Dal 17 al 19 febbraio John Howe ha tenuto per la prima volta come docente un workshop dedicato alla progettazione e alla realizzazione di un personaggio fantasy, organizzato da Mimaster. Nell'ambito dei tre giorni, giovedì 18 febbraio alle ore 17, Howe ha tenuto un incontro pubblico presso il Laboratorio Formentini per l'editoria, in via Formentini 10, Milano moderato dal giornalista di La Repubblica Luca Valtorta, al quale è intervenuto Federico Gugliemi, alias Wu Ming 4, scrittore di narrativa e autore del saggio Difendere la Terra di Mezzo.

John Howe in Italia

John Howe in Italia

Articolo di Chiara Codecà Mercoledì, 3 febbraio 2016

Straordinario illustratore di J.R.R. Tolkien, conceptual designer delle due trilogie firmate da Peter Jackson, John Howe terrà un workshop a Milano dal 17 al 19 febbraio, incontrando il grande pubblico il 18 febbraio. 

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Dopo aver definito l'incontro tra Howe e Wu Ming 4 come inevitabile e averli brevemente presentati, Valtorta ha chiesto a entrambi quando sia avvenuto il primo incontro con il mondo narrativo di J.R.R. Tolkien e cosa ha significato per entrambi.

Un Howe intimidito dal caloroso ha raccontato di aver cominciato a leggere la trilogia, da ragazzo cominciando dal secondo volume, Le due torri, proseguendo poi con Il Ritorno del Re, perché nella biblioteca non era disponibile il primo La Compagnia dell'anello.

Più avanti ha riletto il libro nel giusto ordine. Il suo primi approccio al mondo di Tolkien è avvenuto quando era alle superiori, nel 1976 con il calendario tolkieniano, la prima rappresentazione di quel mondo, del quale si è divertito a dare la sua interpretazione Il suo primo lavoro professionale è stato nel 1987.

Interrogato sul film di Ralph Bakshi degli anni '70, Howe ha dichiarato che quel film non era nel suo stile, e di non considerarlo affine alla sua visione di quel mondo. C'è comunque un collegamento tra Bakshi e Jackson. Nella scena dei tre hobbit si nascondo dietro un albero inseguiti dai Nazgul ripresa da lui nel 1991, con un disegno che è stato di riferimento nel film live-action.

Il manifesto di The Lord of The Rings di Ralph Bakshi
Il manifesto di The Lord of The Rings di Ralph Bakshi

Nel caso di Guglielmi, intimidito dalla presenza dell'autore i cui disegni ha “appesi in casa”, come per molti della la generazione di nati tra la fine degli anni '60 e gli inizi dei '70 l'ìncontro è avvenuto grazie al già citato film di Baskhi, che adattava solo metà della storia, lasciandola in sospeso. La curiosità di conoscerne il finale ha portato il giovane Guglielmi, da adolescente, a leggere il romanzo, per poi rimanere avvinto nel mondo di Tolkien, leggendo Lo Hobbit e poi tutti gli scritti del Professore di Oxford via via pubblicati postumi.

Lo studio è arrivato parecchio tempo dopo. Durante le ricerche per il romanzo storico Stella del Mattino, avente per protagonista Lawrence d'Arabia, ambientato dopo la II Guerra Mondiale, decise di inserire Tolkien come personaggio di contorno alla vicende dopo averne studiato la biografia. La passione per l'opera di Tolkien l'ha portato ad essere tra i soci fondatori dell'Associazione Italiana Studi Tolkienani e a scrivere il saggio  già citato, nato allo scopo di liberare da “scorie” accumulatesi negli anni la sua interpretazione.

Come ricorda Wu Ming 4. Nel secondo dopoguerra in Italia il romanzo di Tolkien fu scartato da svariate case editrici. Non c'era la sensibilità nell'epoca del cinema neorealista e della rievocazione della guerra.

Venne recepito da editori schierati a destra, quando nostalgici del ventennio, con una visione politica quindi opposta a Elio Vittorini che fu tra coloro che rifiutarono il romanzo. La chiave di lettura di destra rimane ancora oggi, ancora pubblicata nell'edizione attuale. Una visione che non rispecchia l'intenzione tolkieniana.

Ora dopo i film la critica italiana ha “riaperto il file Tolkien” indagando su una interpretazione più vicina all'intenzione dell'autore.

Howe ha invece spiegato che anche nella sua patria di origine il romanzo, in un contesto diverso, ha avuto letture e interpretazioni contraddittorie. Snobbato dalla cultura accademica, è diventato la bandiera del movimento studentesco universitario. Letto dagli studenti e non dagli adulti, simbolo di controcultura. Questo perché l'allegoria tolkieniana non ha riferimenti storici precisi, trattandosi una storia epica che si presta a differenti interpretazioni a seconda del periodo storico e della cultura di ogni paese, nonostante il coinvolgimento di Tolkien stesso nelle due guerre mondiali, al fronte durante la Prima, e poi vivendo l'apprensione per il destino del figlio durante La Seconda. 

Sia Howe che Wu Ming concordano sul fatto che Italia e mondo anglossassone hanno comunque sottostimato il valore dell'opera tolkienana.

Federico Gugliemi –  Courtesy Mimaster Illustrazione.
Federico Gugliemi –  Courtesy Mimaster Illustrazione.

Per Guglielmi il problema è ancora attuale, testimoniato dal modo in cui il fantasy è pubblicato in Italia, con pubblicazioni indiscriminate di giovani autori, senza distinguere “il buono dalla paccottiglia.”

Una politica figlia dello snobismo della critica letteraria, che considera le fiabe come “roba da bambini” (Tolkien stigmatizzò in Sulla Fiaba questa visione).

Howe, dopo un finto tentennamento (“i don't know”) invece ribadisce come i film di Jackson abbiano fatto uscire dalla nicchia il mondo di Tolkien, dandone una nuova immagine, in continuità con la visione artistica.

Jackson ha dovuto mediare, spiega Howe, tra la visione da fan e le esigenze del regista che deve decidere cosa funziona al cinema e cosa no. Cosa togliere e cosa aggiungere per un'opera che sia autonoma.

Per Howe, in ogni caso, non c'è pericolo che un brutto film danneggi il libro. Se il film è bello sarà di beneficio al film, se è brutto il romanzo rimane un capolavoro.

Wu Ming ha spiegato che considera Tolkien come autore poliedrico: scrittore, linguista, disegnatore, pertanto lo considera un anticipatore della moderna “trans-media-story-telling”. Autore di un progetto di ampio respiro che, nella stessa visione di Tolkien, si presentava come ampliabile da diverse arti: “Other hands and other minds”. Cosa che è veramente successa, tra illustratori e musica. Pertanto il mondo è diventato così articolato che era necessario che il grande cinema arrivasse a quel mondo, rivolgendosi agli illustratori.

Di contro l'immaginario è da considerarsi saturo di quella visione, influenzata dai film. Wu Ming sfida chiunque a pensare a Frodo e Gollum diversi da come li abbiamo visti al cinema, così come i paesaggi.

Sula base di queste considerazioni Wu Ming ha quindi chiesto a Howe come secondo lui si possa andare avanti nel rappresentare in modi nuovi il mondo di Tolkien.

Lee Pace, Peter Jackson e Luke Evans sul set di Lo Hobbit: la battaglia delle cinque armate
Lee Pace, Peter Jackson e Luke Evans sul set di Lo Hobbit: la battaglia delle cinque armate

L'artista ha risposto che secondo lui è un problema diffuso con molte opere dell'immaginario (Alice in Wonderland, Il Mago di Oz) e che l'interpretazione di un'opera dipende dai riferimenti (o dalla loro mancanza) dell'artista, pertanto l'opera di Tolkien, priva di riferimenti storici, è più aperta a future interpretazioni, dipendenti dall'epoca storica e da diverse sensibilità. Come sarà il futuro non lo sa, e non si può conoscere oggi cosa susciterà ammirazione in futuro. Ma si è detto certo che arriveranno.

Il problema è che si dovranno confrontare con visioni differenti, con le aspettative di fan che molte volte sanno cosa “non vogliono”, sanno dire che una certa interpretazione non gli piace, ma non saprebbero dire come rappresentarla.

John Howe – Courtesy of MiMaster Milano
John Howe – Courtesy of MiMaster Milano

Per Howe la società moderna è troppo concentrata su presente e futuro, senza spazi per il ricordo, per il passato. Il fantasy e Tolkien danno una risposta a questa esigenza.

In particolare Tolkien, attingendo a fiabe e mitologia, evoca universi che ci affascinano perché abbracciano interi universi e culture. Tolkien riscrive con una lingua più moderna quei miti che nella loro forma originale non riuscivano più ad affascinarci.

Si augura che Difendere la terra di mezzo possa essere tradotto, perché possa aiutare a liberare Tolkien dalle interpretazioni legate troppo al contesto storico e sociale.

Interrogato sul suo approccio al disegno dei personaggi, Howe ha spiegato che non si è potuto basare sui libri, perché Tolkien lascia ampia libertà, non dando descrizioni troppo accurate. Si è quindi basato sulle emozioni descritte, suscitate ed evocate dalla parola scritta, mediate dalla sua sensibilità e dal suo vissuto.

Incalzato sullo specifico di Gollum nei film, Howe ha spiegato che sul set l'artista concettuale è solo un aiuto al regista per la visualizzazione. Il lavoro dell'artista non ha nulla di garantito, ma è suscettibile di modifiche per rendere al meglio sullo schermo. Nel processo entrano tutti i soggetti, fino agli attori, e che il risultato finale è ottenuto con il merito di tutti, senza distinzioni, perché ognuno aggiunge la sua esperienza e il suo mestiere. Gollum è quindi un'opera collettiva.

Sulle divergenze tra film e libri, Guglielmi ha risposto di non essere interessato alla questione. Però secondo lui l'immagine immobile, per esempio l'illustrazione, certe volte è più pregnante.

Ha preso come esemepio l'immagine di Howe chiamata Bag End, del 1995, ripresa anche dal film Lo Hobbit

Bag End – John Howe 1995
Bag End – John Howe 1995

Secondo lui, l'immagine centre il tema fondamentale di Lo Hobbit: il viaggio, che inizia da quello che in francese è chiamato cul-de-sac. La porta aperta mostra la destinazione del viaggio. I cappucci dei nani ci dicono che sono già dentro e stanno per partire con Bilbo, in un viaggio da e verso questo luogo accogliente. Senza figure umane, per Guglielmi l'immagine illustra quindi l'intero romanzo.

Nella parte delle domande pubbliche, ho preso l'iniziativa e ho chiesto a Howe se l'immaginario di Star Wars, per fare un esempio, abbia influito sulla visualizzazione dei film di Jackson, debitori al cinema di Lucas e Spielberg.

Pur essendo d'accordo sulle influenze di Jackson, per Howe è sempre difficile stabilire chi influenza chi. È noto che Lucas ha attinto al viaggio dell'eroe campbelliano, creando un'epica. Ha quindi attinto allo stesso materiale d'origine di Tolkien. E ha attinto alla comune fascinazione di quella generazione di cineasti per l'epica.

In comune con il mondo di Tolkien per Howe Star Wars ha l'idea di una spiritualità separata dalla religione, rappresentata dalla Forza, analoga alla magia che permea la Terra di Mezzo, rappresentata da concetti come l'immortalità degli Elfi, tutti da approfondire. Il non fare riferimenti a una religione risponde a una esigenza di spiritualità come rifugio da una società sempre più tecnologica, sempre più avvertito e diffuso, testimoniato dalla grande diffusione odierna del fantastico.

Howe si pone una semplice domanda: i denigratori del fantastico, non si chiedono come mai persone normali siano affascinati da questi mondi? Non sarà forse una normale esigenza tutt'altro che da denigrare?

Più pragmatica la domanda della nostra Chiara Codecà, che ha seguito i tre giorni del workshop, la quale ha chiesto i dettagli del processo creativo che porta dal concetto all'immagine sul set.

Howe ha spiegato che il processo è lungo, parte dagli schizzi proposti al regista, che poi subivano trasformazioni e revisioni. Il passo successivo era un modello fisico o in CGI 3D, sulla base del quale decidere quali parti conservare, quali cambiare, quali realizzare fisicamente e quali in digitale. Dopo le riprese, il lavoro artistico continuava sulle parti che dovevano essere ricostruite in digitale, da sovrapporre alle parti in verde. In alcuni casi le scenografie sono state tutte completamente in digitale.

Ian McKellen
Ian McKellen

A Howe è stato infine posto se condivide l'affermazione che “I draghi di valore sono quelli rari”, e cosa ne pensa delle varie rappresentazioni di draghi.

“In sostanza”, ha riassunto Howe cominciando la sua risposta, “ mi stai chiedendo perché mi piacciono i Draghi?”

Howe ha affermato che secondo lui i Draghi sono affascinanti nella cultura occidentale perché rappresentano creature misteriose e pericolose. I draghi sono metafora della cultura di conquista in occidente, e hanno bisogno per esistere dell'uomo che si batte contro di lui. Nella cultura orientale sono creature indipendenti, che hanno a che fare con gli elementi e in alcuni casi, con l'origine del mondo stesso. Per i babilonesi dai draghi si originava il mondo stesso, per altre culture, con un significato escatologico saranno causa della fine.

Per il fantasy moderno c'è una nuova visione della metafora del drago, dovuta alle autrici fantasy donne come Ursula K. Le Guin e Robin Hobb, che li rappresentano come creature senzienti, affascinanti con le quali rapportarsi.

The Dragons of Earthsea – John Howe
The Dragons of Earthsea – John Howe

In sostanza “i draghi sono fighi”, ha concluso Howe, terminando un incontro pieno di affascinanti spunti, durante il quale abbiamo scoperto un'artista colto che, nonostante la dichiarata timidezza, ha suscitato un grande empatia nel pubblico intervenuto.