Domenica 3 novembre 2013, ultimo giorno di Lucca Games, alle ore 16:00 è fissato l'appuntamento con Andrzej Sapkowski per l'intervista che ci ha gentilmente concesso. L’autore, però, ci ha fatto la gradita sorpresa di passare dal nostro stand in anticipo rispetto l’ora convenuta per l’intervista, soffermandosi per scambiare quattro chiacchiere in buona familiarità. È fatto così Sapkowski: pretende (e come dargli torto) il rispetto e l’attenzione di chi ha vinto premi internazionali e oramai è tradotto in mezzo mondo; bisogna, certo, parlare la sua “lingua” fatta di citazioni di libri, di filosofia, di storia magari, di passione per il Fantasy ma è anche capace di restituire tutto ciò concedendo una graditissima sodalità.

A porre le domande al Nostro è stato il sottoscritto con l'indispensabile supporto tecnico fornito da Cristina Donati.

Vorrei cominciare questa intervista chiedendole qualcosa in merito alla Saga di Geralt di Rivia. Ne ‘Il tempo della guerra’ c’è stato una rilevante virata nella trama: tutto sembra essere andato male, gli sforzi di Geralt e Yennefer per accudire e addestrare al meglio Ciri sembrano essere falliti, Geralt stesso lo abbiamo lasciato ferito gravemente. Cosa ci dobbiamo aspettare ne 'Il battesimo del Fuoco', il terzo libro che uscirà in Italia a gennaio? Vedremo forse Geralt recuperare e ritrovare la strada per salvare le persone a cui tiene?

No. Il prossimo libro sarà più duro con lui, e il prossimo ancora di più.

Perciò si può dire che, presa nel complesso, la saga ha un andamento tragico.

In parte. Qualche volta i protagonisti vincono, soprattutto la più giovane, la ragazzina, nel quarto libro lei troverà la vittoria: ucciderà i suoi nemici come preferirà, ma nel successivo tutti perderanno.

Perciò, come in precedenti interviste da lei rilasciate, possiamo pensare a questa saga come a un’elegia, una speculazione su quanto nella realtà le cose possano andare male, anche ai migliori?

Si potrebbe dire anche così, ma in realtà ho così impostato la mia saga perché trovo personalmente che l’happy end sia noioso. Mi piacerebbe dire ai lettori che anche quando si può vincere il Male il costo in vite umane è sempre altissimo! Quando si vince il Male, non c’è il tempo per urlare “He-hey abbiamo vinto!”, no, perché le morti sono state così tante. Quello è invece il tempo per il cordoglio! Questa è la mia filosofia nella scrittura.

In questi giorni la Nord sta distribuendo l’assaggio de 'Il battesimo del fuoco', che corrisponde in sostanza al primo capitolo. Questo ha per protagonista un nuovo personaggio, Milva, presa nel mezzo di una battuta di caccia. Lì sono descritti tanti particolari sulle piante e la fauna della foresta, anche l’arco che Milva usa e le sue tecniche di caccia, sono molto particolareggiate. L’ha fatto per immergere il lettore nell’ambiente della protagonista di questo capitolo? Per rendere più concreto e credibile il suo mondo?

Non esattamente. Tutti quei dettagli servono a far comprendere al lettore che la ragazza è un’eccellente “arciera” (detto in italiano, che comprende piuttosto bene) e quanto lei è brava a usare l’arco. Nell’ultimo libro della saga sarà di grande importanza come Milva ha imparato a tirare con l’arco.

Ora vorrei passare al suo nuovo romanzo, quello che ha finito di scrivere (Wiedźmin). In passato non ha voluto rivelare molto su questo suo nuovo lavoro ma ora che ha finito di lavorare, forse se la sente di anticipare qualcosa per noi?

Mentre parliamo in questo momento, il libro è già sugli scaffali – anche se ovviamente per venire tradotto in italiano bisognerà attendere che la Nord finisca la saga. La cosa che posso dirvi ora è che non si tratta di un sequel della saga, ma ciò che io chiamo "side-quel", vale a dire un libro che tratta avvenimenti accaduti durante il corso della pentalogia.

Cambierei ora argomento per farle una domanda in tema con Lucca Games. Ciò perché so che lei ha scritto un regolamento per gioco di ruolo su carta (Oko Yrrhedesa, "L’occhio di Yrrhedes", 1995) e un compendio di creature e piante magiche (Rękopis znaleziony w Smoczej Jaskini, "Manoscritto trovato nella grotta di un drago" 2001). Come mai si è dedicato a queste attività, forse l’ideare avventure, mondi e/o regolamenti aiuta nella formazione di un autore di Fantasy?

No, no. Ho voluto semplicemente mostrare al pubblico polacco la piena potenzialità dei giochi di ruolo. La trovo un’attività così divertente e sono stato il primo a scriverne nel mio paese!

Sappiamo che lei viene considerato una leggenda vivente nel suo paese e, in passato, lei ha spiegato a vari intervistatori che ciò è dovuto al fatto che lei è stato il primo autore Fantasy in Polonia, ma avendo letto il suo saggio del 1993 'Pirog, ovvero non c’è oro sulle Montagne Grigie' (Piròg albo Nie ma złota w Szarych Górach) che lei ha iniziato in una situazione editoriale molto simile a quella che vigeva qui in Italia solo poco tempo fa. Mi riferisco a quel bouquet di fan-fiction di autori esteri, giovani scrittori per giovani lettori, e diversi scrittori che pretendevano di fare Fantasy senza conoscere quale storia e quale natura abbia il genere. Cosa vuol dire ciò? forse che solo scrivendo con cognizione della Storia del Fantasy e della sua Natura si possono gettare le radici di una scuola nazionale di Fantasy?

Ho scritto quell’articolo (Pirog) per criticare quegli autori che a quel tempo pensavano che in una storia bastasse uccidere qualche drago, magari aggiungendo qualche manciata di orchi, per fare Fantasy, così, senza sapere cosa sia il Fantasy. No! Non è così che si fa. Se sei un pessimo scrittore non basterà un drago e qualche dozzina di orchi a farti diventare un autore; nemmeno i maghi potranno aiutarti! Nel Fantasy c’è molto, molto di più: c’è più profondità, più filosofia, richiede che s’impieghi del vero talento. È stato utile scrivere quel saggio, sai? Molti cattivi scrittori in seguito hanno pensato “ok, non ce la posso fare” e sono spariti dalla scena. Per questo considero quel saggio quale un completo successo.

E com’è ora la situazione in Polonia? C’è qualche giovane autore in patria che sente di poter riconoscere come qualcuno che sta seguendo le sue orme?

Vuoi forse sfamare la concorrenza? Bisogna (must) uccidere la concorrenza! Posso solo dirti che ce ne sono molti, sì molti buoni autori. Alcuni hanno anche iniziato prima di me, ma non hanno avuto la mia stessa fortuna.

Secondo lei, quant’è importante che l’ambiente dei lettori in cui cresce uno scrittore sia competente e difficile da accontentare?

I nuovi autori devono scrivere bene. Questa è ciò che conta, non è importante per chi essi scrivono.

Ma lei non ha mai avuto qualcuno che leggesse i suoi scritti prima di inviarli all’editore?

Io non ho mai fatto leggere nessuno dei miei racconti a chicchessia; non ho mai avuto intermediari fra me e l’editore, nessun alfa reader o correttore di bozze, nemmeno mia moglie o a qualcun altro. Ho semplicemente continuato a lavorare sui miei scritti finché non ero assolutamente sicuro che ogni singola parola fosse quella giusta.

Come pensa possa influenzare il gusto delle nuove generazioni il frenetico sviluppo tecnologico che stiamo conoscendo in questi anni? Oramai gli adolescenti conoscono meglio uno smart phone che un bosco, pensa che sia ancora possibile affascinarli raccontandogli di eroi che cavalcano verso l’avventura attraversando terre selvagge?

Certamente! La necessità di vivere il Sense of Wonder intessuto nel Fantasy più classico permarrà sempre. Perciò il progresso tecnologico non cambierà questo fatto. Ci possono essere videogames, fumetti in formato digitale, la televisione e internet, ma rimarrà comunque la necessità del lettore medio di leggere i libri di carta. Il vecchio libro stampato non soccomberà sotto i colpi dei libri elettronici.

Ultima domanda: quant’è difficile, oppure possibile, che un autore che non scrive in inglese possa conquistare il mercato in lingua inglese?

Ma guardami! Vengo pubblicato in più di venti lingue, incluso il cinese e il giapponese: no problem… se sei bravo!

Bene, allora il tempo della nostra piccola intervista finisce qui. La ringraziamo per avercela concessa.

Il piacere è stato mio. Grazie a voi (in italiano).