

Per questo, in effetti, La metafisica di Harry Potter non è affatto una lettura leggera, tantomeno un libercolo di evasione. Strutturato in otto capitoli, ciascuno con una struttura a sé stante dovuta a una diversificata esigenza di affrontare i temi trattati; ciò ha permesso all'autrice di lavorare in libertà cercando di rendere al meglio ogni argomento a seconda delle necessità del caso, senza il rischio di incappare in costrizioni schematiche che avrebbero complicato la resa di ciascun argomento. A guardar bene l'unico punto di incontro tra gli otto è l'analisi che richiama non solo come il tema si collochi all'interno della saga di Harry Potter, ma anche a come si possa risalire alla nascita di certe credenze, allo sviluppo di importanti religioni, tradizioni, miti e leggende da cui la Rowling ha saputo prendere a piene mani e al tempo stesso rielaborare, immaginando un nuovo mondo. È evidente che non si sarebbe potuto affrontare con leggerezza temi tanto impegnativi come il libero arbitrio, l'alchimia o le relazioni mistiche ed esoteriche che intercorrono tra il romanzo e il numero sette; infatti i primi tre capitoli, per la loro articolazione e delicata importanza, sono un po' i più pesanti e intensi, e mettono alla prova la resistenza del lettore. Grazie però all'apprezzabile intento della Lenti a voler essere il più chiara e lineare possibile, questa intrinseca complessità risulta accattivante e spinge il lettore ad arrivare alla fine senza salti.

Gli altri capitoli, dai temi prettamente potteriani come le Case, gli Horcrux, i Deathly Hallows, scorrono con maggiore fluidità e sono il vero fulcro del saggio, la parte più riuscita e in un certo senso più divertente, in cui la Lenti oltre ad analizzare i vari elementi con scientifica accuratezza (ne è la prova la ricca bibliografia presente a fine libro) propone anche alcune interpretazioni personali in modo pacato e convincente, senza pretendere di enunciare verità assolute, ma presentate con coerenza e imparziale serietà, e soprattutto senza un atteggiamento osannante verso il caso letterario. Interessanti sono gli approfondimenti in cui la saggista risale alle tradizioni culturali e letterarie più antiche (si passa dalla letteratura micenea a quella celtica, fino alla tradizione cristiana) a cui la Rowling ha più o meno consapevolmente fatto riferimento.

L'ultimo capitolo, però, quello sugli incantesimi e i poteri interiori, risulta un po' troppo rapido e spesso sbrigativo nelle spiegazioni (uno per tutti il Voto Infrangibile), e quasi se ne sente la conferma con il paragrafo finale del saggio, una brevissima conclusione, decisamente troppo lapidaria, inserito in tutta fretta in un altrettanto breve parte sulle visioni di Harry, che avrebbe certamente meritato qualche riflessione in più. 

Non viene a compromettersi la validità dell'intero saggio, ma dopo aver apprezzato il bel percorso di analisi ci si aspettava che la Lenti si prendesse fino alla fine la soddisfazione di mostrarsi ancora una volta di una superiorità e onestà intellettuale rara e tangibile rispetto a tanti suoi "colleghi" saggisti.

Un aspetto del saggio, che personalmente trovo una pecca, è l'autoreferenzialità: la Lenti spesso fa riferimento all'altro suo lavoro, L'incantesimo Harry Potter, in cui aveva analizzato il fenomeno letterario attraverso la biografia della Rowling e la sua avventura editoriale, i sette romanzi, il lancio cinematografico e l'impatto con il pubblico. La metafisica, in tutta la propria originalità e ricchezza può perfettamente reggersi sulle proprie argomentazioni dimostrando alla Lenti stessa che non c'era assoluto bisogno di fare riferimenti che rischiano, piuttosto, di suscitare critiche inutili.

Marina Lenti ha saputo approcciare al magico mondo creato da J.K. Rowling senza la pretesa di fare chissà quale clamorosa scoperta, ma semplicemente con occhio attento ha saputo proporre una efficace e, laddove sia frutto di personali riflessioni, una verosimile e plausibile analisi degli aspetti metafisici, alchemici, religiosi e metaforici che si nascondono dietro il magico mondo di Hogwarts.