In un futuro distopico e postapocalittico, mille anni dopo i Sette Giorni del Fuoco, Terra ed esseri umani sono stati distrutti e decimati e l’ecosistema ha subito profonde trasformazioni. La causa di tutto è l’atteggiamento dell’uomo, che ha lottato contro i propri stessi simili in una guerra di supremazia attraverso l’utilizzo dei soldati titani, gigantesche creature distruttrici. I pochi regni rimasti conservano l’uso delle armi e di mezzi di trasporto da guerra come velivoli e carri armati, ma lo stile di vita ricorda molto il Medio Evo, sia nelle attività che nei paesaggi.

Nel Regno della Valle del vento, una specie di isola (abbastanza) felice vive un popolo, tollerante e neutrale, che cerca di vivere con rispetto per la terra e quanta più serenità possibile limitando i danni dovuti al Mare Marcio e la Foresta governata dagli Ohm, dei giganteschi insetti con tanti occhi. A capo c’è Jihl, considerato un sovrano illuminato e saggio, purtroppo malato, ma padre della giovane Nausicaä, una pura, a loro sostegno c’è la Veneranda Anziana, che prima dell’inizio di grandi sconvolgimenti ricorda la profezia secondo cui un giorno un uomo vestito di azzurro arriverà su un prato dorato a ristabilire la pace.

La storia di Nausicaä della Valle del Vento è probabilmente uno dei capolavori assoluti di Hayao Miyazaki, oltre che uno dei suoi lavori inediti (fu dapprima pubblicato come manga in albi nei primi anni ‘80).

Oltre che di un bellissimo racconto e di un film d’animazione che meriterebbe di essere visto almeno una volta, si tratta di un grande messaggio di “speranza nonostante tutto”, di estrema fiducia nel genere umano perché, nonostante tanti corrotti, ignavi o indifferenti ci sarà sempre almeno un essere umano motivato dalla voglia di cambiare il mondo, cambiando predisposizione d’animo per migliorare qualcosa. Ci si può nascere, come la giovane Nausicaä, oppure si può diventare sensibili a certe cause.

Nausicaä lo fa nei gesti, nell’atteggiamento positivo, accogliente, coraggioso, impegnato e non perché glielo imponga il proprio status sociale. La giovane è una buona, ma ha anche la fortuna di vivere in un popolo che ha riscoperto valori profondi e che li difende con le unghie e coi denti, e ancora oggi, dopo 31 anni, si ha bisogno di personaggi ispiratori di questo tipo.

C'è una grandissima quantità di personaggi importanti in questo film, da Yupa (Angelo Nicotra), il saggio mentore di Nausicaä (Letizia Ciampa), il popolano Mito (Gerolamo Alchieri) fino all'ambizioso ma ignavo generale Clothowa (Pino Insegno), in missione con la cinica Kshana (Laura Romano). Tanti, ma tutti caratterizzati e definiti, come anche il popolo della Valle, che in alcuni momenti sembra un solo personaggio.

Film del 1984, uscito quindi prima di Chernobyl, prima che fosse di dominio pubblico il dramma dell’Ebola, durante la deforestazione della foresta amazzonica o gli incidenti delle petroliere negli oceani, della caccia alle foche e con sempre vivo il problema dell'estinzione di molte specie animali, molto prima ovviamente del disastro di Fukushima, Miyazaki affronta a modo proprio una tematica drammatica, quella del disastro ambientale e delle guerre, oltre che di condanna dei comportamenti egoistici del genere umano e lo fa con poesia ed eleganza, con un profondo senso dell’arte e un sapiente uso del colore, costruendo una storia appassionante attraverso scorci, immagini e pulsioni evocative sia nei paesaggi naturali che nell’architettura, su cui si muovono i personaggi.

Seppure la qualità dell’animazione sia piuttosto grossolana e poco fluida, il film non ne risente grazie a un ottimo uso della fotografia e a una colonna sonora pensata ad hoc (grazie a Joe Hisaishi). Dunque ciò che prevale è il risultato finale: con Nausicaä emerge un carattere molto eclettico dell’arte miyazakiana: per raccontare una storia senza tempo il regista sembra infatti rendere omaggio, seppur personalizzandole, non solo all’arte inca e maya (pensiamo alla sigla iniziale) ma anche, come farà più avanti con Laputa, al mondo steampunk e all’immaginario piranesiano. Inoltre qualche spettatore più strutturato potrebbe percepire dei riferimenti ai mondi di Tolkeniani, Herbertiani e, senza voler azzardare, qualcosa di Lovecraft.

Purtroppo, come al solito, un discorso a parte va fatto per il doppiaggio, o per essere più precisi, per la ambiziosa missione di Gualtiero Cannarsi & co. legata alla traduzione e all’adattamento nel (forse) rispetto dell’originale.

Seppure il nuovo cast di doppiatori convinca più del primo, e se quanto proposto negli anni ‘80 possa risultare eccessivamente “libero”, stavolta sentiamo una specie di “costrizione linguistica” nel rispettare a tutti i costi i costrutti giapponesi, che nella nostra lingua assumono delle coloriture tutto fuorché auliche, tantomeno arcaiche. Sparute sono le migliorie, e l’unica che meriti di essere menzionata è l’aver restituito la giusta dignità alla Veneranda Anziana (prima chiamata Gran Dama).

E se questa ambizione continua a lasciare perplessi i recensori, come possiamo cercare spiegazioni e giustificazioni per un pubblico che si avvicinerà forse per la prima volta allo Studio Ghibli con Nausicaä e rischierà di rimanere perplesso, con un rischio peggiore: quello di rinunciare a scoprire la ricchezza del cinema d'animazione della scuola di Hayao Miyazaki e Isao Takahata?

Se potessero bastare le immagini…