Mio fratello maggiore torna a casa nelle ore buie prima dell’alba, quando perfino i fantasmi riposano. Puzza di acciaio e carbone e fornace. Puzza di nemico.

Infila il corpo da spaventapasseri attraverso la finestra, posa i piedi nudi, silenziosi, sul tappeto di giunchi. Il vento caldo del deserto lo segue all’interno e fa frusciare le tende morbide. Il blocco da disegno gli cade a terra, e lui lo calcia in fretta sotto il letto, come fosse un serpente.

Dove sei stato, Darin? Nella mia testa, ho il coraggio di fargli questa domanda, e lui si fida abbastanza di me da rispondere. Perché continui a sparire? Perché, se sai che il nonno e la nonna hanno bisogno di te? Che io ho bisogno di te?

In questi ultimi due anni, ho desiderato chiederglielo ogni notte. E ogni notte mi è mancato il coraggio. Mi è rimasto solo un fratello. Non voglio che mi tagli fuori come ha fatto con tutti gli altri.

Ma stanotte è diverso. So cosa c’è nel suo blocco da disegno.

So cosa significa.

“Non dovresti essere sveglia.” Il mormorio di Darin mi riscuote dai miei pensieri. Ha un intuito felino per le trappole: l’ha preso da nostra madre.

Mentre accende la lampada, mi alzo a sedere. Far finta di dormire non ha senso. “L’ora del coprifuoco è superata da un pezzo, e ho sentito passare tre pattuglie. Ero preoccupata.”

“So come evitare i soldati, Laia. Sono superallenato.” Appoggia il mento sul mio letto e mi sorride col sorriso dolce, sbilenco di nostra madre. Uno sguardo familiare, quello che mi rivolge quando mi sveglio da un incubo o quando restiamo senza grano. Andrà tutto bene, dice quello sguardo.

Prende il libro sul mio letto: Incontri della notte. “Il titolo è inquietante. Di cosa parla?”

“L’ho appena cominciato. Parla di un ginn che…” Mi fermo. Astuto, molto astuto. A Darin piace ascoltare storie tanto quanto a me piace raccontarle. “Dove sei stato? Il nonno ha avuto una decina di pazienti stamattina.”

E siccome non può fare tutto da solo, mi è toccato sostituirti. E così non ho potuto aiutare la nonna nel riversare la marmellata del bottegaio nei vasetti. Ma non ha finito. E ora lui non ci pagherà, e quest’inverno moriremo di fame, e perché mai, dei del cielo, a te non importa nulla?

Dalla faccia di Darin il sorriso è già svanito. “Non sono tagliato per fare il guaritore. Il nonno lo sa.”

Vorrei lasciar perdere, ma poi penso alle spalle curve del nonno stamattina. Penso al blocco da disegno. “Il nonno e la nonna dipendono da te. Parla con loro, almeno. Sono mesi che…”

Aspetto che mi dica che io non capisco. Che dovrei lasciarlo stare. Ma lui scuote semplicemente la testa, si lascia cadere sul letto e chiude gli occhi come se non avesse voglia di ribattere.

«Ho visto i tuoi disegni.” Le parole mi schizzano fuori di colpo, e Darin si rialza in un istante, col viso impietrito. «Non ti stavo spiando”, spiego. “Si è staccata una pagina. L’ho trovata stamattina, mentre cambiavo il tappeto.”

«Ne hai parlato coi nonni? L’hanno visto?”

“No, ma…”

“Laia, ascoltami.”

Per tutti gli inferi, non voglio sentirlo. Non voglio sentire le sue scuse.

«Quello che hai visto è rischioso. Non devi parlarne con nessuno. Mai. Non è solo la mia vita a essere in pericolo. Ci sono altri…”

“Lavori per l’Impero, Darin? Lavori per i marziali?”

Credo di leggergli la risposta negli occhi, e sto male. Mio fratello tradisce il suo popolo? Mio fratello sta dalla parte dell’Impero?

Se avesse fatto incetta di grano, o venduto libri, o insegnato ai bambini a leggere, avrei capito. Sarei orgogliosa di lui per avere fatto ciò che io non oso fare.

L’Impero assalta, imprigiona e uccide per “crimini” del genere, ma insegnare l’alfabeto a una bambina di sei anni non è una cattiva azione… Non per come la vede la mia gente, non per noi dotti.

Ma quello che Darin ha fatto è disgustoso. È un tradimento.

“L’Impero ha ucciso i nostri genitori”, sussurro. «Nostra sorella.” Vorrei inveire, ma le parole mi muoiono in gola.

I marziali hanno conquistato le terre dei dotti cinquecento anni fa e, da allora, non hanno fatto altro che opprimerci e schiavizzarci. Un tempo, l’Impero dei Dotti ospitava le università e le biblioteche migliori del mondo. Ora, la maggior parte di noi non sa distinguere una scuola da un’armeria.

“Come hai potuto passare dalla parte dei marziali? Come, Darin?”

“Non è come pensi, Laia. Ti spiegherò tutto, ma…” Tace di colpo e, quando insisto per avere i chiarimenti promessi, mi zittisce subito con un gesto della mano. Alza la testa verso la finestra.

Attraverso le pareti sottili sento il nonno russare, la nonna rigirarsi nel sonno, il canto sommesso di una tortora luttuosa. Suoni familiari. Suoni di casa.

Darin sente qualcos’altro. D’un tratto impallidisce, e un lampo di paura gli accende lo sguardo. “Laia, è un’incursione.»

«Ma se lavori per l’Impero…” Allora perché i soldati se la prendono con noi?

«Non sto lavorando per i marziali.” Darin sembra calmo. Più calmo di me. «Nascondi il blocco da disegno. È quello che vogliono. È per quello che sono qui.” Poi schizza fuori della porta.

Io resto sola. Le mie gambe nude si muovono lente come lumache, le mie mani sono blocchi di legno. Sbrigati, Laia!

Di solito, l’Impero attacca in pieno giorno. I soldati vogliono che le madri e i figli dei dotti assistano. Vogliono che i padri e i fratelli vedano la famiglia di un altro uomo ridotta in schiavitù . Ma per quanto le incursioni diurne possano essere brutte, quelle notturne sono ancora peggio: sono quelle che l’Impero sceglie quando non vuole testimoni.

Mi chiedo se sia tutto reale. O se sia solo un incubo.

È reale, Laia. Muoviti.

Lancio il blocco da disegno fuori della finestra, dentro una siepe. E ` un misero nascondiglio, ma non ho tempo.

La nonna entra barcollando nella mia stanza. Le sue mani, così ferme quando rimesta recipienti zeppi di marmellata o mi fa le trecce, ora tremano come uccellini irrequieti, nell’urgenza che io mi muova alla svelta. Mi trascina nel corridoio.

Mio fratello è accanto alla porta sul retro. A fianco a lui c’è il nonno, coi capelli bianchi scarruffati come un mucchio di fieno e coi vestiti stropicciati, ma senza traccia di sonno nei solchi profondi del viso. Mormora qualcosa a Darin, poi gli porge un coltello da cucina, il più grosso di tutti. Non so perché si disturbi a farlo. Contro la lama di un marziale, fatta di puro acciaio di Serra, il coltello non potrà che frantumarsi.

“Voi ragazzi fuggite dal cortile posteriore”, dice la nonna, con gli occhi che guizzano da una finestra all’altra. “Non hanno ancora circondato la casa.”

No. No. No. «Nonna…” bisbiglio, incespicando quando lei mi spinge verso il nonno.

«Nascondetevi all’estremità orientale del quartiere…” La frase finisce in un rantolo, lo sguardo è incollato alla finestra sul davanti.

Attraverso le tende sfilacciate intravedo una faccia d’argento liquido. Mi si stringe lo stomaco.

“Una Maschera”, dice la nonna. “Scappa, Laia. Prima che entri.”

“E tu? E il nonno?”

“Li terremo a bada.” Il nonno mi spinge gentilmente fuori della porta. “Tieni per te i tuoi segreti, tesoro. E ascolta tuo fratello. Si prenderà cura di te. Vai adesso.”

Mentre la porta si chiude alle nostre spalle, sento che Darin mi afferra la mano. Cammina sciolto per fondersi nella notte calda, muovendosi silenzioso sulla sabbia friabile del cortile posteriore con una sicurezza che vorrei tanto avere anch’io. Ho diciassette anni e sono abbastanza grande per controllare la paura, ma mi aggrappo alla sua mano come se fosse l’unico appiglio solido di questo mondo.

Ripenso alle parole di Darin: Non sto lavorando per i marziali.

E allora per chi? In un modo o nell’altro è riuscito ad avvicinarsi alle fornaci di Serra almeno quanto basta per poter disegnare nel dettaglio il processo di creazione della risorsa più preziosa dell’Impero: la scimitarra ricurva e infrangibile capace di trafiggere tre uomini in un colpo solo.

Mezzo millennio fa, noi dotti ci siamo sgretolati sotto l’invasione dei marziali perché le nostre spade si sbriciolavano contro il loro acciaio di qualità superiore. Da allora, non abbiamo imparato nulla sulla lavorazione dell’acciaio. I marziali custodiscono i loro segreti come gli avari custodiscono l’oro. Chiunque venga sorpreso nei pressi delle fornaci della città senza una buona ragione – che si tratti di un dotto o di un marziale – rischia l’esecuzione.

Se Darin non è al servizio dell’Impero, come ha fatto ad avvicinarsi alle fornaci di Serra? E come hanno fatto i marziali a sapere del suo blocco da disegno?

Dall’altro lato della casa, un pugno batte forte sulla porta principale. Stivali che strascicano, lame che tintinnano. Mi guardo intorno furiosamente, aspettandomi di veder spuntare l’armatura argentata e i mantelli rossi dei legionari dell’Impero, ma il cortile è tranquillo. L’aria fresca della notte non riesce a impedire al sudore di scivolarmi giù per il collo. In lontananza, sento il rumore sordo dei tamburi proveniente da Rupenera, la scuola di addestramento delle Maschere. Quel suono intensifica la mia paura, una fitta acuta e pungente al centro del petto. L’Impero non spedisce quei mostri dalla faccia d’argento a ogni incursione.

Bussano di nuovo.

“Nel nome dell’Impero, vi ordino di aprire questa porta”, ingiunge una voce irritata.

Come fossimo una persona sola, io e Darin rimaniamo pietrificati.

“Non sembra una Maschera”, sussurra lui.

Le Maschere parlano sottovoce con parole taglienti come scimitarre. Nel lasso di tempo impiegato da un legionario per bussare e impartire un ordine, una Maschera sarebbe già entrata in casa e avrebbe ucciso chiunque avesse trovato sul suo cammino.

Darin mi guarda negli occhi e so che stiamo pensando la stessa cosa. Se la Maschera non è con gli altri soldati davanti alla porta principale, allora dov’è?

“Non temere, Laia”, mi dice. “Non permetterò che ti accada nulla.”

Vorrei credergli, ma la paura è una marea che mi strattona le caviglie e mi tira giù . Ripenso ai nostri due vicini: aggrediti, imprigionati e venduti come schiavi tre settimane fa. Contrabbandieri di libri, è stata l’accusa. Cinque giorni dopo, uno dei pazienti più anziani del nonno, un novantatreenne che riusciva a stento a camminare, è stato giustiziato in casa, con la gola tagliata da orecchio a orecchio. Collaboratore della Resistenza.

Cosa faranno i soldati ai nonni? Li metteranno in prigione? Li faranno diventare schiavi?

Li uccideranno?

Raggiungiamo il cancello posteriore. Darin si mette in punta di piedi per togliere il chiavistello, ma un rumore stridulo nel vicolo lo fa bloccare per un istante. Un leggero colpo di vento solleva una nube di polvere nell’aria.

Darin mi spinge dietro di sé. Mentre il cancello si spalanca con un gemito, lui tiene le dita strette intorno al manico del coltello; le sue nocche sono bianche per lo sforzo.

Il terrore mi corre lungo la spina dorsale. Sbircio nel vicolo nascosta dietro la schiena di mio fratello. Non c’è nulla là fuori a parte il lieve fruscio della sabbia che si muove. Nulla, se non l’accidentale folata di vento e le imposte chiuse dei vicini che dormono. Tiro un sospiro di sollievo e sorpasso Darin.

Ed ecco che, all’improvviso, la Maschera emerge dall’oscurità e varca il cancello.

(Continua)