Abbiamo il piacere di aver incontrato per voi Gian Filippo Pizzo, scrittore di narrativa e saggista italiano di fantascienza (premio per la Promozione della fantascienza della World SF Italia nel 1995, Premio Italia per la saggistica di fantascienza nel 1997, nel 2002 e nel 2012, e Premio Vegetti per la saggistica di fantascienza nel 2013).

Ciao Gian Filippo, lieta di intervistarti.

Il piacere è mio, Claudia, e molte grazie per l'ospitalità. 

Ti senti più saggista o più scrittore?

Sicuramente saggista (e non critico, vorrei precisare: sono due cose diverse) non fosse altro che per il numero di libri che ho scritto, che sono molto di più dei pochi racconti che ho pubblicato. Ammetto che come narratore non sono granché, avrò scritto storie decenti ma non memorabili. Sicuramente non è questa la mia dimensione.

Come è evoluta la tua scrittura in questi anni?

In base a quello che ho detto prima, visto che non mi considero veramente scrittore, la mia risposta sarà dilatoria. Diciamo che crescendo si impara a considerare meglio i dettagli, a eliminare quelli superflui (difetto molto comune tra gli "aspiranti", che troppo spesso infarciscono le loro creazioni di particolari inutili – il famoso infodumping) e invece a inserire quelli necessari alla comprensione della storia o alla caratterizzazione dei personaggi. Credo di essere migliorato da questo punto di vista, ma allo stesso tempo mi pare che sia una cosa comune a tutti, dunque niente di particolare.

Qual è la tua fantascienza?

Ecco, ho cominciato a leggere fantascienza da ragazzo, come tutti, credo, ed è stata una naturale evoluzione dalle letture di romanzi avventurosi precedenti: la fantascienza ampliava gli orizzonti, sostituendo lo spazio e l'intero universo agli oceani, le praterie e le foreste tropicali.  Ti dirò anche che l'ho scoperta per caso (un Urania prestatomi in treno) perché non avevo familiari o amici che la leggessero.

Devo però aggiungere che sicuramente l'avrei abbandonata, come prima avevo abbandonato le storie di cowboy o di pirati, se a un certo punto, nella seconda metà degli anni Sessanta, non mi fossi imbattuto in Galassia. Grazie a Rambelli, Malaguti e poi Curtoni e Montanari, ho scoperto il lato sociale e quello psicologico della SF, la sua derivazione dalla letteratura utopica e distopica, le sue potenzialità come narrativa di impatto sociale e politico (bisogna considerare che siamo dalle parti del Sessantotto!), il suo presentare in forma narrativa problemi esistenziali e filosofici. Da allora non l'ho più abbandonata, facendo mio il concetto ballardiano di "spazio interiore" e cercando di leggere solo autori che perseguissero questi concetti e trascurando le pure avventure spaziali. Anche se la SF è intanto molto cambiata sono sempre questi gli aspetti che più mi interessano, ma non disdegno ogni tanto leggere qualche romanzo di pura avventura, purché non sia stupido.

E il tuo genere horror?

In base a quello che ho appena detto, l'horror non rientra tra i miei generi favoriti, perché è difficile trovarvi quegli aspetti di cui dicevo. Lo stesso vale per il fantasy, in cui i temi sociali sono sovente banalizzati nella lotta tra Bene e Male, in una metafora ormai stantia. L'horror funziona quasi soltanto a livello individuale, la sua fruizione è privata, e l'aspetto psicologico dei personaggi resta in qualche modo confinato all'interno stesso di questi. Non a caso ho curato con Walter Catalano l'antologia Sinistre presenze (Bietti, 2013), che cerca di presentare dei racconti orrorifici che abbiano anche un impegno sociale.

Naturalmente ci sono delle eccezioni, e sono disposto ad ammettere l'impegno sociale (piccolo-borghese) e le problematiche adolescenziali di uno Stephen King, ma in genere vale quello che ho detto. 

Comunque in questo campo, più ancora che nella SF e in altri generi, gioca un ruolo importantissimo lo stile dello scrittore (cosa a cui come curatore tengo moltissimo), la sua capacità di affabulare e di creare atmosfere, quindi si possono anche mettere in sottofondo gli altri aspetti.

In ‘’Guida alla letteratura Horror’’ si vuol dare  anche un’impronta consolidata del genere o vuol essere solo una guida esperta? 

Sebbene prima abbia detto che l'horror non mi interessa più di tanto, ho letto tutti i classici del genere, quelli che fanno parte del bagaglio di un normale lettore, e anche qualcosa di più (specie di autori di SF, gialli o fantasy) e dunque ritenevo di essere pronto per curare questa Guida, realizzata con il decisivo contributo di Catalano, Chiavini e Tetro. Come dice il titolo stesso, si tratta di una guida, in cui quindi prevale l'aspetto informativo. Ne siamo comunque molto soddisfatti, intanto perché non c'è niente del genere in commercio né in Italia c'è mai stato niente di simile, in secondo luogo perché il libro è venuto molto bene anche esteticamente, grazie all'ottimo lavoro dell'impaginatore Mauro Cremonini.