A volte capita che si parli di un libro per i motivi sbagliati. Quello che dovrebbe essere importante è il suo contenuto, il fatto che la storia sia scritta bene o meno, o come siano caratterizzati i personaggi. Di Elantris, primo romanzo di Brandon Sanderson ad ottenere gli onori della pubblicazione dopo diverse opere rifiutate da tutti gli editori a cui l’allora aspirante scrittore le aveva proposte, si è parlato molto nel mondo fantasy italiano per motivi che vanno al di là di quanto scritto da Sanderson.

Il nome di Brandon è salito alla ribalta mondiale alla fine del 2007, nel momento in cui è stato scelto per completare La Ruota del Tempo rimasta incompiuta alla morte di Robert Jordan. Quella scelta ha trasformato Sanderson da un giovane promettente a uno degli autori più importanti di questi anni. Ovvio che gli editori non americani abbiano iniziato a tradurre le sue opere.

In Italia i romanzi di Sanderson sono pubblicati da Fanucci, lo stesso editore di Jordan. Per primo è arrivato Mistborn. L’ultimo impero, pubblicato nell’estate del 2009. Nel risvolto di copertina l’editore aveva indicato Elantris come “di prossima pubblicazione in questa stessa collana” ma, prima che il volume giungesse finalmente nelle librerie italiane, vi sono arrivati altri cinque romanzi firmati da Brandon oltre ai tre della Ruota del Tempo.

Quattro anni di attesa per un libro già annunciato sono tanti, e nel momento in cui Elantris è arrivato in libreria i lettori hanno avuto la spiacevole sorpresa di trovare un prezzo molto alto, difficilmente comprensibile anche paragonandolo a quello degli altri romanzi dello stesso autore.

Il ritardo nella pubblicazione e il prezzo finale sono elementi oggettivi che hanno sviato l’attenzione verso la cosa più importante: com’è il romanzo?

Brandon Sanderson sa scrivere, questo non lo scopriamo certo oggi. Quello che fa effetto è pensare che questa sia un’opera d’esordio, quando molti romanzi di scrittori già affermati non si avvicinano neppure al livello di Elantris.

La trama è focalizzata in due luoghi: la città di Elantris, misteriosamente decaduta da uno stato semidivino dieci anni prima, e la vicina Kae, nuova capitale del regno di Arelon. Gli abitanti di Elantris erano incredibilmente belli e dotati di poteri straordinari, prima. Dal momento della sua misteriosa caduta la città accoglie solo reietti. Fra questi si ritrova all’improvviso anche il principe Raoden, erede al trono e promesso sposo della principessa Sarene di Teod.

Sono loro i principali protagonisti del romanzo. In Raoden, nella sua caparbietà, nel voler vedere sempre il lato positivo delle cose, è possibile cogliere tanti dettagli che in seguito contribuiranno a formare il carattere di Kelsier in Mistborn. L’ultimo impero. E, come sempre avviene nei romanzi di Sanderson, c’è un sistema magico molto originale su cui Raoden concentrerà le sue attenzioni, nel disperato tentativo di capire cosa è andato storto.

Anche in Mistborn qualcosa era andato storto con il dominio tirannico del Lord Reggente, la cenere che scendeva dal cielo e un sistema sociale profondamente ingiusto ben diverso da quanto ci si poteva aspettare dalle profezie.

I parallelismi però finiscono qui. Raoden è seriamente limitato dalla sua condizione, e se la sua forza morale e quella di Kelsier si equivalgono lo stesso non si può dire per le azioni spettacolari. Non ci sono equivalenti dei duelli allomantici perché qui la magia non è più un vantaggio ma una limitazione. È altrettanto convincente però, e cercare di capirne i meccanismi o come adattarsi a ciò che consente di fare è una sfida notevole.

Nella vicina Kae Sarene è impegnata per conquistare un suo posto in una città instabile che guarda con diffidenza le donne e che è minacciata dalla presenza di Hrathen, un sacerdote segretamente impegnato nel preparare l’invasione di Arelon da parte del vicino impero di Fjorden.

La trama di Sarene è legata a intrighi di corte che si giocano su più livelli con Iadon, il padre di Raoden, il cui trono è tutt’altro che saldo, lei che non accetta il ruolo passivo ritenuto normale per il suo sesso e le tensioni con Hraten che continuano a crescere. Volendo questa parte più politica si potrebbe accostare per certi versi a Mistborn. Il pozzo dell’ascensione o al Conciliatore, con tensioni interne alla città e possibili minacce da fuori. Il filo su cui la principessa deve camminare è molto sottile, ed è ulteriormente complicato dal fatto che i diversi problemi si influenzano a vicenda.

Il sacerdote di Fjorden è il terzo punto di vista del romanzo, e per quanto le parti dedicate a lui siano più brevi rispetto a quelle di Raoden e Sarene, sono fondamentali per capire quanto sia sottile il filo su cui stanno camminando – a volte inconsapevolmente – tutti quanti. Sarene lo percepisce senza dubbio come un pericolo, ma ha davvero colpito nel segno? Anche perché non tutti i personaggi sono quel che sembrano. Una nozione, questa, che il lettore dovrebbe sempre tenere bene in mente, e la riprova arriva quando meno ce lo si aspetta, con un finale capace d’imprimere una notevole accelerazione a una storia sempre affascinante ma a volte talmente tattica da sembrare una partita di scacchi.

Sanderson ha volutamente evitato una rigida alternanza di punti di vista, in modo da adattarsi meglio ai ritmi della storia. E, visto che spesso le azioni di un personaggio si ripercuotono sulle vicende di un altro in modi diversi da quel che ci si sarebbe potuti aspettare, il ritmo stesso ne risulta vivacizzato.

La mancanza di informazioni certe, la necessità di agire pur senza sapere cosa sia giusto fare, il potere nelle varie modalità in cui può essere esercitato, la manipolazione degli altri, il fanatismo, le paure inconsce sono fra i temi di questo romanzo. Non tutto alla fine sarà chiarito, alcuni punti probabilmente avrebbero meritato una maggiore attenzione, ma nel complesso la storia è originale e coinvolgente. Davvero un ottimo esordio per uno scrittore che negli anni successivi non avrebbe fatto altro che crescere.