Qual è il tuo genere fantasy?

Innanzitutto, ringrazio te, Claudia, e la redazione di Fantasy Magazine per questa intervista che mi dà la possibilità di parlare direttamente ai lettori.

La mia passione per il fantasy affonda le sue radici, molto probabilmente, nei miei studi classici: mostri leggendari, eroi che compiono imprese straordinarie, divinità bizzose, erano tra i miei preferiti al liceo. Ricordo con piacere il compito che al ginnasio il Prof. Perconte ci assegnò: riportare su una rubrica, volta per volta, nome e caratteristiche dei personaggi mitologici dell'Eneide. Nelle mie ricerche, su libri ed enciclopedie (negli anni ’80 non c’era internet), cercavo non solo le notizie ma anche le immagini, e se non trovavo illustrazioni le immaginavo o le disegnavo io stesso. Quindi, prima di ogni cosa viene la mitologia greca e romana. Per gli stessi motivi, mi piaceva tantissimo la Divina Commedia, e ben prima degli studi scolastici, rimanevo affascinato dalle immagini potenti e suggestive di Gustavo Dorè, a casa dei miei genitori, che arricchivano una bella edizione, ancora presente ad Aversa.

<i>Il Signore degli Anelli</i>
<i>Il Signore degli Anelli</i>

Alcuni anni dopo, in una sera d'estate al mare, mio cugino Vincenzo, che era venuto a trovarci per qualche giorno in vacanza in Calabria, mi raccontò quanto gli fosse piaciuto un libro, Il Signore degli Anelli, di un "certo" Tolkien. Mi si aprì un mondo straordinario: di Tolkien ho quasi tutto quello che è stato pubblicato in italiano – dalla Rusconi prima e dalla Bompiani dopo, compreso un esemplare di una edizione di mille copie – oltre che le edizioni speciali dei DVD e dei Blu-ray dei film di Peter Jackson e alcune edizioni a fumetti: Aragorn e Gandalf sono tra i miei personaggi preferiti, ma è anche tutto il processo di costruzione del ricco e complesso universo immaginario tolkeniano che mi affascina. In fatto di fantasy, i miei gusti sono abbastanza ampi, e comprendono Conan (film e libri) e Harry Potter (sono fermo ai film per adesso), le cronache di Thomas Covenant l'incredulo e il Mondo Disco di Terry Pratchett e, per venire all'urban fantasy, anche il Percy Jackson cinematografico. Ma vi sono anche i miti greci narrati da Luciano De Crescenzo, al quale si ispira uno dei personaggi che compaiono nel mio racconto. Avrei bisogno di un aItro paio di vite per leggere e vedere fantasy, e devo ancora finire di leggere molti volumi della mia collezione di Urania Fantasy, idem per le centinaia di Urania di fantascienza accumulati nel corso degli anni. Inoltre, ci sono le più recenti produzioni che ancora non conosco, quindi, interi mondi sconosciuti ancora da esplorare.

La tua esperienza con la bellissima saga Urban Fantasy Heroes
i daimon di pandora
i daimon di pandora

UFH mi è subito piaciuta, grazie al bellissimo episodio di apertura di Emanuele Manco, I Daimon di Pandora: grande l’idea di demoni che si nascondono e utilizzano i dispositivi elettronici, quelli dai quali siamo circondati a casa e al lavoro, per “entrare” nella nostra realtà. Ho apprezzato molto anche l'ironia adoperata per far esprimere i personaggi, ottimo contraltare agli eventi incredibili e drammatici narrati nella storia. Livello mantenuto anche nei successivi episodi, da tutti i bravi autori che si sono avvicendati ai testi, dopo essere stati selezionati da Emanuele tramite l'apposito contest lanciato sul forum della Writers Magazine Italia.

I temi trattati dalla saga UFH sono stimolanti e le possibilità di approfondimento le più varie, se solo si pensa alle attuali applicazioni delle nuove tecnologie e a quelle che sono ormai imminenti, come ad esempio l'utilizzo che può essere fatto dei c.d. “Big Data”. Al centro, però, ci sono sempre i personaggi, con la loro umanità, le loro pulsioni, le reazioni diverse che ognuno può avere di fronte alla possibilità di avere “super poteri”: qui la fonte del potere (o la chiave di accensione, o ancora il tramite, si chiarirà tutto mano a mano che si procede nella saga) sono proprio i dispositivi elettronici che consentono l'ingresso ai demoni nella nostra realtà. Come quel potere verrà usato, come quel dono trasformerà il beneficiario è tutto da vedere. Immaginiamo che ad un tratto una persona abbia i poteri di Superman (volare, superforza, raggi X), come si comporterà? Si arricchirà? Aiuterà gli altri? Scapperà via? Avrà un esaurimento nervoso? La risposta sarà diversa in base alla storia personale e dal contesto. UFH ci pone di fronte a questo dubbio: cosa farei io, in quella situazione? E, in modo divertente, ci spinge a riflettere.

Probabilmente, una delle principali forze di UFH è data proprio dalla possibilità di avere – sotto la guida dell'unico “demiurgo”, Emanuele Manco – punti di vista diversi rappresentati nei singoli episodi: eroi e città diverse, ognuno a suo modo protagonista, con caratteristiche differenti, con possibilità di esplorare miti, leggende e tradizioni di svariate latitudini, non sempre conosciute. Ognuno aggiunge ricchezza al quadro complessivo, ognuno apporta un elemento di originalità alla storia e le dà una spinta verso una direzione piuttosto che un'altra. Una grande opportunità per chi legge e per chi scrive queste storie.

La location del racconto è Napoli, casualità o scelta motivata?
L'Adunanza delle Sirene
L'Adunanza delle Sirene

Non poteva essere altrimenti: dopo aver letto il primo episodio, e il regolamento per partecipare al contest, si sono subito formate nella mia testa alcune immagini chiare dello svolgimento, e Napoli era “La città” in cui “dovevo” ambientare la “mia storia”, per vari motivi: per il tipo di “demone” che vi appare (non dico altro, ma il titolo L'adunanza delle sirene mi sembra abbastanza chiaro) che si richiama alle più antiche leggende napoletane, per altri personaggi leggendari meno conosciuti ma che fanno parte della tradizione napoletana e di cui avevo letto nel corso degli anni, perché a Napoli ho fatto l'università (giurisprudenza, presso la Federico II), guarda caso proprio come Gaetano, il giovane protagonista del racconto. Ho inviato il racconto quasi subito, nel maggio 2014, col titolo Diavoli in Paradiso, sperando che potesse essere selezionato: in effetti, venni contattato da Emanuele, in via generale era piaciuto, ma avevo trattato alcuni argomenti in cui proponevo una mia spiegazione di come “funzionano” i poteri e i dispositivi elettronici, nonché sulla natura dei demoni che anticipavano troppo, mentre in un progetto di così ampio respiro alcune informazioni vanno date poco per volta. Emanuele ha così voluto aspettare il momento più adatto per proporre la mia storia. Con mio grande piacere, la seconda stagione è stata aperta dal bellissimo romanzo di Valeria Barbera, che conosco e stimo come persona e scrittrice, Eroe in prova, ambientata proprio a Napoli: nell'editare il racconto lo scorso dicembre, sotto la guida accorta e tranquilla di Emanuele, e nell'operare le necessarie modifiche in linea con la continuity formatasi con altri episodi, quindi, è stato bello poter inserire elementi, che in maniera naturale, si ricollegano proprio all'episodio di Valeria, e che arricchiscono il disegno generale.

Eroe in prova
Eroe in prova

L'ambientazione napoletana ha richiesto innanzitutto un lavoro di ricerca, per poter essere più fedele possibile a certi particolari, e chi conosce la città può riconoscere i luoghi, e chi non la conosce potrebbe avere la curiosità di andarli a visitare e avere la sorpresa che alcune cose, anche quelle più strane, sono vere. Dico una cosa sola, relativa a un particolare di contorno dell'ambientazione, l'edicoletta votiva del capello di Maradona esiste davvero. Napoli, per certe cose, è unica.

Così come sono unici alcuni suoi abitanti, veri attori nati, che agiscono nella vita di ogni giorno come se al mattino, dopo svegli, cominciassero a recitare le loro parti. Spesso, è un vero teatro all'aperto, 24 ore su 24: io ho solo dovuto guardarmi intorno (pescando nella mia memoria, dato che dal 2002 vivo a Milano, o tra parenti, amici e conoscenti) e ingaggiare gli attori giusti per il mio spettacolo (naturalmente, adattandoli alle mie esigenze, ed enfatizzando alcune caratteristiche).

Elena, donna nostalgica, madre piena di affanni e ricordi…

La figura di Elena è importante: lei è ancora bella e madre di tre figli; da due anni vive senza il marito, Giancarlo Basile, poliziotto, morto prematuramente in un incidente (il nome è un omaggio al mio amico Giancarlo Cassandro, il cognome, a zio Tonino Basile Baldassarre di Grottaminarda). Questa perdita l'ha fatta relegare in casa per due anni, ma, nel momento opportuno, quello della difficoltà, è la madre che dà sicurezza a Gaetano ed è quella che tiene unita la famiglia. Insomma, una figura forse di secondo piano per certi versi, ma è la roccia solida che permette a Gaetano di affrontare i nuovi eventi, che altrimenti lo avrebbero sconvolto. Grazie al suo modo di agire, Gaetano, nonostante tutto, è tranquillo: diversa sarebbe stata la situazione se lei non ci fosse stata, o non avesse avuto quella risposta, nonostante il dolore interno che continua a portare. Questo aspetto della solidità, del fatto di esserci, l'ho probabilmente mutuato in maniera inconsapevole dai miei genitori, grazie ai quali ho sempre preso le mie decisioni in modo sereno.

Gli incontri conviviali, le’’tavolate’’, cosa rappresentano nel tuo racconto e nella città partenopea?

Mangiare è un momento di “comunione”, come ha sempre detto il mio amico padre Vincenzo Romano: si sta a tavola, non tanto per mangiare quanto per condividere l'esperienza e il proprio tempo, per parlare con gli altri, per saper come sta quello, che fa quell'altro. A tavola nascono relazioni e progetti, si condividono sogni e memorie. E quale momento migliore per fare questo che le festività, in particolare quelle natalizie? La mia famiglia in verità è un po' un mix: prima di venire a Milano ho vissuto ad Aversa, dove le tradizioni a tavola sono quasi le stesse di Napoli, mio padre (come mia moglie) è di Benevento, mia madre è siciliana, mentre mia sorella ha aggiunto a tutti questi “saperi” gastronomici quelli relativi ai piatti della tradizione partenopea. Insomma, quando ci ritroviamo a tavola tutti insieme, poiché ci vediamo in genere durante le festività, è sempre una festa, ma anche nelle occasioni normali, stare a “tavola” a Napoli e in Campania conserva il suo significato di importante momento di aggregazione, tempo e lavoro permettendo, perché se ci sono impegni da assolvere, ahimè, si deve correre, a prescindere dalle latitudini.

Il mio racconto si apre proprio con un pranzo, con un paragrafo intitolato “il simposio”, per richiamare i più famosi simposi di Platone e Senofonte, così come le parodie di Luciano e Petronio. A Napoli, il pericolo a tavola, specie durante le feste, è forse quello di mangiare un po' troppo, ma questo almeno i personaggi letterari se lo possono permettere. Nel racconto il pranzo iniziale, che si svolge poco prima di Natale, è il momento in cui conosciamo tutti i principali protagonisti, attraverso una rapida carrellata in cui vengono presentati, già con qualche elemento importante che li caratterizza. Ma “questo” simposio è anche il momento in cui l'elemento fantastico irrompe nella realtà: non dico altro, e lascio ai lettori la degustazione delle pietanze che ho preparato.

La tecnologia che si insinua nella tradizione. A tuo parere, possono coesistere?

Sì, si tratta di un mix che può essere sperimentato, riflettendo su ciò che accade nella realtà: quante volte ci è capitato di meravigliarci scoprendo che persone non più giovanissime sanno usare telefonini e tablet? Le applicazioni delle nuove tecnologie sono ormai storia di tutti i giorni, il futuro è oggi e anche istituzioni antiche, come il Vaticano, si stanno “svecchiando” (si pensi all'uso dei social network). Ma le implicazioni di questo fenomeno possono essere oggetto di speculazione narrativa. Il mio racconto, e ancor più la saga, ci spingono a riflettere sulla tecnologia e sui suoi “doni”: davvero abbiamo bisogno di un telefonino che quando passiamo (è uno sviluppo previsto, non è fantascienza) davanti a un certo negozio ci invia un messaggio che ci dice che lì c'è una promozione adatta al nostro profilo? Certo, alcune applicazioni saranno utili, come quelle che ci aiuteranno a trovare il parcheggio libero in città, nel posto più vicino in cui dobbiamo andare, effettuando in automatico il pagamento senza dover fare la fila o cercare gli spiccioli, ma altre applicazioni richiederanno un sacrificio – quantomeno in termini di privacy – che non sempre è proporzionato al beneficio che ne possiamo trarre.

A ben vedere, da lettore, non sempre apprezzo le commistioni tra i generi, nel senso che se un fantasy inizia come un fantasy classico mi fa storcere un po' il naso sapere, a un certo punto, che quel mondo ad esempio è quello che resta di un precedente mondo tecnologico distrutto: facendo un volo pindarico, tra generi e media, non mi piacque la scelta del secondo Highlander che giustificava i poteri degli immortali con l'origine extraterrestre, oppure, del terzo e del quarto episodio della bella saga a fumetti della Spada di ghiaccio (Topolino) che da fantasy si trasforma in fantascientifica. Insomma, commistioni sì, ma fatte bene, e in racconti che, a mio parere, siano più “adeguati” a accogliere questo intreccio tra generi, come per l'appunto mi sembra essere l'urban fantasy.

Nel racconto narri aneddoti pieni di luce e positività, ma anche di ombre e presenze demoniache. A quale delle due realtà ti senti di appartenere in qualità di autore?

Certamente appartengo di più al “lato chiaro della Forza”, a voler parafrasare Star Wars, altra mia passione. Mi piace di più mettere in luce gli aspetti positivi delle cose, sono un ottimista per natura, e non riesco a non inserire riferimenti ironici o comici, è nella mia natura, lo faccio normalmente anche quando lavoro. Cerco di essere “leggero” dato che la vita di mazzate ce ne dà già tante, ahimè. Ad ogni modo, essendo anche attratto dall'horror, storie zombie, etc – ero lettore già da bambino della celebre rivista Fangoria, acquistavo le copie in inglese all'edicola della Base Nato di Bagnoli dove lavorava mio padre – non ripudio un certo fascino per le atmosfere demoniache e mi piacerebbe provare a lavorare su storie più oscure. Chissà, vedremo.

Se tu avessi poteri speciali cosa cambieresti di Napoli?

Mamma mia, domandone. Napoli è una splendida città. Questo Natale, dopo anni, sono riuscito a farmi una passeggiata al volo, con Brunella e le bimbe, per via Toledo, passando davanti al palazzo Reale e spingendomi sino al Castel dell'Ovo, dove si svolge la scena iniziale del racconto (ho anche incontrato l'amico Dario Ciccarelli, al quale ho dedicato un cameo). In un antico palazzo nobiliare di via Roma era in corso una bellissima mostra di quadri tra cui uno di Caravaggio e uno di Antonello da Messina. Insomma, è stata una immersione nella bellezza. Detto ciò, le cose da fare sono tante: io per quasi dieci anni sono stato un'attivista del WWF ad Aversa, come responsabile di una sezione dell'associazione fondata con alcuni amici. E ancora oggi mi occupo di ambiente e redigo articoli e pubblicazioni per il gruppo editoriale Wolters Kluwer. Insomma, tra i miei primi interventi, ci sarebbero quelli dedicati all'arredo urbano e ai parchi pubblici. Quando sono arrivato a Milano non mi aspettavo di trovare così tanto verde in città. Ci vogliono più alberi e più pulizia nelle strade anche a Napoli, e più impegno da parte della popolazione a cominciare dalla scelta dei governanti, lo dicevo già negli anni '90, non ho cominciato adesso che abito “su al Nord”: bisogna farsi parte attiva, comportarsi come se la cosa pubblica fosse la propria, molti lo fanno ma non tutti e questi ultimi danneggiano la collettività con la loro indifferenza, o peggio con i loro comportamenti sbagliati. E, poi in generale, parlando non solo per Napoli, ma purtroppo per tante belle città italiane, bisognerebbe imporre una “legge sulla bellezza”, grazie alla quale tutte le brutture (troppi cartelli pubblicitari, carte per terra, palazzi non finiti da anni, costruzioni abusive da abbattere, edifici non in linea con il contesto e lo stile architettonico generale, etc., lista infinita purtroppo) dovrebbero essere sanate: meglio ancora se avessi poteri magici, provvederei con uno schiocco delle dita. E mi fermo solo a questi aspetti.

Consigli per coloro che volessero inoltrarsi nelle affascinanti avventure di U.F.H?

Il primo, più ovvio, è quello di leggere tutti gli episodi di UFH, incluso L'adunanza delle sirene: al di là di una linea narrativa principale, ciascuna storia presenta spunti da poter sviluppare, mentre altre sono autentici snodi, che non possono essere ignorati, e contengono spiegazioni e presentazioni di personaggi da cui non si può prescindere. In tal modo si comprenderà quale sia il pubblico della serie, quali i toni e lo stile migliore da adottare.

In secondo luogo, invito gli scrittori interessati a leggere le discussioni del forum, nel quale troveranno consigli e indicazioni (http://www.writersmagazine.it/forum/viewforum.php?f=94).

Room 12 di Daniele Picciuti
Room 12 di Daniele Picciuti

Inoltre, a prescindere dalla presentazione del proprio eroe – cosa che richiede uno studio preliminare delle storie e leggende della città in cui si vuole ambientare l'episodio – io proverei a farlo incontrare con gli altri personaggi della saga, creando qualche altro crossover, come già è accaduto per Room 12 (di Daniele Picciuti), in cui si sono “incontrati” i personaggi apparsi in Virtual Flux e Laguna Beige (di Alain Voudì): in tal caso, riprendendo una indicazione dello stesso Emanuele Manco, consiglierei di contattare sia l'autore che ha “creato” quel personaggio, sia lo stesso Emanuele, sempre disponibile. Si potrebbe – sono sempre mie idee – anche pensare a storie scritte a quattro mani, tutte le ipotesi sono aperte.

Anche io ho introdotto nuovi elementi e così ognuno può aggiungere del proprio, caratterizzando in modo originale la saga. Nel mio episodio ho anche fatto un riferimento all'universo di Martin Mystère, del quale sono appassionato lettore: in questo caso, ho contattato l'AMys, l'Associazione culturale dei Nipoti di Martin Mystère (nelle persone di Luca Salvadei e Paolo Mignone, che hanno letto in anticipo il racconto) e lo stesso creatore del personaggio, Alfredo Castelli, che ho conosciuto alcuni anni fa proprio grazie ad Amys, informandolo dell'operazione (anche a lui ho inviato il racconto), che ha dato il suo benestare, ma ho voluto limitare la cosa a un omaggio al mio fumetto preferito. Inoltre, disseminati qua e là, ci sono tanti piccoli cameo di persone a me care (oltre a mia sorella Rosanna e mio cognato Carmine, nel racconto c'è anche Luigi “di Fisciano”, alias il mio amico Luigi Migliaccio): sono prevalentemente degli omaggi, vediamo che diranno una volta letto l'episodio.

Credo che, in generale, i nuovi elementi da me introdotti e le mie spiegazioni sulla natura dei Daimon e dei poteri aprano ulteriori possibilità di sviluppo: non resta che raccogliere il testimone, …forza al lavoro, aspettiamo le vostre storie! :)

Ne potremo parlare sul forum, o anche sulla pagina FB dedicata al mio racconto, sulla quale vi invito per lasciare il vostro “mi piace”: https://www.facebook.com/Ladunanza-delle-sirene-453588868175574/, oppure sulla pagina della saga https://www.facebook.com/urbanfantasyheroes/.

Progetti per il futuro?

Progetti tanti, tempo per provare a realizzarli, poco. Il lavoro (e anche la famiglia) mi assorbono tantissimo, ma ora che è stato scoperchiato il mio personale “vaso di Pandora” di storie, sarà difficile tenere a bada tutti quei personaggi che scalpitano affinché io racconti le loro vicende.

Sicuramente, i progetti relativi a racconti brevi, in questo momento sono i più congeniali per me (quindi, ben vengano altri contest della WMI).

<i>Il canto della capinera</i>
<i>Il canto della capinera</i>

Ad ogni modo, in pentola già bolle un nuovo racconto thriller che vedrà ancora una volta protagonista il giornalista Davide Fasano, che si occupa (guarda caso, come me) di tematiche ambientali: Il canto della capinera (Delos Crime, 2015) è stato ben accolto dal pubblico, e mi auguro che continui il tam-tam sui social che lo sta facendo conoscere e apprezzare.

Un mio raccontino è appena stato pubblicato sul n. 76 di Robot, selezionato da Alain Voudì per il contest I vagoni di Trainville.

Non mi dispiacerebbe nemmeno provare a scrivere un racconto per la serie The Tube o per Chew-9, e poi, di tornare su UFH. Inoltre, sto lavorando a una trama per un racconto da proporre per Segretissimo della Mondadori.

E poi ci sarebbe quel romanzo ambientato all'epoca dell'antica Roma la cui trama (come il mio amico Gennaro di Gennaro sa), è pronta da una ventina d'anni.

Tra i sogni nel cassetto, non manca la scrittura di un romanzo per il premio Tedeschi dei Gialli Mondadori o per il Premio Urania, ma qua i tempi necessari per sviluppare le idee (che già ci sono) e scriverle, si allungano. Insomma, le idee sicuramente non mancano, e piano piano qualcosa vedrà la luce. Alla fine dei conti, forse, anche prima di quello che potrei temere (o che voi potreste temere, rivedendo una mia nuova storia negli scaffali digitali degli store online :) ).

Ringrazio nuovamente Claudia Graziani e la Redazione per la bella intervista e invio un caro saluto a tutti i lettori di Fantasy Magazine.