Nel 2154 Los Angeles sarà una favela. Almeno questo è il futuro immaginato da Neill Blomkamp, regista di District 9.

Se nel  2019 di Blade Runner Los Angeles sarà una metropoli piovosa e oscura, in cui si parla una lingua pidgin orientaleggiante, nel 2154 di Elysium si parlerà spagnolo e le maestranze, invece di essere trasportate in colonie extramondo, vengono tenute rigorosamente sulla Terra, mentre su Elysium, una colonia orbitale, vive quella parte di umanità abbastanza ricca da potersi permettere di emigrare. Magari gli stessi padroni di quelle fabbriche che sulla Terra costruiscono i robot servitori/poliziotti/tuttofare in servizio nelle loro case.

In una di queste fabbriche lavora Max De Costa (Matt Damon), operaio con precedenti penali il cui sogno nella vita è sempre stato di emigrare su Elysium. Un giorno subisce un incidente che rende il suo bisogno impellente. Deve curarsi entro pochi giorni da una letale dose di radiazioni. Ed è possibile farlo solo su Elysium dove, tra le altre cose, non esistono più le malattie perché gli abitanti hanno in ogni casa un'attrezzatura che cura qualsiasi male.

Max ha un amore d'infanzia, Frey (Alice Braga), con un bisogno simile al suo, poiché è la figlia a essere gravemente malata.

Con l'aiuto del trafficante Julio (Diego Luna), che organizza tentativi di immigrazione clandestina sulla colonia in orbita, rapimenti di abitanti della stessa e altri traffici, Max affronterà una missione pericolosa, che lo vedrà scontrarsi anche con le ambizioni della Segretaria della Difesa di Elysium, la potente Delacourt (Jodie Foster) che gli sguinzaglierà il killer Kruger (l'attore feticcio di Blomkamp Sharlto Copley). Per circostanze tutte da scoprire, conseguenze della sua pericolosa missione, nel cervello di Max sono infatti depositati dati preziosissimi, rubati all'affarista John Carlyle (William Fichtner) che potrebbero cambiare per sempre gli equilibri economico/politici della società totalitaria e classista creata dai ricchi abitanti dello spazio.

Come tanta buona fantascienza, Elysium contiene tante buone idee. Ne è prodigo e le dispensa per la costruzione coerente di un mondo che ha molte affinità con District 9, anzi ne è una sua iperbole. 

Il tema dello sfruttamento delle masse non è inedito, anche in fantascienza, ma interessante è il recupero dell'idea della colonia orbitale, un po' sottotono dopo gli anni '70, quando sembrava addirittura che se ne stessero per costruire di lì a poco. A quei disegni, che ricordo guardavo affascinato da bambino esattamente come la versione infante dei personaggi di Matt Damon e Alice Braga, s'ispira il concetto visivo di Elysium. I disegni che guardavo da bambino erano però la visione di un futuro per tutti, mentre quelli del film sono la propaganda totalitaria di una società che ammaestra le masse con l'illusione che, lavorando duro, sarà possibile guadagnarsi il Paradiso nello spazio.

La realtà è che i ricchi si tengono ben stretto il loro mondo pulito e verde, senza malattie, mentre gli operai e i poveri muoiono come mosche sulla Terra. Che importa se negli ospedali terrestri non si cura realmente nessuno? Tanto la sovrappopolazione garantisce ricambio continuo di manodopera. 

A tutto questo si aggiungono carrellate di tutte le possibili iperboli tecnologiche,  dal mind uploading alla robotica avanzata, all'astronautica e aeronautica, senza dimenticare armi letali come esoscheletri connessi neuralmente, missili terra-spazio, droni di ogni tipo. Anche se la spada da samurai di Kruger è forse una delle invenzioni che destano più sorpresa del film.

Una inventiva che sorprende di continuo.

La scelta visiva, già apprezzata nel precedente film, di affrancarsi da un immaginario di megalopoli piovose per sostituirle con favelas e bidonville polverose si conferma azzeccata e continua la poetica visiva della fantascienza di Blomkamp. Speriamo non diventi uno stereotipo anche questo però.

Gli attori sono credibili. Il sofferto Matt Damon è un classico eroe dal destino tracciato sin dall'inizio. Perfetto il killer psicopatico interpretato da Sharlto Copley. Una delle scene migliori di tutto il film è quella in cui egli guarda la sua immagine riflessa davanti a uno specchio rotto, una simbologia visiva della sua personalità disturbata.

Brava e bella la sofferta ma aggressiva madre Alice Braga, perfetta la algida e malvagia Jodie Foster, il cui personaggio rappresenta la amorale malvagità di chi difende a ogni costo il suo stile di vita, senza badare alle conseguenze.

Bravissimo Diego Luna nei panni del trafficante Julio, che ha un percorso e degli scopi nascosti tutti da scoprire.

Elysium conferma il talento di Neil Blomkamp, capace di mescolare il registro delle ben coreografate scene d'azione con le sequenze più tranquille e che, soprattutto, riscopre il valore della narrazione per immagini, per particolari che arrivano allo spettatore senza spiegazioni del dialogo. Un cineasta vero che sa usare il movimento di macchina, le simbologie visive, la profondità di campo e le posizioni degli attori in scena per costruire la sua narrazione.

Un regista che sa mescolare il linguaggio del film d'azione sci-fi con l'impegno. Non è cosa da poco.

Se c'è un appunto da fare alla sceneggiatura, è la sua stretta aderenza al modello “viaggio dell'eroe”, quasi didascalica nella scrittura, che sembra basata su quegli schemi hollywoodiani insegnati nei manuali, anche nei dialoghi. Una prova di professionalità comunque, ma un tono sotto l'idea complessiva del film e l'aspetto di narrazione visiva, che sono invece i suoi punti di forza.

Il film rimane assolutamente da vedere.

4 stelle.

Emanuele Manco

* * *

È il 2154. Il sovrappopolamento ha portato alla Terra tutti i danni globali possibili e immaginabili. I ricchi del pianeta hanno risolto per se stessi con la fondazione di Elysium, un satellite artificiale, visibile dalla nostro mondo, in cui si sono trasferiti ricostruendo un ambiente di estremo benessere e, come dice il nome stesso, paradisiaco: ogni abitante di Elysium infatti può essere curato da qualsiasi male fisico e vivere in uno stato di grazia e pace mentre la povertà, le malattie e la criminalità deteriorano la Terra giorno dopo giorno. Il governo stabilitosi sulla nuova stazione spaziale controlla il vecchio mondo sotto ogni punto di vista, sia con l'uso di droni che di inviati governativi privi di scrupoli per preservare la propria elitarietà, talvolta a costo di uccidere chi tenta disperatamente di raggiungerlo, in uno spietato controllo delle masse neanche troppo relegate in megalopoli malsane e prive di identità, come è diventata anche Los Angeles.

Max (un bionico Matt Damon) è un giovane uomo cresciuto in orfanotrofio, che ha deciso di discostarsi non senza fatica dalla delinquenza e dal crimine, e sta cercando di lavorare onestamente per non avere ulteriori problemi. Il suo unico desiderio è riuscire ad andare a vivere su Elysium, la sola speranza che ogni giorno gli fa accettare una vita miserevole e a testa bassa, ma una serie di sfortunati eventi lo porta ad avere le ore contate e a riaffacciarsi su alcune porte del passato, rimaste socchiuse. Accetta di mettere nelle mani del trafficante Julio (un perfetto e credibile Diego Luna) la propria vita, e la speranza di poter arrivare su Elysium crea su quelle porte una specie di Stargate per cambiare, almeno questo è l'intento, le sorti dell'unica persona che ancora conta qualcosa per lui (l'amica di una vita, Frey, interpretata da Alice Braga, di cui probabilmente è innamorato), per se stesso e per il mondo.

A complicare le cose, a renderle più pericolose per fargli perdere ogni speranza, ci sono l'algido segretario di Stato Delacourt (una non troppo glaciale Jodie Foster) e il suo scagnozzo Kruger (il sudafricano Sharlto Copley, in una perfetta quanto terribile interpretazione), spietato mercenario e killer con bravi al seguito: ma la determinazione di Max e del suo gruppo di esperti informatici-nerd-pirati della rete quanto del cielo sarà più forte di ogni violenza su di loro perpetrata.

Denuncia sociale, innovazione tecnologica, ecologismo, patriottismo, paura del diverso, sbarchi di clandestini, solitudine, speranza, amicizia, sacrificio. Questi sono i temi, attualissimi, che il regista sudafricano Neill Blomkamp (District 9) tocca e inserisce su un canovaccio abbastanza semplice su cui si staglia Elysium, questo nuovo mondo distopico che, però, non è poi così lontano come invece vuole essere fatto immaginare, e questo crea un po' di perplessità. Se si pensa, oggi, che questa generazione potrebbe arrivare a vivere fino a 120 anni, il 2154 non è poi così lontano e viene quindi da chiedersi se le previsioni del regista siano anacronistiche oppure fin troppo catastrofiche, ma forse il concetto di fantascienza risiede proprio in questo: rendere realistico ciò che sembrerebbe improbabile o verrebbe definito ironicamente “fantascienza”. L'uomo che diventa bionico attraverso poche ore di intervento chirurgico, la possibilità di renderlo un computer vivente ma con un cuore pulsante e un cervello pensante. La creazione di un mondo artificiale raggiungibile con un semplice aereo a poche ore dalla Terra, un mondo dove la gravità non crei problemi di movimento o chissà che nuove o strane leggi vi siano ma, anzi, si viva “normalmente”. Un rimedio definitivo alle malattie che oggi, nel 2013, spesso ancora non c'è possibilità di combattere: in quanti ancora lottano contro i tumori e spesso ne sono sconfitti? Nella casa di ciascun abitante di Elysium c'è un dispositivo in grado di combattere leucemie, tumori, semplici ferite e, come uno scanner, accogliere il corpo del malato riportandolo in un minuto scarso in completa salute. Il sogno di tanti umani, insomma. E alla crudeltà umana, si chiede indirettamente Blomkamp, all'arrivismo, all'egoismo, al mantenimento delle caste, al predominio, ci sarà mai una fine? O sarà sempre un'eterna lotta tra classi sociali per ottenere pari diritti, a costo di usare la violenza sia per difendersi che per mantenere uno stato di diversità? 

Attraverso un cast piuttosto assortito e complessivamente credibile, Blomkamp realizza un film che lascia allo spettatore qualcosa su cui riflettere, mostrandogli che in fondo il futuro non è mai troppo lontano come potrebbe sembrare e che l'egoismo, se lasciato incontrollato, è l'arma di distruzione di massa più potente che contrasterà ancora a lungo le buone intenzioni, il benessere globale e l'innovazione tecnologica.

3 stelle

Maria Cristina Calabrese