Uno dei mostri che affollano i nostri incubi ha la particolarità di… trarre origine da un vero e proprio incubo: Mary Shelley, l’autrice che ha ideato il personaggio del dottor Frankenstein, lo ha narrato nell’introduzione al libro, che fu pubblicato nel 1831.

Prima di addentrarci nell’episodio una piccola precisazione: Frankenstein non è il mostro di cui parla il romanzo. Il titolo completo, Frankenstein, il Moderno Prometeo, dovrebbe già suggerirci la verità: ovvero il nome è quello dell’inventore che dà vita al mostro, e della creatura.

Il libro ha un’altra particolarità: è una delle prime opere che si potrebbero dire fantascientifiche riguardanti la creazione di un essere vivente, poiché la creatura del dottor Frankenstein non è portata alla vita con sistemi sovrannaturali ma creata in laboratorio.

L’autrice era a Ginevra, in compagnia del futuro marito Percy Shelley, ospite di Lord Byron, il celeberrimo poeta destinato a morire nella Guerra d’Indipendenza greca. Il periodo era molto speciale: il 1816, il cosiddetto “anno senza estate,” caratterizzato da un’estate fredda e piovosa a causa di una grande eruzione verificatasi l’anno prima in Indonesia. L’evento causò varie anomalie climatiche, che per l’Europa occidentale significarono un anno in cui l’estate praticamente venne a mancare.

In queste circostanze Lord Byron e i suoi ospiti, costretti in casa dall’inatteso freddo e dalla pioggia, passavano il tempo leggendo ad alta voce e tra le loro letture preferite vi erano le storie di fantasmi. Si era anche parlato di esperimenti scientifici sulla rianimazione della materia organica inanimata e di galvanismo, ovvero gli esperimenti di contrazione dei muscoli di animali per mezzo della trasmissione di corrente elettrica. Il galvanismo aveva creato in Mary Shelley la suggestione che diverse parti di un animale potessero essere assemblate per creare un nuovo essere vivente.

Dopo essere andata a letto oltre la mezzanotte, Mary Shelley passò una notte insonne in seguito a questi discorsi: “Quando appoggiai la testa sul cuscino non mi addormentai” scrisse nell’introduzione a Frankenstein, “ma non si può dire che riflettessi. La mia fantasia, sbrigliata, s’impadronì di me, rendendo le immagini che venivano alla mente molto più vivide di quanto normalmente siano nelle fantasticherie. Vidi, ad occhi chiusi ma con l’acuta vista della mente, lo studente d’arti proibite pallido, in ginocchio di fronte alla cosa che aveva messo assieme, vidi steso quel mostruoso fantasma di uomo e poi, per opera di un potente apparecchio, lo vidi mostrare segni di vita, accennare a muoversi a stento, col movimento di un corpo vivo per metà.”

Nella fantasticheria di Mary Shelley il creatore Frankenstein, sconvolto dall’orrore alla vista del mostro, fugge, nella speranza che la vita si spenga in quell’essere malriuscito. Pur abbandonato e non amato da nessuno, esso è però destinato a sopravvivere.

Poiché l’autrice era impegnata in una competizione con Percy e Byron sulle storie di fantasmi, subito comprese di aver creato involontariamente materiale valido per la sua creazione: “Ciò che ha terrorizzato me terrorizzerà gli altri: devo solo descrivere il mostro che ha tormentato la mia nottata.”

Mary Shelley si dedicò a sviluppare la storia e ne fece un racconto breve. In seguito, con l’incoraggiamento del marito, divenne un romanzo: una delle più famose storie dell’orrore di tutti i tempi.