Se qualcuno comprasse Il mondo del ghiaccio e del fuoco per scoprire cosa fanno i protagonisti delle Cronache del ghiaccio e del fuoco dopo gli eventi narrati nella Danza dei draghi resterebbe deluso. L’ultimo volume pubblicato da George R.R. Martin non porta avanti la saga, anzi si ferma proprio prima dell’inizio della stessa.

Il libro è stato scritto da un ipotetico maestro Yendel, iniziato durante il pacifico regno di re Robert Baratheon, primo del suo nome, re degli Andali e dei Rhoynar e dei primi uomini, lord dei Sette regni e protettore del Reame, e completato dopo alcuni anni di lavoro. Questa almeno è la premessa, vergata con mano elegante nella pagina che precede la prefazione.

Il mondo del ghiaccio e del fuoco è una sorta di enciclopedia dei Sette Regni, iniziata da George R.R. Martin, Elio Garcia e Linda Antonsson diversi anni fa con intenti molto più modesti e cresciuta con il trascorrere del tempo. In un primo momento infatti il volume sarebbe dovuto essere poco più di una racconto, curata da Garcia e Antonsson, di tutte le informazioni storiche reperibili nei romanzi che compongono le Cronache del ghiaccio e del fuoco. Martin si sarebbe dovuto limitare a un testo introduttivo, ma il desiderio di narrare il passato del suo mondo gli ha preso la mano e ha finito per scrivere un testo lungo sei volte tanto quello previsto all’inizio.

Nessuna rivelazione sul futuro dei protagonisti, la parte storica del libro si ferma al glorioso regno di Robert Baratheon, coadiuvato dall’integerrimo Jon Arryn che ricopre la carica di Primo cavaliere. Il punto in cui Martin ha scelto di fermarsi è il più logico, se avesse svelato nuove informazioni sul futuro dei Sette Regni avrebbe fatto spoiler sui libri che deve ancora pubblicare.

Il fatto che lo scrivente si firmi Yendel e non Martin è una necessità dovuta a motivi pratici ma ha anche risvolti di tipo artistico. Se George avesse scritto una vera enciclopedia avrebbe dovuto rivelare informazioni vitali per i romanzi come l’origine e lo scopo degli Estranei o, più in piccolo, l’identità della madre di Jon Snow. L’autore dei romanzi in fondo deve conoscere il mondo che ha creato, e un’enciclopedia non avrebbe alcun valore se contenesse informazioni false o incomplete. Ma anticipare rivelazioni di questo tipo fuori dai romanzi avrebbe tolto parte dell’attrattiva da quelli su cui Martin sta ancora lavorando.

Immaginando però che l’autore sia un abitante dei Sette regni le cose cambiano. Yendel può in buona fede ritenere che gli Estranei non siano mai esistiti mentre il lettore ridacchia con una sensazione di consapevolezza di quante cose non sappia il presunto maestro. Analogamente Yendel può permettersi di presentare svariate storie in tono dubitativo, indicandole come episodi leggendari senza sbilanciarsi su cosa sia accaduto davvero.

Di molti di questi episodi o personaggi, della regina Nymeria e delle sue diecimila navi, di Lann l’Astuto o di Brandon il Costruttore, il lettore ha già trovato svariate tracce nei romanzi e ritrovarli qui è affascinante anche se la loro storia, pur approfondita, rimane frammentaria o avvolta dall’incertezza. E molte volte lo scrittore fa capolino strizzando l’occhio al lettore con omaggi a opere moderne come i Muppet e antiche come la leggenda di Guglielmo Tell.

Non sono comunque citazioni forzate, inserite per quella presunta voglia di allungare artificialmente i libri di cui talvolta viene accusato Martin. L’omaggio può essere colto o meno, ma rimane comunque inserito in un contesto affascinante che dimostra ancora una volta la notevole fantasia dell’autore.

Una delle illustrazioni realizzate per Il mondo del ghiaccio e del fuoco.
Una delle illustrazioni realizzate per Il mondo del ghiaccio e del fuoco.
Il mondo del ghiaccio e del fuoco narra la storia del mondo così come è conosciuta dai maestri della Cittadella. L’attenzione principale è rivolta a Westeros, la terra in cui vivono tanto Yendel quanto il sovrano a cui l’opera è dedicata, ma non dimentica uno sguardo a Essos e a terre ancora più lontane e insolite. Le origini sono giustamente avvolte nelle leggende del Tempo dell’Alba, ma man mano che il racconto procede gli eventi leggendari e le incertezze diminuiscono per lasciare spazio alla storia. La seconda e la terza parte del libro sono dedicate a Casa Targaryen, dal suo salvarsi – unici fra tutti i signori dei draghi – dal Disastro di Valyria alla Conquista e a tutti i sovrani seguiti ad Aegon il Conquistatore. Quei quasi tre secoli che fino a ora erano noti solo grazie allo scarno elenco dei sovrani Targaryen presente al termine di A Game of Thrones (Il trono di spade e Il grande inverno) e a qualche accenno all’interno dei cinque romanzi delle Cronache del ghiaccio e del fuoco prendono vita in queste pagine in tutta la loro drammaticità. Guerre, matrimoni dinastici, alleanze, tradimenti, crudeltà, astuzie e stupidità si susseguono un episodio dietro l’altro, al punto che non si può non rimanere ammirati per l’incredibile quantità di storie che Martin è stato capace di creare. I personaggi che animano queste pagine sono innumerevoli, anche se a volte sono tratteggiati con poche righe e lasciano il lettore con il desiderio di saperne di più.

Martin una volta di più dimostra la sua abilità nel condurre il filo della narrazione come vuole. Se la guerra nota come la Danza dei Draghi viene descritta con accuratezza, il periodo delle varie ribellioni dei Blackfire è convincente, e adeguato al libro, ma lascia allo scrittore ampio spazio per le sorprese che potrebbe decidere di narrare in eventuali altri racconti incentrati su Dunk ed Egg successivi a quelli compresi nel Cavaliere dei Sette Regni. Quanto agli stessi Dunk ed Egg, che non potevano non comparire, George riesce a fornire nuove informazioni senza rivelare nulla di fondamentale e contemporaneamente senza dare l’impressione che Yendel sia stato deliberatamente reticente. L’uso, fra le fonti del maestro, di altre opere spesso frammentarie o di dubbia verosimiglianza, aggiunge piuttosto verosimiglianza alle sue stesse parole.

Un tocco delizioso poi è quando lo scrivente arriva a parlare della fine dei Targaryen e del glorioso regno di Robert Baratheon, per il quale usa un tono adulatorio con cui spera indubbiamente di accattivarsi il favore del sovrano.

Con Aerys il Folle viene tratteggiata la fine di Casa Targaryen, quindi Yendel riprende il suo viaggio nei Sette Regni interessandosi specificamente di ciascuno dei vari territori che lo compongono, e anche qui le rivelazioni sono molte. La più importante forse è quella che narra della gioventù di Tywin Lannister e che spiega nei dettagli quali fatti abbiano portato alla nascita di una canzone come Le piogge di Castamere.

Anche se la forma è quella di un saggio di storia questo libro è comunque una narrazione. Per questo il tono del testo si adatta al soggetto, dall’epico al cronachistico con un continuo affiancamento di dubbi, dati reali, opinioni personali, certezze (che il lettore sa spesso essere del tutto ingiustificate) e servilismo.

Il volume è riccamente illustrato. Presentandosi come un manoscritto che Yendel dedica al sovrano le pagine sono ingiallite come quelle di un antico codice, debitamente scurite ai bordi e spesso comprendono illustrazioni, da piccoli disegni in bianco e nero ad altre che si estendono per l’intera pagine. Fra gli artisti che hanno collaborato alla realizzazione dell’opera ci sono Jordi González Escamilla, Michael Gellatly, Michael Komarck, Ted Nasmith, Paolo Puggioni, Marc Simonetti, Chase Stone, Philip Straub e Justin Sweet.

Il mondo del ghiaccio e del fuoco non porta avanti la storia. Non può né intende farlo, e questo è evidente fin dalla prima pagina con la dedica a un sovrano il cui nome è stato cancellato e sostituito da un altro. Chi è interessato solo alla conclusione della saga può tranquillamente ignorare il volume sapendo che non si perderà nulla, ma per chi ama viaggiare nel mondo secondario creato dalla penna di George R.R. Martin questa è la migliore guida che si potesse immaginare.