Ci sono giorni in cui Patricia è “MC”, molto confusa. La cosa è evidente a tutti, persino a lei, che non sa bene se la casa di cura in cui si trova è dotata di un ascensore o di un montascale. La confusione massima però è legata ai suoi figli, tre oppure quattro, così diversi fra loro e tutti ugualmente amati.

Come ci si può fidare del proprio cervello quando fornisce informazioni e ricordi così diversi fra loro? Specie, poi, se la propria madre ha sofferto dello stesso problema di smemoratezza negli ultimi anni della sua vita. La memoria gioca strani scherzi a Patricia, donandole i ricordi di due mondi diversi e ugualmente reali. Due mondi nati nello stesso luogo ma separati da una discontinuità, una scelta compiuta in un momento di sorpresa e confusione che ha scavato un solco fra i due mondi che l’hanno portata a vivere vite tanto diverse. Ma esistono davvero i due mondi, o sono solo i falsi ricordi di una mente confusa?

L’elemento che dà il via a Le mie due vite di Jo Walton ricorda un film del 1988 con Gwyneth Paltrow, Sliding Doors. Qualcosa non va nel verso giusto e la protagonista si trova a dover scegliere cosa fare della sua vita, e da questa scelta nascono le due trame. Da un lato ci sono Tricia e il suo matrimonio con Mark, dall’altro Pat e la sua storia d’amore con Bee.

Dal momento in cui Patricia compie la sua scelta le sue due vite proseguono in parallelo, con l’alternanza di capitoli distinti dal modo in cui viene chiamata la protagonista. Un cammino lungo sessantasei anni, che narra la vita di una donna e che racconta il mondo che cambia intorno a lei. Mondi diversi, come se dalla sua scelta fossero scaturiti cambiamenti più grandi che comportano situazioni politiche ed economiche a livello mondiale molto diverse fra loro.

I mondi di Patricia per certi versi rispecchiano il nostro, con problemi concreti che noi abbiamo dovuto – o avremmo potuto dover – affrontare, anche se le due realtà fittizie e la nostra sono inconciliabili. In uno di quei mondi il presidente Kennedy si è dimesso, in un altro è stato assassinato a Dallas con una bomba. Realtà diverse dalla nostra, ma terribilmente familiari. E se le notizie che riguardano un presidente sono qualcosa di distante, viste solo da un telegiornale, sono molte le situazioni che influenzano le vite di Patricia che toccano anche le nostre vite.

La condizione delle donne, l’omosessualità, il terrorismo, l’Aids, le tensioni politiche internazionali, la malattia, il progresso tecnologico sono tutti elementi che si sviluppano secondo modalità leggermente diverse nelle due storie, creando alla fine mondi molto diversi fra loro, ma che si legano in modo molto stretto alle vite di Tricia e Pat. In entrambi i casi la storia è sviluppata in modo coerente dalle premesse, e Patricia è viva riconoscibile in entrambe le donne, anche se le due donne si allontanano sempre più. Sentieri diversi, dettati dalle diverse circostanze create da una scelta, e animati da personaggi reali quanto Patricia.

La Walton mantiene lo stesso tocco delicato che già aveva dimostrato di possedere in Un altro mondo. Narra di piccole cose, di azioni che in sé non hanno nulla di eclatante anche quando sono gravide di conseguenze, si sofferma sull’interiorità della protagonista e le costruisce intorno una solida rete di relazioni, e alla fine il lettore si accorge di essere stato assorbito da due storie in apparenza normali ma che hanno tanto da dire. È questa la grande capacità della scrittrice britannica, capace di passare con disinvoltura dalle storie personali a problemi universali facendo sentire la realtà e l’importanza di entrambi gli elementi, per la storia e per il lettore. E questo senza cadere nella facile tentazione di forzare i toni per cercare effetti emotivi forti che alla fine toglierebbero credibilità alla storia.

Tricia e Pat, e tutti coloro che le conoscono, vivono le loro vite. Ma se Patricia è molto confusa, quale delle due vite è reale? Tutto è iniziato con una scelta, ma quanta influenza possono avere sul mondo le scelte che ciascuno di noi compie? Una grande scrittrice a cui è stato appena assegnato il National Book Awards per la sua capacità di occuparsi di problemi filosofici ed esistenziali, Ursula K. Le Guin, ha affermato che il compito della narrativa fantastica è quello di porre domande al lettore. La Walton questa lezione dimostra di averla imparata bene, perché la conclusione del libro è destinata a suscitare numerose domande.