Mi sbagliavo.

Dopo qualche secondo, vidi una torcia umana avvicinarsi alla finestra. Il mago scavalcò la finestra e si liberò degli abiti in fiamme. Adesso era uno scheletro consunto e polveroso, con brandelli di carne carbonizzata attaccati qua e là sulle ossa. 

Una volta fuori, cominciò ad avanzare verso di me.

Io provai a fuggire, ma la caviglia faceva male e mi costringeva a zoppicare. Per fortuna anche il mio avversario zoppicava. Una gamba era più scarnificata dell'altra e il mago la trascinava sul terreno.

Il cuore mi batteva all'impazzata. Era tardissimo e alla taverna non avrei trovato nessuno disposto ad aiutarmi. Cercai di infilarmi nei vicoli per seminare il mio inseguitore. Io conoscevo bene quei quartieri, lui sicuramente no.

Strinsi i denti per il dolore e mi infilai in un dedalo di stradine così strette che a stento poteva passarci il carretto dei venditori di datteri. Mi nascosi dietro a un muro e ripresi fiato. Per qualche secondo non sentii null'altro che il cuore martellarmi nel petto.

Mi ero quasi illuso di avercela fatta, ma presto sentii il passo zoppicante della creatura avvicinarsi rapidamente. Vidi la sua ombra proiettata dalla luna allungarsi oltre il vicolo nel quale mi nascondevo. Non c'era altra via di scampo. Dovevo proseguire. Di sicuro mi avrebbe sentito, ma se non mi fossi mosso mi avrebbe scoperto.

Infatti, appena imboccai la via, il mago mi vide e ricominciò a seguirmi.

L'idea di far perdere le mie tracce non aveva funzionato e la stanchezza stava cominciando a reclamare il suo pegno. Al contrario, sembrava che il mago non si affaticasse mai.

Scelsi una direzione a caso, sperando di avere il tempo di pensare a qualcosa. Maledissi quella scelta. Davanti a me si aprì il deserto. Senza accorgermene, ero arrivato ai confini della città.

Il mago era dietro di me, avevo il deserto immenso davanti. Se avessi continuato in quella direzione non ci sarebbero stati rifugi di alcun genere e la stanchezza mi avrebbe presto trasformato in una facile preda.

Decisi di continuare e rischiare. Non ce la facevo più, ma avrei venduto cara la pelle.

Corsi fino a quando le gambe mi ressero. I polmoni stavano per esplodere, il sudore mi incollava la camicia alla pelle. Il mago era instancabile.

La fatica cominciò a indebolire i miei movimenti. A volte le gambe stentavano a reggermi e inciampai un paio di volte. Una duna mi sbarrò la strada. La vedevo immensa, in quello stato non sarei mai riuscito a superarla.

Caddi sulla schiena e mi preparai alla fine. Il mago si avvicinò. Mi sembrò quasi che sorridesse, un ghigno mortale della mandibola carbonizzata.

Sollevò di nuovo le braccia per prepararsi al colpo finale, ma poi avvenne l'inaspettato. Una cascata di raggi di sole oltrepassò la duna e disegnò riflessi dorati sulla sabbia davanti a me.

L'alba era arrivata senza che me ne accorgessi. Appena la luce lo investì, il mago emise un grido tremendo, inconcepibile per alcun animale o essere umano. Roteò su se stesso, cadde, si divincolò. Cominciò a bruciare.

Un fuoco rosso, reale, non la sua diabolica fiamma azzurra senza luce.

Protese un braccio come se chiedesse aiuto, poi esplose in un lampo accecante. Un volto fatto di fumo si materializzò sopra i resti del corpo. Somigliava tremendamente a quello della statua sopra il sarcofago. Mi fissò, ringhiò, spalancò la bocca in un'espressione furente. Poi il fumo si diradò e la faccia diabolica scomparve.

Rimasi disteso sulla sabbia per mezz'ora buona prima di riprendere le forze. Stentavo ancora a credere a ciò che avevo visto, ma i resti carbonizzati giacevano davanti a me come i brandelli di una bambola di pezza distrutta da un bambino dispettoso, e mi convinsi che era stato tutto reale.

Ricordai che il mago si faceva vedere soltanto di notte, inoltre mi tornò alla mente che il secondo simbolo magico sulla spada raffigurava la luna, da cui egli traeva evidentemente tutti i suoi poteri. 

Feci un sorriso stanco ma soddisfatto e, zoppicando, rientrai in città.

Non seppi mai che fine aveva fatto la spada d'oro. Il ricettatore mi disse che il collezionista era andato a nord, ma non riuscii a ricostruirne le tracce. E, in fondo, era meglio così.

Sono passati vent'anni da allora e non sono più entrato in una tomba. Quando qualcuno mi propone di saccheggiarne una, io rifiuto e replico: – I morti potrebbero non gradire.