Ciao Joe, siamo molto felici che tu sia qui. Cosa ne pensi di una convention fantasy in una città medievale come Lucca?

Lucca è davvero un’interessante location, con i suoi edifici antichi, le mura e il territorio circostante. Sono stato recentemente alla Comic-Con di San Diego, una città molto moderna che offre emozioni parecchio differenti: qui tutto è così denso, fitto di così tanta gente nelle vie strette, così tanti cosplayer infervorati ed entusiasti. Un’atmosfera davvero febbrile, che non credo di avere incontrato da nessuna altra parte.

Nella narrativa di questo periodo il genere Young Adult sta avendo un grosso successo, non solo nella Fantasy ma anche in altri generi. Perché secondo te?

Questo è interessante. Una caratteristica dello Young Adult è che non c'è una vera e propria distinzione fra i vari tipi di libri in questo sottogenere: sono un grande gruppo di storie che puntano al brivido, ai problemi dell’umanità, ai drammi familiari, tutto mescolato insieme.

La cosa che mi affascinava era che attraverso questo genere avrei potuto scrivere un libro che era soltanto tale. Non necessariamente un fantasy capace di invogliare solo un certo tipo di lettore. C’è molto che mi attrae riguardo allo YA: la sua semplicità, il numero ristretto ma fondamentale dei temi, niente pretese o affettazioni ma storie forti e semplici con personaggi vividi, che penso possano piacere un po’ a tutti i tipi di lettori, non solo agli adolescenti. Mi dicono che il 60 se non 70% dei lettori di YA ha più di venticinque anni.  

Una domanda che non ti ha mai fatto nessuno: quali sono le differenze fra il tuo fantasy e quello di George Martin?
Joe Abercrombie_Lucca 2014
Joe Abercrombie_Lucca 2014

Dunque, per esempio il suo fantasy ha leggermente più successo del mio. Comunque, penso che [George R.R. Martin] mi abbia influenzato molto, ho cominciato a leggerlo negli anni ’90, quando i suoi libri sono stati pubblicati per la prima volta. Sono rimasto impressionato dall'imprevedibilità, la crudezza e la cupezza delle sue trame, i frequenti shock dati al lettore, la credibilità dei personaggi. Ho subito pensato che fosse quello il tipo di libri che avrei voluto scrivere. Direi che le mie e le sue storie fanno parte dello stesso "territorio", mi ritengo fortunato ad avere avuto lui come apri pista e per essere riuscito a seguire il suo cammino. Come dire, ho colto le briciole dalla sua barba. Penso – in termini di differenze – che la mia roba sia più breve, più semplice, con uno scenario non così esteso e imperniata su un numero relativamente minore di personaggi. Mi piacciono molto lo humor e i personaggi arguti: le mie storie sono cupe ma anche pervase da un certo umorismo, che spero alla fin fine crei un’atmosfera differente. Un po’ tutti gli autori sperano di avere qualcosa di distintivo che li renda riconoscibili dagli altri: il mio approccio è differente dal suo, anche se tratto la stessa materia, e spero che fornisca differenti emozioni. 

Parliamo dell’ambientazione di Il Mezzo Re: ho avuto la sensazione che il tuo romanzo non sia ambientato tanto nel passato quanto in un futuro “parallelo”, dove gli Elfi sono in realtà gli uomini di una società ipertecnologica distrutta da una specie di Apocalisse. Può essere?

È un’interpretazione molto percettiva. Voglio dire, questa può essere una possibile lettura, che col proseguire della serie (composta da tre libri) diverrà più importante. Mi piace pensare però che le cose non siano così chiare per il lettore, voglio che restino dei dubbi e mi interessano le differenti spiegazioni possono essere date dei miei romanzi ma, sì, la tua è decisamente una delle possibili reazioni a quanto ho scritto. 

Sempre sull'ambientazione e sul protagonista: è stato il personaggio di Yarvi a farti venire l’idea dell’ambientazione  o il contrario?

In realtà i due aspetti (mondo e personaggio), si sono sviluppati in contemporanea, un po’ come nel classico esempio dell’uovo e della gallina. Personalmente, sono sempre stato intrigato dai vichinghi e dalla loro epoca, in particolare per l’interazione fra il loro essere sanguinari e creativi. I vichinghi erano esploratori e straordinari commercianti, con una propria cultura ben definita e diversa rispetto a quella delle altre popolazioni del tempo. Ne sono sempre stato affascinato, ma Yarvi mi è venuto in mente quando, una volta, ho portato i miei figli al parco e ho visto come alcuni bambini prendevano in giro un loro compagno disabile. Ho cominciato a pensare quanto sarebbe stato più difficile crescere in una cultura come quella vichinga, dove reggere uno scudo era una capacità fondamentale per avere una posizione di rilievo come uomo. Così, in un certo senso il personaggio è venuto fuori prima, e l’ambientazione ha seguito l’esigenza di immergerlo in una società fondata sulla guerra. Da quel punto in poi le due cose hanno continuato a svilupparsi in parallelo.

Un altro tema molto frequente nei tuoi libri, non solo ne il mezzo re è quello della vendetta. Secondo te è la vendetta che muove la maggior parte delle azioni umane?

Sì. Ritengo che la vendetta sia una motivazione potente per le azioni di chiunque. Mi sono impegnato tanto su questa tematica, come in quella della violenza, perché nella Fantasy tradizionale gli eroi sono sempre mossi da motivazioni così eroiche, così altruistiche – tipo salvare il Mondo – mentre la mia esperienza personale mi porta a credere che spesso le persone sono mosse da sentimenti ben più personali, egoistici. Non tutte le azioni degli eroi scaturiscono da grandi ideali. Egoismo, violenza, avidità sono più essenziali per molti personaggi, che sono per lo più un miscuglio fra bene e male. E magari non si può sapere tanto facilmente chi sia l’eroe e chi il cattivo. 

Molti dei tuoi personaggi (Yarvi, Monza, Glotka) hanno delle menomazioni fisiche. Nei mondi così duri, una menomazione è una spinta a rendere il proprio meglio, anziché un limite?

Entrambe le cose, credo. Due aspetti della Fantasy tradizionale che volevo cambiare erano l’eroe sempre in perfetta salute fisica e le sue motivazioni – come ho detto prima – quindi sono sempre stato affascinato dai personaggi decisamente imperfetti, danneggiati, sia emozionalmente che fisicamente. Inoltre nel mondo reale le conseguenze della violenza sono orribili per tanti versi: aveva quindi senso per me che i miei eroi fossero personaggi gravemente danneggiati, sia nel fisico che nella mente. Sono sempre rimasto attratto dal tipo di personaggio che non ha vita facile, che deve superare i propri problemi, che non compie ogni volta atti eroici e i cui atti non sono sempre da celebrare. 

Progetti per il futuro? Oltre alla trilogia del Mare Infranto, ci saranno altre storie ambientate nel Mondo Circolare?

Per quanto riguarda la Trilogia del mare infranto ci saranno appunto altri due libri, di cui sto finendo l’ultimo. Sto anche terminando una raccolta di racconti – ambientati nel mondo di The First Law – che ho scritto negli intervalli fra altre antologie, edizioni speciali, per diverse ragioni. L'antologia dovrebbe contenere 25 o 26 racconti, me ne mancano ancora tre o quattro.

In seguito, ho in progetto di scrivere un’altra trilogia, sempre ambientata nel mondo di The First Law, probabilmente con una trama a parte ma con incroci [con quanto già pubblicato], però i dettagli devo ancora deciderli.