Anche Dragonero arriva, dopo poco più di un anno di vita, alla conquista di un albo speciale annuale. Non solo speciale, ma anche a colori, traguardo che una volta era riservato in casa Bonelli ai numeri centenari.

Ma si sa, per fortuna, le cose cambiano, e dopo gli speciali Dylan Dog Color Fest, dopo Orfani, serie regolare interamente a colori, la colorazione degli albi non è evento raro per la casa editrice milanese.

Ma considerare il colore l'unico elemento che rende speciale questo albo non gli renderebbe giustizia.

La sostanza c'è. Una storia che partendo dalla presentazione del mondo ordinario dei protagonisti in uno dei rari momenti di relax, narra in flashback non una storia qualsiasi, ma la storia della prima missione da Scout, addirittura in pectore in realtà, di Ian e Gmor.

Il pretesto è la classica bevuta in locanda, una sorta di terzo tempo di una partita a un gioco vagamente somigliante allo squash.

Si sa, l'alcol scioglie la lingua e Ian comincia a raccontare di quando, circa sei anni prima, dopo essere stato costretto ad abbandonare l'esercito, riceve la proposta di unirsi al corpo degli Scout. Prima ancora di diventare tale il suo primo compito è trovarsi un compagno di avventure e Ian senza neanche pensarci troppo va a trovare l'amico Gmor, che fa vita monastica dedicandosi ai libri.

Ma Ian e Gmor sono due personaggi con un destino diverso dalla vita tranquilla di un monastero e la chiamata all'avventura arriva presto, sotto forma di una richiesta di soccorso da parte di un gruppo di monaci esploratori che, andati alla ricerca di una bliblioteca perduta, hanno risvegliato una creatura maligna e di grandi poteri.

I due, insieme al chierico Ayabar, il cui grande valore è pari al caratteraccio, si metteranno in viaggio, affrontando pericoli e prove di ogni tipo, a cominciare dal cocciuto e avido gestore della funivia che li porterà sui monti Nomeidei...

La storia scritta a due mani da Luca Enoch e Stefano Vietti si rivela un bilanciato mix di avventura e ironia, con personaggi ben delineati dal dialogo e dalle loro azioni, sempre coerenti con la loro natura anche quando sembra il contrario e scorre con molto piacere.

Ha il pregio non solo di mostrare squarci del passato dei personaggi, aprendo degli spiragli anche ad altri speciali retrospettivi, ma anche di approfondire meglio altri lati della loro personalità, come la spiccata passione bibliofila di Gmor per esempio.

Se devo fare un appunto, in questa storia più che in altre la loro dinamica è fin troppo evocativa di quella dei Pard Tex Willer e Kit Carson. In realtà la serie regolare e questo speciale fanno risaltare la natura niente affatto monodimensionale di Ian e Gmor. Però è proprio il modo in cui si rapportano, basato sullo sfottersi l'uno con l'altro, misto alla totale abnegazione e lealtà, completata dalla mancanza di veri momenti conflittuali, che mi ricorda i due ranger del Texas.

Se penso ad altre coppie della mia esperienza fumettistica, non arrivo a pensare che sia auspicabile per Ian e Gmor una dinamica da amici-nemici come per Peter Parker-Harry Osborn o Xavier-Magneto, ma penso che il duo Nelson & Murdock sia il modello di una dinamica che in Bonelli nessuno ha mai provato a trattare, e che calzerebbe di più con la profondità e le sfaccettare dei due personaggi.

I disegni sono coerenti con la volontà di una narrazione per immagini che integri la parte testuale come un tuttuno. Non è specificato nel frontespizion dove finisca Cristiano Cucina e dove inizi Manolo Morrone, in realtà già a occhio si capisce che uno disegna il tempo presente, l'altro il flashback. L'informazione è reperibile in rete, pertanto dal sito dell'editore si può appurare che Morrone, al suo esordio nella serie, disegna l'inizio e la fine della storia, ossia il "presente", mentre il racconto centrale è disegnato Cucina, già disegnatore del numero 12, Minaccia dal profondo

Altra lacuna del frontespizio è la mancata indicazione del colorista, Paolo Francescutto del Gotem Studio. Anche il suo nome l'ho dovuto cercare sul sito dell'editore. La trovo una grave dimenticanza perché è da considerarsi a tutti gli effetti un autore dell'albo, dato che il suo ruolo è evidentemente quello di creare anche le giuste atmosfere, integrandosi con gli altri comparti. 

Ben disegnata la copertina del disegnatore ospite Mario Alberti, che non teme il confronto con il copertinista ufficiale Giuseppe Matteoni. Stile diverso, ma identica capacità di evocare l'atmosfera dell'albo.

Rimane il fatto che l'idea che il lettore, immerso nell'atmosfera dell'albo, per un momento sconnnesso dal nostro mondo, non disponga di tutte le informazioni non mi piace. Quando ho letto l'albo mi trovavo in tali condizioni e ci volevo restare, senza ricorrere al computer o al telefono per una informazione che mi sembrava utile ad apprezzare il buon lavoro dei professionisti coinvolti.

In conclusione questo primo speciale di Dragonero non delude i fan della saga, e ha parecchi elementi che potrebbero anche convincere un lettore occasionale a recuperare gli arretrati.