Portare il genio di Edgar Allan Poe al cinema: un'impresa impossibile? Non secondo i registi coinvolti nel progetto collettivo P.O.E. - Poetry of Eerie, nelle sale italiane dal 7 giugno grazie a Distribuzione Indipendente e on demand dal 14 giugno su Onwair. Otto gli episodi che compongono questa antologia cinematografica a racconti: Il giocatore di scacchi di Maelzel di Domiziano Cristopharo, Le avventure di Gordon Pym di Giovanni Piangiani e Bruno di Marcello, Il gatto nero di Paolo Gaudio, La sfinge di Alessandro Giordani, L'uomo della folla di Paolo Fazzini, Silenzio di Fratelli Capasso, La verità sul caso Valdemar di Edo Tagliavini e Canto di Yumiko Sakura Itou

Prima di "addentrarmi" nella recensione, ci terrei a fare una premessa. Non sono profonda conoscitrice del genere horror e non amo particolarmente Poe. Quindi il mio giudizio su Poetry of Eerie sarà basato su quanto visto nel corso della proiezione stampa e sarà scevro da considerazioni sull'aderenza o meno all'opera originale di Poe. Detto questo, mi piacerebbe soffermarmi singolarmente sugli episodi che compongono questo film a racconti: ognuno infatti racconta una storia a sé. In alcuni colpisce l'ironia, in altri la vena folle, in altri ancora la colonna sonora oppure la scelta di ricorrere alla tecnica dello stop motion. Resta doverosa una premessa generale sul progetto, che riesce a rendere le atmosfere oscure e allucinate a cui - anche solo inconsciamente - si pensa quando si cita Poe. E riesce a farlo senza mostrare troppo, lasciando intuire e svelando il minimo indispensabile, senza scene cruente e  indulgenze nello splatter. 

Il giocatore di scacchi di Maelzel 

Diretto da Domiziano Cristopharo, l'episodio presenta sin dalle sue prime battute una suggestione di ineluttabilità. Le atmosfere ovattate fanno pensare a un punto di vista sotto l'effetto di qualche allucinazione. Lo spettatore sa che le cose finiranno male, vorrebbe intervenire ma non può. Non resta che seguire lo svolgersi degli eventi, e godersi lo spettacolo. 

Le avventure di Gordon Pym

Le avventure di Gordon Pym, di Giovanni Piangiani e Bruno di Marcello, è l'episodio più narrativo dell'intera antologia nonché l'unico ispirato a un romanzo e non a un racconto. Ben interpretato, l'episodio è ben chiuso da un colpo di scena finale. 

Il gatto nero

Diretto da Paolo Gaudio, Il gatto nero è l'unico episodio girato in stop motion. Una storia macabra che non può che ricordare la vena più goth di Tim Burton, quella dei primi cortometraggi quando il regista era ancora poco noto. Tra un Poe animato che ricalca quello del nostro immaginario collettivo e un cadavere sepolto (forse) vivo, Il gatto nero restituisce un senso di asfissia e un sotterraneo humor nero. 

La sfinge

Due sono i personaggi in La sfinge di Alessandro Giordani: un padre e una figlia che sembrano comunicare con il pensiero. Il mondo è finito a causa di un morbo infettivo o sarà tutta una follia del padre? La ragazza decide di scoprirlo, abbandonando il teppo paterno dopo una violenta colluttazione.

L'uomo della folla

L'uomo della folla di Paolo Fazzini vaga e scruta nella notte la realtà che lo circonda. Strade illuminate, volti stralunati e una follia incalzante accentuata dalla colonna sonora serratissima in questo episodio che racconta poco ma suggestiona alla grande. 

Silenzio

Silenzio, di Fratelli Capasso, è l'episodio di apertura. Ne è protagonista un uomo qualsiasi che sprofonda in una spirale di follia che è allo stesso tempo un allucinato gioco di specchi. Fino alla fine si resta nel dubbio: cosa è accaduto davvero e cosa invece è stato un sogno - anzi un delirio?

La verità sul caso Valdemar

La verità sul caso Valdemar di Edo Tagliavini è l'episodio in cui più di tutti il regista infonde qualcosa di sé. E' l'ironia a farla da padrona in questo episodio bislacco, in cui è necessario trovare un mesmerizzatore per permettere a uno "zombie" in punto di morte di trovare la pace oppure l'eterno riposo. E dove trovare un mesmerizzatore se non in un programma di cartomanzia in televisione?

Canto

Canto di Yumiko Sakura Itou, eteronimo di Domiziano Cristopharo, è il racconto di chiusura. Più che raccontare una storia lascia una suggestione orientale e sanguinolenta per chiudere il cerchio alla stregua di una postfazione, di un attimo di riflessione necessario ad assimilare quanto visto in precedenza.