Come ricorda molto bene Davide Mana nella presentazione alla versione italiana di Il sole dei soli dello scrittore canadese Karl Schroeder, molte definizioni sono affibbiate in prima istanza a uso dispregiativo.

Fu così, tanto per citare due esempi da altri contesti: l'Impressionismo deve il suo nome al critico Louis Leroy  che nel 1874 in un articolo volle denigrare il dipinto Impression, soleil levant di Claude Monet; la Teoria del Big Bang all'iperbole dello scienziato e scrittore Fred Hoyle, che in una trasmissione radiofonica del 1949 volle usare l'immagine enfatica di un "grosso botto" per evidenziare quanto la nuova teoria fosse diversa dalla sua Teoria dello Spazio Stazionario.

Mal incolse quindi a Wilson Tucker quando nel 1941 coniò il termine Space Opera per analogia, dispregiativa, con la Soap Opera, visto che invece il termine è tuttora usato per caratterizzare un preciso filone della narrativa, ma anche di altri media come cinema o fumetto.

Ovviamente non è un genere, o un sottogenere che è nobile o da disprezzare in sé, quanto le opere che in esso possono essere classificate.

Il sole dei soli è innanzitutto un romanzo bello da leggere, avvincente e pieno di inventiva.

Virga è un'ambientazione suggestiva come lo possono essere quelle creazioni dell'immaginario che non sappiamo esistere (per quanto ne sappiamo), ma che le buone narrazioni rendono vere nel momento stesso in cui vengono descritte in modo del tutto plausibile.

Un sistema di terre, di asteroidi, orbitanti intorno a un sole artificiale, solcato da navi volanti che attraversano un'atmosfera piena di insidie, facendo i conti con le leggi della gravità.

In questo sfondo, la parabola e quindi la storia di formazione del giovane Hayden Griffin che, muovendosi per interessi del tutto personali, si trova "al momento sbagliato nel posto sbagliato" e fa la differenza, nel più classico del "viaggio dell'eroe".

Basta aprire le pagine del libro per essere immersi in una sequenza di invenzioni narrative, di colpi di scena, capovolgimenti di fronte, quasi senza soluzione di continuità. Tutti i personaggi sembrano avere qualcosa da dire, una intenzione nascosta agli altri, che fa scaturire conflitto e quindi tensione narrativa.

L'infodump c'è, e talvolta sommerge, ma è una scelta voluta. Schroeder infatti non si lascia tentare dal dogma dello "show don't tell" a ogni costo, cercando un bilanciamento, non sempre del tutto riuscito, tra mostrato e raccontato.

Quello che ne risulta è una moderna "satura", nel suo senso originale, proveniente dall'antica Roma, di "miscuglio", di mescolanza di suggestioni e che provoca pienezza. In tal senso derivava dal concetto di piatto ricco ingredienti e di sapori, anche contrastanti.

Il riconoscimento degli ingredienti dei quali è composto il piatto dipenderà dalle vostre esperienze in materia di letture.

Con così tanta varietà, potreste ritrovarvi dentro familiari atmosfere da Space Opera, sia in un'accezione classica che più moderna (impossibile prescindere da Star Wars o Leiji Matsumoto), ma anche Patrick O'Brian, Robert Louis StevensonAlexandre Dumas, ai quali si somma il rigore scientifico di Greg Egan.

Forse nessuno degli elementi preso da solo è veramente originale, ma il divertimento in questo caso scaturisce dal come questi sono miscelati.

Non ho letto in originale il ciclo di Schroeder, denominato Virga Series, composto al momento da altri quattro romanzi. Ma ritengo che il prosieguo della saga metterà in luce altri dettagli delle costruzione narrativa che traspaiono da questo volume e non hanno in esso trovato posto, nonché continuare l'arco narrativo dei personaggi arrivati alla fine del volume.

Fantasy, fantascienza, avventura. Importa veramente il "genere"?

Posso dire che per molti elementi questo romanzo può affascinare i lettori della "fantasy" propriamente detta, sempre che esista. Per questo lo consiglierei senza indugio ai nostri lettori.

Ma Il sole dei soli è la dimostrazione che quello che conta è una buona narrazione, capace di intrattenere senza per questo essere sciatta e superficiale. Un romanzo per lettori capaci di superare simili steccati. 

Ora l'attesa è per il secondo volume della saga, che la "giovane" casa editrice Zona 42 dovrebbe pubblicare più avanti. 

Il progetto di Zona 42, iniziato lo scorso anno, è quello di lettori che, non trovando nelle nostre librerie alcune opere lette in originale, ritenute meritevoli di edizione italiana, hanno deciso di mettersi in gioco come editori anziché invocare un presunto complotto degli "editori brutti sporchi e cattivi che snobbano le opere buone in favore delle schifezze". Un approccio costruttivo, perseguito allo scopo di consigliare ad altri lettori romanzi ritenuti validi. Un approccio che guarda anche all'Italia, senza preconcetti verso i nostri autori, visto che nel loro catalogo, oltre a nomi come Ian McDonald e Charles Stross e Jon Courtenay Grimwood, è presente il nostrano Andrea Viscusi.

Nonostante l'editore pubblichi anche in digitale, molta cura viene data al prodotto cartaceo, quindi alla qualità della stampa e del volume in sé.

Quella che sembra una ciliegina sulla torta, ossia il nome del traduttore (o dei traduttori in questo caso, gli esperti Silvia Castoldi e Marco Passarello) in copertina. Un segnale della volontà di dare dignità autoriale all'atto della traduzione.

Concludo riportando una frase dalla pagina "chi siamo" del sito dell'editore che mi sembra calzi a pennello anche per questo titolo:

"[...] Crediamo nelle qualità letterarie del genere, crediamo nella sua capacità di suscitare meraviglia ed emozione, riteniamo la fantascienza uno degli strumenti più utili a riflettere sulla contemporaneità, senza per questo rinunciare alla capacità d’intrattenimento insita al genere.[..]"

Buon divertimento e buona lettura.