Forse per via della copertina fucsia (con Biancaneve e la principessa Fiona) e il font invogliante, all'apparenza, rigirandolo tra le mani, il librettino di Cartoon Ladies sembra essere qualcosa di leggero rispetto a quanto invece, già dalla sinossi, propone di trattare questo saggio, in cui Federica Zancato promette una messa a confronto tra varie categorie di protagoniste dell'animazione americana dagli anni 30 a oggi. 

Si parte con una molto argomentata introduzione sul rapporto tra cinema e costume, la visione della donna tra stereotipi, modelli narrativi, tradizione e rivoluzioni sessuali, indugiando sui modelli proposti con l'avvento del cinema e della televisione. 

Il tutto risulta poco agile a causa di uno stile un po' troppo serioso e poco accattivante, con in più due rischi: sembrare un testo universitario più che un saggio di divulgazione, e annoiare il lettore, che salterà a piedi pari qualche periodo.

Arriva poi l'analisi dei personaggi femminili, suddivisibili, secondo l'autrice, in sei categorie:

1. Moraliste e Seduttrici

2. Casalinghe e Impiegate

3. Fate e Streghe

4. Piagnucolose e Avventuriere

5. Madri e Matrigne

6. Adolescenti di ieri e oggi.

Ciascuna serie è aperta da un breve testo introduttivo, seguita dalla “scheda tecnica” delle varie protagoniste. Teoricamente dovrebbe essere un raffronto, in pratica troviamo la descrizione estetica e l'analisi caratteriale di ciascun personaggio, l'esordio sullo schermo o sul fumetto, l'evoluzione o l'involuzione dello stesso nel corso degli anni, con delle considerazioni personali più o meno condivisibili, talvolta con delle forzature per inserire un determinato personaggio in una specifica categoria. 

La Zancato si limita a presentarle a due a due, senza i paragoni che inizialmente il lettore si sarebbe aspettato, per lasciare a quest'ultimo, eventualmente, un'intuitiva messa in relazione. 

Prima del confronto tra coppie forse, c'era da domandarsi se i vari personaggi siano riusciti esempi di stereotipi del loro tempo e solo dopo metterle a confronto, cercando di motivare anche il paragone, per rendersi conto se esso risulti non tanto realistico quanto credibile.

In generale le schede, prese individualmente, funzionano e sono un'ottima parte per un'eventuale enciclopedia dei personaggi femminili d'animazione americana, tuttavia per un lettore dotato di discreta memoria e appassionato di cinema d'animazione prima ancora di imparare a leggere e scrivere, tante, forse troppe, sono le protagoniste mancanti. E non per una personale considerazione di assenza o meno, ma perché alcune di loro hanno rappresentato dei momenti di svolta e  meriterebbero un'utile analisi a dimostrazione di come, col passare degli anni, sia cambiato il modo di parlare al pubblico delle donne, e anche sul come rappresentarle. Ci si aspettava anche questo, da un saggio simile. Il riconoscimento più sottile, particolare di quello “popolare”.

Oltre a non trovare le donne dei Flinstones mancano Lady Marian e quel che è peggio Lady Cocca,  emblema della matriarcalità, della determinazione, della forza e astuzia femminili, quella positiva strategica, quasi militaresca. E considerando che Robin Hood della Disney risale agli anni 70 è un segnale di vera emancipazione femminile complessivamente ignorato. Un'altra assente è Amelia la strega che ammalia, femminista perpetua, alternativa, femminile e potenzialmente sensuale, completamente diversa da Nonna Papera, Brigitta e Paperina (altre grandi assenti) a cui è imposto l'abito e la chioma nera in un mondo dai mille colori. L'introduzione del lato oscuro, anche se in un senso un po' comico perché Amelia perde sempre contro Zio Paperone, è un aspetto da non sottovalutare, in un mondo talvolta edulcorato come quello Disney, accusato spesso di storpiare in modo eccessivo le fiabe originali (come la Sirenetta di Andersen).

Zero menzioni a Jem delle Holograms, cantante dai capelli rosa, sognatrice e buona d'animo, romantica ragazza degli anni ottanta, leale e positiva ma non stucchevole, men che meno a Sheila, la sua acerrima rivale delle Misfits. Distante dalle sue coetanee delle fiabe incantate, Jem è la principessa contemporanea che col sogno di diventare cantante è un ricordo indelebile per un'intera generazione di ragazzine, soprattutto appassionate di musica.

Sempre sul fronte Disney nessuna menzione è fatta a Madame Medusa di Le Avventure di Bianca e Bernie, una delle più crudeli e subdole villain, che ben prima di Madre Gothel spaventò i bambini, sia per la sua estetica, sia per le sue azioni, parole, pensieri  e specchio di una vera e propria piaga sociale, come il rapimento e lo sfruttamento dei bambini. Se non si è posto l'accento su di lei non sorprende che manchi anche la piccola Penny, emblema dei bambini abbandonati negli orfanotrofi che elemosinano l'affetto anche dei loro carnefici, e vivono con la speranza di essere adottati da qualcuno che restituisca loro l'infanzia a rischio. 

Un'altra grande assente è la coraggiosissima Brisby, metafora sottoforma di topolina della donna casalinga, focolare della casa, che ritrovatasi vedova e con mezzi intellettuali limitati con coraggio affronta una missione emblematica, e diventa simbolo di riscatto.

Passata purtroppo quasi inosservata, quasi ovviamente manca anche Alba Papera di Chicken Little, un film che non ha avuto grande riscontro ma che per gli appassionati di cinematografia d'animazione ha rappresentato un piccolo passo in avanti nella rappresentazione del rapporto genitori figli. Alba Papera è una ragazzina emancipata, legge Papera Moderna e spiega all'amico Chicken Little oppresso da un padre che lo tiene sotto una campana di vetro, che il dialogo è il solo modo per trovare un punto di incontro coi genitori, che consenta di risolvere i conflitti. Un concetto di svolta epocale, rispetto ad anni in cui le giovani principesse Disney solo con la ribellione e qualche guaio poi risolto hanno potuto affermarsi di fronte ai genitori.

Inoltre, non c'è posto per parlare di Mulan o Meg di Hercules: più di tutte le altre sopracitate, hanno segnato un momento fondamentale nell'evoluzione della figura femminile nel cinema d'animazione. Mulan è la prima vera protagonista guerriera che conserva il proprio essere donna all'occorrenza. Meg è forse tra le donne più complete mai rappresentate dalla Disney, in un film d'animazione veramente innovativo in cui tutte le figure femminili, dalle Muse per arrivare alle Parche, hanno una forte caratterizzazione più simile all'ideale greco, senza neanche troppe censure. Meg è scesa a patti con Ade, diventa la sua subdola serva, ma si innamora di Hercules ed esce la sua parte migliore, nonostante le paure di donna ferita, e in certi momenti usa la propria bellezza come arma di seduzione o come mezzo per uscire dai guai. Tuttavia sono state sottovalutate o non ritenute necessarie per essere inserite. 

Mancano, infine, delle vere e proprie conclusioni generali, purtroppo velocemente compresse e con poca efficacia nell'introduzione del sesto e ultimo gruppo, per giunta con qualche errore di troppo: l'autrice inserisce a tutti i costi un riferimento a Merida, l'ultima protagonista dei film Disney Pixar, ma l'autrice dimostra una superficiale conoscenza del personaggio e della storia, che non ha potuto certamente vedere considerati i tempi di stampa del saggio e di proiezione del film. Un errore perdonabile se ci fosse stata più attenzione ad altri personaggi adolescenti che avrebbero potuto trovare posto in questo saggio.

Riguardo l'aspetto grafico, nonostante la bella idea di riportare fotografie di personaggi reali, attrici o scrittrici, simboli dell'emancipazione femminile e infine, locandine e manifesti d'epoca, si riscontra una organizzazione un po' confusionaria dei vari capitoli con titoli disposti in modo poco efficace, che non permette di apprezzare appieno la grande ricchezza di immagini: seppure talvolta disordinatamente distribuite o mal centrate nella pagina, che siano a colori o in bianco e nero, risultano belle e non scontate. 

In conclusione, la sensazione è di avere di fronte un saggio compresso, che se avesse avuto più spazio (in termini di pagine) probabilmente avrebbe dimostrato più respiro. Pertanto, l'intenzione del libro di Federica Zancato ha il merito di aver cercato di delineare un percorso per raccontare circa ottant'anni di storia della civiltà, e il percorso di affermazione ed evoluzione (o involuzione, a volte) della donna. Tuttavia, una buona intenzione non basta a ottenere un altrettanto buon risultato, e auspichiamo che l'autrice riprenda in mano il saggio per dargli la giusta dignità attraverso un'attenta revisione e aggiornamento.