C’era un tempo una bellissima regina il cui unico desiderio era avere un figlio. Un giorno arrivò al suo castello un negromante che le rivelò il modo in cui avrebbe potuto concepirlo: doveva impossessarsi del cuore di un drago marino, farlo cucinare da una vergine e poi mangiarlo. Ma, l’aveva avvertita l’uomo, la creazione di una vita richiede un grande sacrificio in cambio. In un altro paese lontano, un re vizioso e assetato di piacere sentì il canto di quella che credeva essere una splendida giovane. Peccato che in realtà si trattasse di una vecchia determinata a tenere per sé l’amore del re. Un padre invece, anch’esso sovrano di un reame, pareva amare di più la pulce che aveva fatto a crescere a dismisura, che la propria figlia il cui più grande desiderio era quello di sposare un bel giovane e conoscere il mondo. L’uomo però, non sopportando l’idea di rimanere solo dopo la morte della pulce, indisse un torneo impossibile da superare, al cui vincitore sarebbe andata in sposa la figlia.

Sono queste tre delle cinquanta fiabe scritte da Giambattista Basile e raccolte in Lo Cunto de li Cunti, che Matteo Garrone ha selezionato per il suo nuovo film Il Racconto dei Racconti. Le storie sono state scelte non a caso, poiché presentano tre visioni differenti della femminilità: quella ingenua della ragazza illibata, quella della maternità raggiunta a ogni costo e quella della vecchiaia che non si rassegna al tramontare della bellezza. Una prospettiva, quella presentata del regista romano, niente affatto scontata che non cede mai a facili pietismi ma riesce, tramite la narrazione barocca della fiaba seicentesca, a essere crudele fino in fondo con i suoi personaggi. Garrone è riuscito a fare il miracolo: portare sul grande schermo un film italiano di genere fantastico che non assomiglia a Fantaghirò. Ogni dettaglio è perfetto, dalla scelta delle location italiane, talmente suggestive da sembrare uscite dalla fantasia di un illustratore, ai costumi di Massimo Cantini Parrini che meritano una menzione speciale. Il paesaggio fantastico è funzionale agli obiettivi da raggiungere: lontano dalle produzioni disneyane, sia classiche ma anche della new wave fiabesca come Maleficent o Into The Woods, Il Racconto dei Racconti s’ispira ai quadri preraffaelliti e a Goya, evocando uno stupore che sta a metà strada tra la meraviglia e l’orrore.

Attraverso una narrazione lenta e che nulla ha a che fare con il cinema mainstream americano veloce, asettico e ipertrofico, lo spettatore viene tenuto sulla corda e provato dalla sensazione di un mondo fantastico pieno di angoli dietro ai quali potrebbero nascondersi cose terribili. Ma sarebbe riduttivo pensare a Il Racconto dei Racconti unicamente come a una scommessa riuscita di un autore nostrano. La sua unicità sta nell’aver recuperato il potere mistico della fiaba antica, ridandole forza e vigore, senza piegarla alle esigenze della modernità.

Ora rimane da vedere come il Festival di Cannes accoglierà questo film, ma soprattutto quale tipo di successo potrà avere al botteghino.