La storia di The Lost Dinosaurs è molto semplice. In seguito al ritrovamento di uno zaino in un fiume del Congo scopriamo il destino di una missione naturalistica guidata dal famoso esploratore Jonathan Marchant. Avete presente quei documentari sulle TV satellitari dove personaggi improbabili vanno in giro per il mondo alla ricerca di animali strani?

Marchant stava guidando una missione  del genere, organizzata dalla British Cryptozoological Society, per cercare il Mokele Mbembe, un mostro leggendario tanto quanto lo Yeti, o il mostro di Loch Ness.

Quello che il film racconta è una sorta di montaggio di questo materiale, di almeno 100 ore, che ripercorre la storia della spedizione e il destino dei suoi partecipanti.

La tecnica usata per raccontare la vicenda è quella del found footage, nota sin dai tempi di The Blair Witch Project (echeggiato nel titolo originale The Dinosaur Project), Cloverfield e Paranormal Activity.

A proposito del titolo. Qualcuno dovrebbe spiegarmi perché, invece di tradurre il titolo, optando per la lingua originale si è scelto in Italia di inventarsene uno nuovo!

Comunque si chiami il film è una sorta di horror avventuroso, destinato a un pubblico di famiglie, poiché tra le dinamiche narrate, c'è anche il difficile rapporto tra Marchant è il figlio tredicenne, che l'esploratore è costretto a portarsi dietro per motivi contingenti.

La camera non balla, perché in realtà, come poi accade per i citati documentari, si suppone che una troupe del genere si porti delle attrezzature di un certo livello tecnico, con un vero cameraman e un tecnico del suono. Si vedono camere a terra, ma sono quasi assenti le inquadrature di piedi e da improbabili angolazioni.

Ci sono comunque dei momenti frenetici e alcune immagini a grana grossa, specialmente quelle in notturna e da piccole microcamere wi-fi, di cui una montata su un dinosauro.

A un certo punto infatti entreranno in scene i dinosauri e il film lì ha i suoi momenti migliori dal punto di vista tecnico.

La computer grafica è semplicemente perfetta. Le creature si integrano alla perfezione con le riprese in esterna.

A tutti gli effetti i dinosauri sono veri tanto quanto scimmie o felini.

Realizzati dalla Jellyfish Pictures - vincitrice del BAFTA per i migliori effetti speciali e di recente impegnata anche per BBC One con Planet

Dinosaur - i dinosauri del film sono stati ricostruiti sulla base dei fossili ritrovati. E fanno una discreta paura.

Certo sangue non se ne vede molto, ma un po' di tensione c'è. 

Per fortuna il film dura 82 minuti e anche il disturbo visivo dura relativamente poco.

Il cast di attori porta a casa il film con professionalità. Validi, secondo il consueto standard professionale britannico un po' tutti, a cominciare dal protagonista Richard Dillane che interpreta Jonathan Marchant, al giovane Matt Kane, che è il figlio quindicenne Luke.

Sulla risoluzione del loro rapporto conflittuale, messo ancora di più in tensione dalla lotta per la sopravvivenza, è incentrato il film.

Professionale è anche Peter Brooke, che interpreta Charlie, il socio di Jonathan, la cui smodata ambizione di trovare i dinosauri sarà fonte di guai a non finire. 

Buoni anche gli attori sudafricani, tra cui spicca Abena Ayivor che interpreta la guida Amara.

Il film sarebbe più indicato per un pomeriggio disimpegnato in home video, senza altre ambizioni che quelle di raccontare una storia all'insegna dell'avventura con un pizzico di brivido, che per una visione cinematografica.

Senza infamia e senza lode.