Possiamo discuterne finché volete. Ma per me La rivalsa delle scimmie (Ape and Essence) di Aldous Huxley, l'autore di Il mondo nuovo (Brave New World),  I diavoli di Loudun (The Devils of Loudun) e Le porte della percezione (The Doors of Perception) non è un romanzo.

Cercherò di spiegare meglio il concetto più avanti.

Il libro non è ovviamente nuovo per l'italia, ma era da tempo esaurito. Noto sin dagli esordi con un titolo che è la fedele traduzione dell'orginale, ossia La scimmia e l'essenza, ha avuto una prima edizione nel 1949, pubblicata da Mondadori con la traduzione di Augusto C. Dauphiné che è rimasta la stessa sia nella versione Oscar del 1980 che in quella di Baldini & Castoldi del 2002.

A Gargoyle, l'abbiamo già capito con altri romanzi, piace inventare nuovi titoli e pertanto la loro edizione, oltre a presentare una nuova traduzione di Claudio Costanzo, ha anche un titolo diverso.

Non credo che l'imminenza dell'uscita di un film del ciclo del Pianeta delle Scimmie abbia ispirato questo cambio di titolo, ma nulla si può dire.

La storia del libro è minima, ridotto all'essenziale. Nel 1948 Bob Briggs, regista e sceneggiatore, insieme al narratore senza nome, scopre un manoscritto perduto: un trattamento cinematografico in realtà, scritto dal misconosciuto William Tallis. La breve indagine sulle tracce della sfortunata vita di Tallis serve essenzialmente da incipit per la successiva lettura del trattamento.

Un piccolo inciso.

La quarta e le alette fanno riferimento a un soggetto cinematografico. Il trattamento è una fase successiva. Se il soggetto è un racconto molto succinto della trama, scritto in forma niente affatto letteraria e senza dialoghi o indicazioni sulla resa visiva, il trattamento è una forma intermedia, caratterizzata da descrizioni più accurate delle scene e dall'accenno di alcuni dialoghi. Non arriva al livello di dettaglio della sceneggiatura, che torna a essere una forma più tecnica. Il trattamento è di per sé una forma ibrida tra cinema e letteratura.

Per struttura la seconda parte potrebbe definirsi un trattamento. Nel volume originale si fa riferimento al termine script, che in italiano è tradotto talvolta come copione, talvolta come sceneggiatura.

Di certo c'è che Huxley ha scritto ovviamente non tenendo conto di tali sottili differenze, realizzando in realtà un prodotto letterario con strumenti affini a quelli del media cinematografico, ma non esattamente gli stessi.

La storia narrata nella seconda parte è una distopia, lasciata nella nuova traduzione con il suo titolo originale, La scimmia e l’essenza

In un futuro che anche per noi è ancora lontano, il 2108 il mondo come lo conosciamo noi non esiste più. La terza guerra mondiale ha risparmiato solo pochi posti nel pianeta: alcune regioni dell'Africa e la Nuova Zelanda.

Los Angeles è una regione radioattiva, popolata da mutanti, nei quali s'imbatterà il gruppo di esploratori comandati da Alfred Poole.

Quella che Poole scoprirà è una umanità grottesca, con tutti i peggiori difetti resi estremi, nella quale gli echi delle passate ideologie, delle credenze religiose e degli autoritarismi si sono mescolati in modo quasi indissolubile, creando una società che dal passato ha preso solo il peggio. Un frullato distorto ed estremo del ventesimo secolo.

La storia è tutta qui, nel confronto tra i protagonisti e gli estremisti più fanatici, che più che fisico è quasi sempre ideologico e di parola. Forse più grave e devastante.

E le scimmie? Sullo sfondo. In altre parti degli ex Stati Uniti scimmie "evolute" hanno ricreato una rigida divisione in caste tra gorilla, dominanti, babbuini e oranghi, e portano a spasso come cani raccapriccianti cloni di Albert Einstein.

Il risultato è quindi che gli umani involvendo, incrociano le scimmie che, evolvendosi in "intelligenza", in un certo senso involvono anch'esse perché scoprono il peggio dell'umanità.

Più che una storia Huxley ha scritto un pamphlet romanzato su cosa pensa del XX secolo, o almeno della parte che ha visto fino alla scrittura di La scimmia e l'essenza: tutto il male possibile.

Nella storia c'è l'amore che fornisce a Poole una occasione di fuga, non certo di una romantico stravolgimento dello status quo. Il potere del "Maligno" non è rovesciabile. L'unica strada è la fuga. Ma non era prevedibile altrimenti.

Huxley compie quindi un'analisi sociologica, inserisce battute satiriche, sperimenta e destruttura il romanzo con inserti poetici.

La resa letteraria di un'opera che ha nello stravolgimento della forma una sua ragione d'essere, meriterebbe di essere giudicata in lingua originale. Senza nulla togliere al traduttore, ma La scimmia e l'essenza è uno di quei casi palesi in cui la traduzione non può che essere veramente altra cosa rispetto all'originale.

Si tratta di un volume apparentemente agile, con relativamente poche pagine, ma la lettura fa letteralmente esplodere i concetti di cui è densamente riempito. Non è una lettura immediata.

Non è però un libro che lascia per come ci ha trovati. Se la costruzione complessiva è meno raffinata rispetto ad altre opere dell'autore, rimane comunque una pregevole esperienza letteraria, fonte di riflessioni ancora tristemente attuali.