La creazione di un mondo fantastico rappresenta il fondamento di quel patto tra il lettore e l’autore senza cui la letteratura fantasy perderebbe parte del suo appeal sul pubblico: l’esigenza di coinvolgere il lettore in un mondo non solo condivisibile, ma anche credibile, è la parte iniziale, e forse più complessa, della stesura dell’opera e da questo processo dipende, in parte, la fortuna dell’opera stessa.

Quanto questo momento sia importante per le opere maggiori è chiaramente visibile dai documenti che ci sono stati lasciati da alcuni autori: basti pensare alle riflessioni di J.R.R. Tolkien, pubblicate postume, che riguardano aspetti della vita della Terra di Mezzo anche solo sfiorati da Il Signore degli Anelli. Opere come Il Codice Rivano di David Eddings calano il lettore appassionato nei più impensabili dettagli del mondo costruito, rendendolo vivo e credibile; la monumentalità de La Ruota del Tempo di Robert Jordan o del Malazan Book of the Fallen di Steven Erikson indicano la complessità e la precisione con cui il mondo fantastico è stato ideato e, potremmo dire, vissuto dal suo autore.

Nella creazione del nuovo mondo, l’autore immette necessariamente gli elementi che ritiene utili alla stabilità e all’attendibilità della sua ambientazione, o ciò che, a suo modo di vedere, appare indispensabile alla vita dei suoi personaggi nel luogo in cui li inserisce: l’ambientazione, dunque, forse più che i personaggi, tradisce una determinata impostazione mentale dell’autore. Il personaggio, infatti, può essere fuorviante: il modo in cui si comporta il protagonista, un comprimario, piuttosto che una comparsa è legato alle caratteristiche del personaggio stesso e dunque esso ci parla di sé, e non solo del suo autore. Basti pensare al Signore degli Anelli, alla serie di Harry Potter di J.K. Rowling o alla Ruota del Tempo: tra i numerosi comprimari, chi meglio rappresenta il suo autore?

L’ambientazione, al contrario, offre informazioni su ciò che l’autore ritiene importante, che ottiene una posizione di rilievo, e ciò che invece è assente o passa in secondo piano, oltre a permettere una valutazione sulla complessità di ciò che l’autore può o vuole fare. Usi e costumi dei gruppi umani, più o meno divisi in nazioni, linguaggi, forme di governo e di amministrazione della giustizia, tecnologie sviluppate, sono elementi che indicano una particolare attenzione dell’autore al modo di vivere nel suo mondo.

Tra questi elementi, la religione e il culto delle eventuali divinità occupano uno spazio non indifferente e sembrano offrire un buon punto di approccio alla mentalità espressa dall’autore. Il legame tra religione e letteratura fantasy, per quanto saldo e antico (per chi accetta la paternità tolkieniana del fantasy, quanto meno), non è sempre evidente e questo dipende proprio dalla volontà dell’autore di inserire la religione, in una qualunque sua forma, all’interno dell’opera.

Per alcuni autori, questo inserimento è d’obbligo e, si potrebbe dire, quasi fondante dell’opera: il profondo sostrato cattolico del Signore degli Anelli, così chiaramente evidente ne Il Silmarillion, è un elemento che permea il significato stesso del lavoro di Tolkien.

Per altri, l’elemento religioso sembra superfluo, lasciando dunque intendere al lettore che l’esistenza o meno di una o più divinità sia ininfluente per la vita dei suoi personaggi e/o per lo svolgimento della sua narrazione.

Così come la presenza della (o delle) divinità, anche le forme in cui la religione si manifesta nella vita quotidiana dei personaggi trasmette interessanti informazioni circa la concezione della religiosità del popolo in questione nella visione dell’autore: la presenza di culti, più o meno cruenti, l’esistenza di una o più classi sacerdotali (in una qualunque epoca della storia dell’ambientazione descritta) e la loro relazione con i personaggi o con gli altri elementi fondanti della cultura del popolo descritto.

Non è possibile, ovviamente, fare una rassegna completa dei sistemi religiosi presenti nell’intera letteratura fantasy (ammesso di riuscire a stabilirne i confini), ma attraverso l’esempio di alcuni testi è possibile trarre alcune conclusioni, o alcune linee comuni, che attraversano questo genere letterario.

Il successo di alcuni libri e una parte consistente dei giochi di ruolo legati al mondo del fantasy sembrano contribuire a trasmettere l’idea che questo genere letterario sia connesso a un “tipo” di religione che, per ragioni di classificazione, si chiama comunemente politeismo: questo termine, che ha una funzione esclusivamente descrittiva, indica la presenza, in un sistema religioso, di più divinità nello stesso periodo storico, a cui è necessario indirizzare un culto. (1)