La cosa marrone chiaro e altre storie dell'orrore è un'antologia di racconti (più il romanzo breve) di Fritz Leiber, autore fondamentale del fantastico.

Racconti inediti, ma non per questo non significativi di una produzione sterminata, ma qualitativamente alta, scelti e tradotti da Federico Cenci.

In un progetto simile, più che alla qualità del singolo racconto, mediamente alta, si giudicano le motivazioni complessive e l'apparato critico di contorno.

Questo non manca, perché il curatore ci tiene a precisare, senza mezzi termini, quale sia il suo approccio, sin dal titolo: dare all'opera di Leiber un posto chiaro e netto nella letteratura dell'orrore.

E lo fa non solo scegliendo racconti ricchi di tensione, di brivido, raccapriccio e di cupa disperazione, ma anche affermando provocatoriamente, nell'introduzione: 

"Se iniziassi quest’introduzione affermando che di tutta la produzione di Fritz Reuter Leiber Jr (1910-1992), dai primi racconti usciti nei pulp magazine alla fine degli anni Trenta alle ultime opere in volume degli anni Ottanta, le storie riconducibili al genere horror sono in assoluto le più significative, rischierei di suscitare indignazione in tutti coloro che amano Leiber per ciò che scrisse nel campo della fantascienza e della fantasy, gli altri due generi di letteratura fantastica nei quali eccelse. Eppure non mi starei discostando di un millimetro dalla verità."

Rimango perplesso, non indignato, quando si usa la parola "verità" in critica letteraria.

L'esercizio dell'opinione è legittimo, così come la volontà di ribadire la grandezza dell'autore nell'horror, ma mi rende perplesso lo scatto di reni, il tentativo di mettere una testa avanti in una ipotetica gara, nel nome di una presunta, chiara e netta distinzione tra generi.

Già il fantastico è vituperato da chi suppone una superiorità del mimetico, se poi ci si devono mettere distinguo tra le branche del fantastico, forse possiamo tutti dedicarci ad altri hobby.

Alla prima lettura di tale introduzione si può rimanere perplessi. Ma è meglio non fermarsi. Il resto dell'articolo è in realtà ben documentato sull'intero percorso di Leiber e argomenta la provocazione iniziale, dimostrando tutt'altro che saccenza, bensì una conoscenza profonda del percorso artistico dell'autore, e molta passione. Doverosa giunge l'argomentazione sulla opinione del curatore sulla valenza del Leiber dell'horror rispetto a quello della fantasy e della fantascienza.

A mia personale opinione, leggendo i racconti, non riesco a incasellarli in una netta classificazione, tanto sono contaminati e ricchi di spunti.

Se La villa del ragno (Spider Mansion) ha elementi di orrore gotico, tratta anche di manipolazione genetica; il successivo Il signor Bauer e gli atomi (Mr Bauer and the Atoms) fa oggetto dell'orrore la paura della fissione nucleare; il teso e concentrato Qualcuno urlò: strega! (Cry Witch!) mi ha ricordato la struttura asciutta di Jean Ray con tutte le sue suggestioni; Il demone del cofanetto (The Casket-Demon) è un apologo sul potere dei media; Richmond, fine settembre, 1849 (Richmond, late September)  è un omaggio metaletterario a Edgar Allan Poe; il romanzo breve, in due parti, che dà il titolo all’antologia è un proto-urban fantasy, anch'esso meta-letterario, complesso e spiazzante; Fantasie paurose (Horrible Imaginings) è immerso in un paesaggio urbano che si costella di inquietudini, di dubbi e spiazzamenti; il conclusivo Il nero ha il suo fascino (Black has its Charms) è leggibile come una spiazzante ghost story.

Conclude l'affascinante percorso l'articolo del 1977  Weird Tales: un amore a distanza, nel quale è lo stesso Leiber a descrivere il suo rapporto nel tempo con la rivista.

A prescindere dai proclami del curatore, è mia opinione che l'antologia, pubblicata tra l'altro a poca distanza da un recupero della fantascienza di Leiber da parte di Urania (www.fantasymagazine.it/notizie/23268/urania-millemondi-71-il-libro-dello-spazio/) rafforzi l'idea di un autore complesso, seminale e fondamentale in ogni biblioteca degli amanti del fantastico, ma non solo, di tutta la buona letteratura.

In ogni sua forma e declinazione.