Fu proprio un re della Seconda Era a colpirci. Si capiva che doveva essere stato molto ricco: la sua statua mostrava, perfettamente scolpiti, un mantello di pelle di pecora, una cintura, bracciali e schinieri incastonati di pietre e una spada possente con ornamenti analoghi sull'elsa. Il sarcofago, al contrario, appariva semplice e senza decorazioni, come si usava all'epoca. Un pesante coperchio di pietra sovrastava il feretro.

– Io incomincerei con questo – proposi ad Aivorn.

Il mio grasso compagno si guardava attorno con aria tremante. 

– Uno vale l'altro, basta che ci sbrighiamo.

– Si può sapere che hai?

– Questo posto mi mette i brividi. Prendiamo quello che riusciamo a portare e andiamocene alla svelta.

– Sei solo un fifone! Un grasso fifone! Aiutami a spostare questo coperchio, invece di blaterare.

Facemmo leva insieme e spingemmo. Fu più facile di quanto pensassimo. La pietra non oppose molta resistenza e riuscimmo ad aprire uno spiraglio nel sarcofago. Una nuvola di polvere fetida si sollevò istantaneamente dall'interno.

– Che fetore disgustoso! – imprecò Aivorn coprendosi naso e bocca con una mano.

Sbirciai dentro e quello che vidi mi lasciò a bocca aperta. 

– A quanto pare abbiamo scelto la tomba giusta.

La salma dell'antico re era vestita esattamente come la statua, il corpo stranamente integro. Non si trattava di uno scheletro scarnificato dagli anni, come mi sarei aspettato di vedere. La pelle era ancora intatta, solo un po' scurita dai secoli. Le labbra si erano ritirate scoprendo i denti, ma l'espressione del volto era quasi sognante. Il naso e le orecchie apparivano solo leggermente deformati. Da sotto le palpebre chiuse si potevano vedere le sporgenze dei bulbi oculari. La corporatura sembrava ancora abbastanza vigorosa, come doveva essere stata in vita, con addirittura qualche muscolo che sporgeva gonfio sotto la pelle delle braccia.

Attorno al corpo c'erano gioielli di meravigliosa fattura. Coppe, spille, bracciali, collane, pietre preziose di ogni sorta, le stesse componenti dell'armatura che mostrava la statua, tutto rigorosamente d'oro massiccio incastonato di rubini, smeraldi e zaffiri.

Non ultima, spiccava una meravigliosa spada d'oro massiccio, con l'elsa decorata da rubini rosso sangue, stretta tra le mani del cadavere. Accanto ad essi, i due simboli magici del fuoco e della luna.

Secondo l'antica tradizione, ogni re della Seconda Era aveva esperienza nel controllo di un elemento della natura e traeva la forza da uno degli astri. Evidentemente, quel re padroneggiava il fuoco e il suo potere aveva origine dalla luna.

Sulla lama erano incise alcune antiche rune di cui non riuscii a interpretare il significato. 

–  Per Odino e Thor, è ancora intero! – esclamò Aivorn.

– E a te cosa importa? Siamo venuti per l'oro, non per il corpo. Guarda quest'orecchino. È oro blu. Ti rendi conto? I gioielli di oro blu sono rarissimi, di questi tempi. E qui ce ne sono altri, guarda! Guarda gli smeraldi su questi schinieri!

– Ma secondo te, perché il corpo è ancora intatto?

Sbuffai irritato. 

– A volte può succedere che un cadavere non si deteriori del tutto e si conservi abbastanza bene anche dopo secoli. Alcuni popoli dell'est riescono a trattare i corpi in maniera tale che si conservino più o meno come questo qui. Ma dico, siamo venuti per parlare di morti, o per rubare dell'oro? Prendi la sacca, razza di yak puzzolente! Riempila con quello che puoi.

Il mio compagno non se lo fece ripetere. Le nostre mani corsero avide ai preziosi. In breve tempo, riempimmo le sacche con tutti gli ornamenti che potevano contenere. 

A me toccò la splendida spada d'oro. Era pesante come un'ascia di ferro, con la lama larga e l'impugnatura spessa. Le mani rinsecchite del cadavere la lasciarono abbastanza facilmente. Le osservai meglio. Un tempo avevano brandito quell'arma e comandato soldati in antiche battaglie, narrate oggi solo dai bardi più anziani.

Per un istante, l'ancestralità di quel luogo mi avvolse. Vidi le pietre parlarmi di guerre, intrighi, ribellioni, di ascese e cadute, di rabbia, sangue, potere. E capii che forse, in quel momento, qualcuno o qualcosa non gradiva ciò che stavamo facendo.

– Io ho finito – disse Aivorn. – E adesso andiamocene via di qui.

Mi ridestai da quei pensieri e ripresi contatto con la realtà. Riposi la spada nella sacca e chiusi l'apertura con il laccio di cuoio. 

La realtà, sì. Avevamo un tesoro con noi e dovevamo cambiarlo con denaro sonante, quella era la realtà. 

Richiudemmo il sarcofago e iniziammo a ripercorrere il tragitto al contrario, attenti a lasciare tutto come se non fossimo mai passati. Vecchie abitudini da ladro, che però non guastavano mai.

Poi, un rumore alle nostre spalle ci sorprese. 

– Che cos'era? – balbettò Aivorn, che ricominciò a tremare.

– Non lo so.