Il terzo film della serie sul "genio, miliardario, playboy, filantropo" è uno dei progetti del Marvel Cinematic Universe più carichi di aspettative degli ultimi anni. Molta curiosità nasce dal cambio di regista, con Shane Black al posto di Jon Favreau, che ha diretto i primi due episodi, e dalla massiccia promozione di questi ultimi mesi, che preannunciava eventi importanti per il personaggio, interpretato sempre da Robert Downey Jr., e il franchise.

L'inizio del film è col botto, letteralmente.

Dopo, facciamo un passo indietro, anzi molti passi, visto che l'antefatto è ambientato la notte del 31 dicembre 1999. Questa sequenza introdurrà personaggi nuovi e ne mostrerà altri conosciuti, lasciando percepire un'atmosfera di chiusura del cerchio, di capitolo finale di un arco narrativo, nel quale alcuni tasselli vanno fissati. Facciamo la conoscenza di Aldrich Killian (Guy Pearce) e di Maya Hansen (Rebecca Hall). Scopriamo che Happy Hogan (Jon Favreau) era già all'epoca la fidata guardia del corpo di Tony.

L'oggi al quale torneremo dopo è molto più problematico per Tony. 

I fatti di New York gli hanno causato uno stress post-traumatico, al quale ha cercato di dare uno sfogo nell'ossessione di costruire modelli di armatura sempre più sofisticati. In pochi anni dal modello Mark VII (7) l'inventore è arrivato al prototipo della Mark XLII (42, numero emblematico nella fantascienza!).

Una principale differenza tra MCU e universo fumettistico è che il primo è ambientato in una sorta di alba dell'era degli eroi, con personaggi non avvezzi a salvare il mondo quasi ogni giorno. Un mondo tra l'altro dove le persone "normali" sono ancora un po' perplesse circa l'utilità di questi personaggi dai grandi poteri, ma anche dai grandi problemi.

Parliamo di un mondo tutto sommato più vicino al nostro, nel quale passare attraverso un portale iperspaziale può essere una esperienza che non faccia dormire la notte.

E durante le sue notti insonni che Tony sperimenta, s'inietta strani sensori, cerca di perfezionare le sue invenzioni. Perché vuole proteggere chi ama. 

Ma le minacce non provengono solo dallo spazio. I progetti di un terrorista internazionale noto come il Mandarino (Ben Kingsley) per l'amministrazione statunitense non sono roba da gente in armatura o tuta. Anzi, constatata l'esistenza di minacce provenienti dallo spazio, si ritiene che Iron Patriot (che altri non è che War Machine con diverso nome, con livrea a stelle e strisce, e riarmato dall'oscura organizzazione AIM) sia il paladino migliore per la lotta al terrore. Tony vorrebbe essere utile, ma James "Rhodey" Rhodes (Don Cheadle), diviso tra dovere e amicizia, lo deve tenere ufficialmente in disparte, rivelandogli poche informazioni a mezza bocca.

Ma saranno gli eventi a trascinare Tony sul fronte, anzi lo verranno a cercare in casa.

Dapprima è l'enigmatico Aldrich Killian che si presenta alla porta delle Industrie Stark, in cerca di finanziamenti per un progetto di potenziamento degli essere umani chiamato Extremis. Nel frattempo a tirarlo realmente in mezzo sarà un attentato nel quale rimane gravemente ferito Happy, in conseguenza del quale Tony lancia il suo guanto di sfida al Mandarino.

La risposta del nemico non si farà attendere. 

Il ritorno di Maya Hansen che lo vuole avvisare del pericolo imminente, nonché di pericoli retroscena sul Mandarino, non smuoverà Tony dalla convinzione che casa sua sia il luogo più sicuro.

Come andrà lo saprete sicuramente, visto che è la scena centrale di tutti i trailer. Confermo che è spettacolare e ben montata.

Quella che comincerà dopo “il crollo” è per Tony una molteplice ricerca per il perseguimento di vari obiettivi: 1) salvare la ragazza, l'amata Pepper (Gwyneth Paltrow); 2) risolvere l'enigma del Mandarino, delle sue trame contro gli Stati Uniti d'America; 3) sventare la minaccia dei superumani potenziati da Extremis.

Tutto questo senza armatura, o quasi, danneggiata gravemente dall'attacco.

Robert Downey J.R. nel ruolo di Tony Stark/Iron Man
Robert Downey J.R. nel ruolo di Tony Stark/Iron Man
Più Tony Stark che Iron Man, questa è l'idea portante del film.

Regge per una buona metà, poi comincia qualche problema, non tutto continua a filare come dovrebbe.

Innanzitutto perché non risulta ben bilanciata la miscela di momenti drammatici e ironici, che a un certo punto sfiora e sconfina nella farsa, se non nella parodia involontaria.

Un approccio un po' parodistico e dissacrante aveva fatto la fortuna del primo film, ma stavolta non si raggiunge lo stesso equilibrio.

Si ride tanto, beninteso, e qualche battuta divertente lo è davvero, per fortuna.

La sceneggiatura purtroppo ha più di un buco logico. Non tutti i tasselli andranno al loro posto alla fine. Bastava veramente poco per non rimanere con domande senza risposta. Non parliamo di riferimenti al di fuori del film, che potrebbero essere comprensibili in una logica di Marvel Universe. Parliamo di buchi di coerenza interna.

Quelle che appaiono ancora più incoerenti sono però alcune scelte di fondo del film, miranti a soprendere lo spettatore con un effetto “Colpo di scena! Tutto quello che pensavate di aver capito è falso.”

É la gestione di questi passaggi a lasciare l'amaro in bocca, sia per il modo anticlimatico con cui sono gestiti, sia perché sono trovate abusate e svilenti della natura dei personaggi.

L'introduzione di un bambino simpatico e perspicace, sia pur con problemi, fa molto “commedia per famiglie stile Disney”, appare posticcia e si comprende che il personaggio è messo lì perché se i supereroi piacciono molto ai papà “bambinoni”, anche ai bambini “veri” si possono vendere ben 42 modelli di action figure.

Il finale è poi influenzato dall'”effetto Transfomers”. Una tempesta di armature, fuochi artificiali e superumani bollenti fracassona e ridondante, lunga oltre misura. Andava scremata per tenerla sotto il limite di sopportabilità.

L'epilogo da un lato chiude un'era, dall'altro si lascia la porta aperta non solo a The Avengers 2, ma anche a una eventuale prosecuzione del ciclo, anche se sembra che, dopo il film di Joss Whedon, Robert Downey Jr. non intenda più indossare gli scomodi panni di Tony Stark.

Nella storia complessivamente non sono molti gli elementi di continuity con gli altri film del progetto MCU. Solo pochi cenni, qualche battuta e sibillino riferimento e il solito siparietto alla fine dei titoli di coda, divertente. In ogni caso si vede che scopo del film è più che altro chiudere la trilogia IM1-IM3, più che lanciarsi a pie' sospinto verso la Fase Due. Assente ingiustificato lo S.H.I.E.L.D..

Iron Man e Iron Patriot
Iron Man e Iron Patriot
Da par loro gli attori principali si muovono a memoria nei ruoli consolidati. Il protagonista continua a sfoggiare come sempre mestiere e carisma. La Paltrow riesce, nel poco spazio a disposizione, a esprimersi, ma avrebbe meritato di più. Anche Jon Favreau e Don Cheadle alla fine sono sacrificati sull'altare del dio Tony Stark/Robert Downey Jr.

Ingiudicabile Rebecca Hall, poche e banali battute alla fine. Banale oltre misura è il personaggio di Aldrich Killian, al quale non basta il solo Guy Pearce a guadagnare il magnetismo che un antagonista meriterebbe.

Quanto a Ben Kingsley, nel ruolo del villain principale, si conferma la sua versatilità e capacità di assumere diversi registri, con una prestazione professionale ed efficace.

Poco, pochissimo spazio per i bracci meccanici stavolta. Voglio uno spin off sulle loro avventure!

Sul fronte tecnico siamo nell'ordinaria amministrazione per un film del genere. Gli effetti speciali visivi sono fatti con professionalità, ma non sono un salto evolutivo o un nuovo stato dell'arte. Ottimi quelli sonori.

Se il costume del Mandarino vi appare dozzinale dai manifesti e trailer, vi dico che capirete il perché quando vedrete il film. Le scenografie sono semplici e tutt'altro che immaginifiche. Anche in questo caso potrebbe essere una scelta di minimalismo, che si accoppia alla quasi sparizione delle interfacce grafiche 3d che Tony Stark usava negli altri film per progettare le armature. Non mancano in realtà momenti di gloria per la CGI, come la suggestiva ricostruzione in stile CSI della scena dell'attentato.

Nel bilancio complessivo l'impressione è che si volesse far vedere Tony più sporcarsi le mani con l'hardware, con il grasso e il saldatore che fargli gestire asetticamente un CAD.

Nella sufficienza anche la colonna sonora, fatta del solito misto di elettronica, musiche eroiche e hard rock.

Tirando le fila, Iron Man 3 è un film che aveva tutto il potenziale di idee, personaggi e situazioni che poteva renderlo memorabile, non sfruttato appieno. Una occasione perduta per chiudere in bellezza la trilogia.

La somma di tante professionalità tecniche, alcuni momenti divertenti, e una buona dose di ammirazione per l'attore protagonista, lo fanno risultare uno spettacolo godibile che non fa rimpiangere totalmente la visione al cinema (anche in 2D, il 3D c'è ma non si vede), ma non si sa se auspicare o temere in un prossimo episodio.