È un brutto momento per Mark Watney, astronauta della NASA impegnato nella missione Ares 3, ossia il terzo sbarco su Marte dell'umanità.

In seguito a una catena di imprevedibili circostanze i compagni di missione hanno dovuto lasciare il pianeta prima del tempo, ritenendolo morto.

Ma le notizie sulla dipartita di Mark sono decisamente esagerate. Quella che comincia nelle prime pagine di L'Uomo di Marte di Andy Weir è quindi la storia di come Mark Watney è sopravvissuto a uno degli ambienti più ostili conosciuti dall'uomo, affidandosi solo a quanto rimasto di attrezzature e materiali della sua missione e di come rocambolescamente è riuscito a tornare sulla Terra.

Come sia possibile, o reso plausibile il tutto dall'autore è compito vostro scoprirlo, in un romanzo nel quale ogni pagina tira l'altra, pieno di colpi di scena e di emozioni.

L'epopea marziana di Watney, narrata cercando di non piegare troppo le esigenze narrative alla verosimiglianza scientifica, se non quando reso necessario dalla tensione drammatica, riesce a ritornare, mutatis mutandis, quasi alle origini, in un corto circuito che deve al John Carter di Edgar Rice Burroughs più di quanto non si creda.

All'epoca di John Carter, Marte era un luogo dell'immaginario lontano tanto quanto isole sperdute nell'oceano. Alla luce delle conoscenze dell'epoca, le sue avventure fantastiche apparivano come una delle possibilità aperte da un immediato futuro.

Adesso che invece sappiamo che è un luogo tecnicamente alla nostra portata, sia pure con un dispendio di risorse enorme, Marte può essere l'ambientazione di un'avvincente avventura contemporanea, narrante di come affrontare le sfide di un ambiente estremo.

Mark Watney è per lo più un uomo solo, ma in realtà non lo sarà veramente. 

L'Uomo di Marte vuole essere un romanzo che dimostra che un uomo solo può rappresentare l'umanità e il valore dell'unione del gruppo. Se può sembrarvi un paradosso date le premesse è perché una missione spaziale è comunque una espressione corale. La celebre frase di Neil Armstrong sintetizza il concetto. 

La somma di energie, di risorse tecniche, economiche e umane, è assolutamente necessaria per obiettivi di portata così ampia.

Come capita spesso nella narrativa scientifica e fantascientifica, alcune scoperte più recenti hanno fatto invecchiare precocemente il romanzo, che va quindi contestualizzato nonostante la sua prima pubblicazione sia del 2011. 

Anche questo è paradossale, ma sembra che il pianeta rosso ci stia riservando sempre più sorprese.

L'uomo di Marte rimane un romanzo che è un piacere leggere, nell'attesa dell'imminente arrivo al cinema della sua trasposizione. L'esperienza libraria è comunque un'altra cosa e ne vale la pena.