Se Dante avesse scritto la Divina Commedia ai giorni nostri, come sarebbe stato il suo Inferno? È questa la domanda da cui è partire lo scrittore Francesco Gungui, prima di iniziare a scrivere il suo romanzo fantasy intitolato appunto Inferno. Col tempo, questa prima ispirazione si è evoluta e ha dato vita a un progetto un po' diverso: l'Inferno di Dante usato come architettura per una prigione del futuro.

Ma partiamo dall'inizio. Immaginate un continente fortemente diviso. Da una parte c'è Europa, una metropoli in preda alla crisi e alla povertà, dove le persone sono costrette a fare lavori umili e pericolosi. Qui vive Alec, un ragazzo di diciassette anni, insieme a sua madre e alla sua sorellina. Dall'altra parte c'è il Paradiso, un magnifico agglomerato di quartieri di lusso con piscine e ogni genere di comfort. Maj, diciassette anni, vive laggiù ed è la figlia di uno dei potenti oligarchi. Ma non le basta vivere la sua vita perfetta. Non riesce più a ignorare il resto del mondo e le condizioni degli esseri umani più sfortunati di lei. Non da quando ha conosciuto Alec. Il ragazzo infatti è stato trasferito in Paradiso, insieme alla sua famiglia, per lavorare come giardiniere proprio presso la villa della famiglia di Maj.

Quando è uscito nelle librerie, Inferno ha colto di sorpresa per diversi motivi. Il primo è il fatto che l'autore non si era mai cimentato in un romanzo di genere fantasy. I suoi libri di maggiore successo (Mi piaci così, Pensavo di scappare con te) erano storie di tipo sentimentale per adolescenti. La seconda curiosità riguardava la concomitanza dell'uscita del titolo con un romanzo omonimo: Inferno di Dan Brown. Per finire, l'autore, editor di Mondadori e curatore di romanzi come Multiversum di Leonardo Patrignani e Muses di Francesco Falconi, è approdato per la prima volta a Fabbri.

Siamo di fronte a un'ambientazione di tipo distopico, ambientazione che tanto appassiona i lettori in questo periodo. Nel romanzo di Gungui, però, l'elemento distopico è solo uno sfondo per raccontare una storia d'amore e di avventura.

Il tema principale, infatti, è un altro. Per una serie di vicissitudini, Maj viene condannata all'Inferno e Alec decide di farsi condannare a sua volta per poterla salvare. Inizia così il viaggio del ragazzo nei vari Cerchi dell'Inferno, guidato dall'amore per la sua amata, simile a quello di Dante per Beatrice.

E non è certe l'unico tributo di Gungui alla Divina Commedia... Nei Cerchi incontriamo le stesse, mostruose creature evocate dal sommo poeta nel suo capolavoro: arpie, centauri, cerberi. La narrazione alternata tra il punto di vista di Alec e quello di Maj rende la storia agile e coinvolgente, soprattutto mentre seguiamo la ragazza nel suo percorso di trasformazione in un'agguerrita amazzone.

Il pregio migliore di Gungui è il fatto di riuscire a scrivere storie che abbracciano molteplici generi. In Inferno troviamo fantasy, distopia, avventura, amore... Ogni elemento calibrato nel modo giusto, in una perfetta alchimia. Il risultato è un libro scorrevole, accattivante, credibile. Il lettore si sente veramente catapultato nella prigione infernale ed è terribilmente curioso di scoprirne ogni dettaglio. A ciò si aggiunge la sensibilità e la poesia nella descrizione dei sentimenti tra i due protagonisti, a riprova dell'eclettismo dell'autore.

L'unica pecca del libro sono, a parer mio, alcuni richiami un po' troppo espliciti a Hunger Games, che probabilmente potevano essere evitati: per esempio Alec dà vita a una sorta di movimento di rivolta a Europa, facendo un gesto con le braccia che ne diventerà il simbolo. Qualcosa di simile al saluto di Katniss, che ha scatenato la ribellione nel distretto di Rut dopo la morte della bambina. Nell'Inferno poi troviamo una struttura di rifornimento del cibo che ricorda la cornucopia della Collins. Ma, per restare in tema, possiamo definire questi errori come dei peccati veniali.

Non ci resta che aspettare di scoprire come proseguirà la trilogia.