Mirco Tondi

Il fantasy trae la sua origine dalla fantasia, dall'immaginazione. Attraverso di essa si può mostrare la realtà, estrapolandola dal suo contesto specifico e rendendola universale: miti, leggende, archetipi sono mezzi utili per aiutare in un cammino che dia consapevolezza. Nelprocesso di creazione della storia, per l'esperienza da Lei maturata, l'utilizzo di tali mezzi è stato voluto, cioè l'idea di utilizzare determinati archetipi, miti è stata fatta per scelta all'inizio del lavoro o questo è avvenuto inconsciamente, rendendosi conto di quanto realizzato solamente dopo la conclusione dell'opera? Pensa che sia un'esperienza personale oppure ogni scrittore arriva a un punto in cui si trova a porsi questo quesito?

Personalmente, perché è evidente che posso rispondere solo per me, di alcune cose mi sono resa conto prima. Anzi, è più corretto dire che i libri sono nati proprio per darmi la possibilità di parlare di realtà che avevo dentro da sempre. Il genocidio: quando ho finito di leggere L’ultimo dei Giusti, il libro più atrocemente bello che abbia mai raccontato della storia di un uomo, ho giurato che avrei fatto qualcosa, che avrei scritto. Lo stupro etnico: quando negli anni '90 notizie atroci arrivavano dalla Bosnia e dal Ruanda, ho giurato che avrei fatto qualcosa. L'Ultimo Elfo e L'Ultimo Orco sono nati per questo. Di moltissime altre cose mi sono resa conto dopo, a posteriori. Peraltro io sono un caso anomalo. Sono uno dei casi dove si può essere contemporaneamente il fenomeno osservato e l'osservatore. Non è questo la situazione abituale del narratore. Il cantastorie racconta basta, racconta perché qualcosa è nell'aria prima, nell'immaginario collettivo. Dopo, a volte secoli dopo, ci si rende conto che dentro la storia è finita l'anima di un'epoca. Come potrebbe essere altrimenti? Cos'altro dovrebbe finire nelle storie? A cosa servirebbero le storie se non a contenere l'anima collettiva della propria gente e della propria epoca?

La storia si è formata nella mia testa come storia, anzi meglio, come immagini. E’ come se vedessi un film. No, non è come un film, perché nel film non ci sono gli odori. La storia si forma e io ci sono dentro. Ho le immagini, le parole, i suoni, gli odori, ovviamente la colonna sonora. Quello che ho molto chiaro nella testa sono l’inizio e la fine, poi le scene madri, infatti scrivo in questo ordine, inizio, fine, le scene più importanti. L’epilogo è scritto dal 2004, è stato scritto insieme all’Ultimo Elfo, le ultime cento righe de L’ultima Profezia sono state scritte dal 2007. Quello di cui non avevo nessuna idea era la lunghezza dei libri. Quando si è trattato di mettere tutto insieme, solo allora, mi sono resa conto che la trama avrebbe dovuto essere molto più articolata del progetto iniziale. Quella è venuta scrivendo. Il terzo e il quarto libro, nel progetto iniziale, avrebbero dovuto essere un libro solo, per questo la fine era già scritta, era la fine del terzo libro; poi mi sono resa conto che sarebbe stato un libro improponibile, più 1400 pagine. Di molti significati mi sono resa conto solo dopo, altri invece sono stati scelte precise.

Uno dei significati di cui mi sono resa conto dopo è il drago: diversi mesi dopo aver finito L’ultimo elfo ho trovato l’articolo dello psicologo Erich Neumann che rivisita l’archetipo del drago come l’autorità paterna che il ragazzo deve sfidare per diventare adulto. E solo in quel momento mi sono resa conto che tutti stavano invertendo l’archetipo, come se ci fossimo messi tutti d’accordo, oppure come se fossimo tutti immersi nello stesso immaginario. D’altra parte universo vuole dire questo, in fondo: un unico verso, un’unica canzone, un’unica poesia. Da venti anni a questa parte in tutte le storie, da Dragonheart a Eragon, passando anche per Harry Potter, che nel quarto libro sfida il drago in uno schema classico ma nel settimo lo cavalca, tutti abbiamo invertito l’archetipo. Il ragazzo non deve più sfidare l’autorità paterna, che si è dissolta. Deve diventare adulto senza questa sfida, senza più riti passaggio già predeterminati e quindi sensati. Diventa adulto attraverso accidenti casuali per cui nessuno lo ha preparato e dopo che è diventato adulto adotta il padre, di cui è più forte, e lo protegge. Non è mai successo nella storia, e sarebbe stato un controsenso, che i figli fossero più forti dei padri. Ora capita che lo siano, e non solo in informatica. Ma sono figli senza padre, che hanno dovuto improvvisare il loro passaggio alla vita adulta senza un’autorità che imponga delle regole così da poter verificare di essere abbastanza forti per infrangerle.

Barbara Gisolo

Se non ho capito male, riguardo ai temi trattati nei suoi romanzi, Lei prima scrive la vicenda e poi, rileggendola, emerge il tema trattato /messaggio da trasmettere. Un processo, per così dire, più femminile, rispetto a quello inverso che prevede una scaletta precisa con obbiettivi e messaggi, cui far seguire la loro “vestizione” in romanzo. La mia domanda è questa: nella scelta del genere Le è accaduto qualcosa di simile? Voglio dire, Lei scrive fantasy perché dalla sua penna il fantasy è uscito? Oppure lo fa per una scelta consapevole che, a priori, ha escluso altri generi specifici ritenendoli per X ragioni meno adatti?

Scrivo fantasy perché non potrei scrivere altro, perché ho voglia di scriver fantasy, perché mi serviva una cornice metaforica per dire quello che volevo dire e non potevo farcela in una cornice storica. Perché volevo scrivere qualcosa che uno leggesse per il piacere di leggere. Nessuna storia poteva contenere proprio mettere i libri che vede nello stesso tempo dei tratti di allegria e di leggerezza se non il fantasy. Scrivo fantasy perché c'è una testa da quando avevo 12 anni, e forse anche da prima degli anni precedenti, non ho una memoria abbastanza forte da essere certa. Quando cammino la mia testa si riempie di paesaggi e di persone, ci sono castelli, fossati e tizi che suonano. Forse sono venuti, dritti dal Medioevo, a dirmi che ne hanno abbastanza di essere considerati un branco di idioti di barbari. Violenti, barbari, feroci, pieni di coraggio, di spiritualità, ottusi, ignoranti, valorosi. Razze selezionate. Gente violenta. Scrivo fantasy perché, come ha detto un tale, usare la letteratura fantastica è come disporre di una scatola di matite dove ci sono anche loro l'argento, al posto di una scatola dove l'oro e l'argento mancano. Perché rinunciare a quello che brilla?

Francesco Coppola

Lei non crede che, oltre agli ordini scritti (come affermato nell’intervista a Melog), gli orchi abbiano a sostenerli anche un'epica degli "assolutamente buoni contro gli irriducibilmente cattivi?". Quale può essere il ruolo del Fantasy e dei suoi autori, in quelle regioni (e in quei tempi) del mondo ove le identità collettive, fragili, rischiano di diventare aggressive contro le minoranze interne?

Il ruolo del fantasy è quello di ricordare le regole d'onore. Tutti sono convinti di avere ragione. I nazisti erano fermamente convinti che gli ebrei, tutti, bambini inclusi, fossero responsabili di tutti i mali del mondo. Il terrorista islamico è fermamente convinto della cattiveria dell'Occidente. Tutti hanno ragione, tutti hanno subìto torti, tutti sono arrabbiati, tutti hanno ragione di essere arrabbiati.

Per esempio, io sono molto arrabbiata perché Costantinopoli, terza città santa della religione cristiana, ora si chiami Istanbul e che i Turchi abbiano massacrato un milione e mezzo di Armeni e che nemmeno si siano scusati. Quindi, secondo la cultura di morte che giustifica il terrorismo, avrei tutte le ragioni di andare in Turchia e far saltare un bus scolastico. E invece no: perché l’occupazione dell'Anatolia e di Costantinopoli sono stati una sciagura e un crimine, infinitamente più folle e atroce di tutto il colonialismo europeo, perché il genocidio degli Armeni è stato un crimine atroce, ma nulla giustifica che io uccida degli innocenti e solo una folle cultura di morte può asserire il contrario. Le regole d'onore sono che si condanna qualcuno solo dopo che c'è un'accusa precisa e 3° di giudizio. Regole d'onore sono che un guerriero non attacca mai un disarmato. Le regole d'onore che si fa la guerra solo dopo che c'è stata una dichiarazione di guerra, che quindi ha dato la possibilità di evitare la guerra, e uno scopo. E se lo scopo è distruggere rampe che lanciano missili contro il proprio Paese, la guerra può anche essere un dovere. L'ultima regola d'onore è quella della responsabilità personale. La mia gratitudine a chi ha posto la domanda.

Viviamo in un'epoca atroce. Le minoranze cristiane in Nordafrica e in tutto il mondo islamico stanno scomparendo e tra dieci anni al massimo saranno state completamente distrutte in luoghi dove vivevano da sempre. Sono circa 100.000 – avete letto giusto non è uno sbaglio, c'è scritto 100.000 -  i cristiani ogni anno massacrati in quanto tali in Asia e in Africa. Per salvarli occorre ristabilire le regole d'onore. Occorre che le ristabiliamo noi. Perché se il mondo occidentale fa risuonare la sua voce forte e chiara, dopo ogni atto terroristico, per giustificare il terrorismo e spiegare come in realtà la “vera colpa” sia di qualcun altro, il terrorismo ha già vinto. Chi rispetta il terrorista, chi lo giustifica compie un crimine immane contro la giustizia contro la legge contro l'essere uomini. Tutti coloro che hanno giustificato e che giustificano il terrorismo commettono un doppio crimine, di cui il più piccolo è contro le vittime del terrorismo che hanno visto distrutte le loro vite, è il più grave atroce e contro terroristi cui anima sarà distrutta.

Chiara Segrè

Il fantasy e' assolutamente imprescindibile dal concetto di Dio o comunque di una entità superiore che trascende il tempo e lo spazio, o ci può anche essere un fantasy "laico"? Per esempio, una delle saghe fantasy che ha avuto più successo (ma anche molte polemiche), Queste Oscure Materie di Philip Pullman, e' costruita proprio sulla "distruzione della divinità" o Autorità (come è definita nel libro). Può essere visto questo come un'evoluzione più attuale del genere fantasy, che rispecchia un po' le trasformazioni della società moderna (almeno nell'Occidente)?

La trilogia di Pullman è la esemplificazione assoluta di come il fantasy non possa parlare altro che di Dio e della morte. Pullman è convinto di aver scritto un'opera anticristiana, la realtà è che la sua è un'opera assolutamente cristiana, dove si rincorrono molto forti il dovere e sacrificio. Credo che possa rispecchiare le trasformazioni della società occidentale, che non ha ancora capito che non può esistere, che non può essere vitale se però che i suoi rapporti con il cristianesimo.

Gabriella Mariani

La fantasy trasfigura la violenza genocidiale e gli orrori della  guerra in un conflitto tra figure archetipiche, creando una sorta di mitologia del "secolo breve".  Ma ora che i testimoni dei grandi genocidi del novecento stanno scomparendo, e gli orrori quotidiani sono oggetto di pagine di cronaca facilmente dimenticate, una letteratura che trasforma la cosiddetta banalità del male in una lotta tra figure di sogno non rischia di provocare nel lettore una percezione falsata della realtà?

Il popolo d'Israele è stato massacrato nelle camere a gas tra l'indifferenza generale e oggi è minacciato dall' olocausto nucleare. Si sta formando uno stato palestinese, già riconosciuto dall’Unesco con un’operazione fuori da qualsiasi legalità, che potrebbe essere riconosciuto dall'Onu e che ha come primo articolo la distruzione lo Stato d'Israele. Chiarisco per coloro che si sono persi gli antecedenti: l'Onu sta per riconoscere uno Stato che vuole distruggere lo Stato d'Israele. Pensate che voglia distruggere lo Stato senza ucciderne gli abitanti? Siamo di fronte all'eccidio minacciato tutte le mattine. Siamo in pieno nella cultura di morte del genocidio, perché l'atto di terrorismo altro non è che un campo di sterminio portatile, il genocidio a basso costo, un diritto riconosciuto perché chiunque deve avere il suo genocidio.

Le immagini del potere terroristico o genocidario sono orchi, Alien, Terminator, gli aristocratici vampiri e la loro versione pezzente che sono gli zombie.

Il genocidio, la cultura di morte, il terrorismo si alimentano di consenso. La teoria che ha giustificato i lager e i gulag è la seguente: l’uomo nobile è addolorato dall’ingiustizia del mondo. Tanto più è nobile tanto più è addolorato. Chi arriva per l’indignazione dell’ingiustizia ad uccidere è quindi molto nobile. Più uccide più è nobile.

L’idea di Hitler era di raggiungere un mondo bello sano e senza ingiustizie mediante lo sterminio degli ebrei e di tutti gli appartenenti a “razze inferiori”, di imporre allo splendore della razza ariana che era quella che aveva prodotto gioielli come Hitler e Himple appunto. Oltre 6 milioni di ebrei, di cui un milione e mezzo di bambini, furono sterminati. Anche migliaia di appartenenti ad altre categorie, nomadi, omosessuali e altri; ma lo scopo, l’ossessione, la missione era lo sterminio degli ebrei. Quindi, in nome di un mondo nuovo e un uomo nuovo si stermina milioni di persone. Tanto più alto è il numero degli uccisi, tanto più alto è l’anelito verso la bellezza del nuovo mondo.

Il primo teorizzatore dello sterminio di interi popoli è Karl Marx: nazismo e comunismo sono stati i due mostri del ‘900.

Cristina Donati

Dall’intervista rilasciata a Melog emerge un concetto di fantasy sia come espressione di valori  prettamente umani (cavalleria, lealtà, speranza),  sia come una specie di esorcismo verso le paure in generale e quella della morte in particolare. Come si concilia questo con l’Urban Fantasy, in cui i mostri di ieri (vampiri, mannari) sono diventati i nuovi eroi e di umano hanno ben poco?

E’ semplicemente una maggiore accettazione del diverso, che, se fa le scelte giuste, diventa un eroe positivo. La distinzione tra buoni e cattivi si fa sulle scelte, non sulla genetica.

Marina Lenti

Per illustrare perché determinate soluzioni nel Fantastico facciano presa, Lei cita i nostri riferimenti culturali e la nostra Storia, ma spesso anche i meccanismi fisiologici del cervello, contrapponendo gli stimoli di quello rettiliano ai ragionamenti della corteccia cerebrale. Ci indicherebbe uno o più testi divulgativi – e quindi comprensibili anche a chi non è medico – su cui documentarci in merito?

Tutti quelli di Goleman sull’intelligenza emozionale, e anche libro La Tua mente può cambiare di Sharon Begley