Ormai a Hollywood, quando Alex Proyas bussa alla porta dei produttori, scatta di default la stretta ai gioielli di famiglia. Non tanto per le sfortune capitate sui suoi set, quanto per le ingenti perdite, in termini di soldi e di credibilità, a cui sarai sottoposto se farai entrare dalla porta quel geniale figuro.

Un ritratto del regista Alex Proyas che lo ritrae in un raro momento di allegria
Un ritratto del regista Alex Proyas che lo ritrae in un raro momento di allegria

Ho scritto geniale?!? Sì, perché bisogna essere dei geni per riuscire ancora a convincere qualcuno a produrre i tuoi film con budget "faraonici", quando quelli passati sono riusciti a malapena nell'intento di recuperare almeno i costi di promozione. Qui, per me, parlano i botteghini dove successi annunciati come Io, Robot sono a malapena riusciti a reggere tutta la baracca con i miseri 144.795.350 milioni di dollari (fonte BoxOfficeMojo n.d.r.) guadagnati nelle sale in patria, a fronte di ben 120 milioni spesi per produrlo. E considerate che quello è stato il titolo di suo più grande successo, seguito a ruota del mediocre e sconclusionato Segnali dal Futuro con un profetico e bislacco Nicolas Cage, nei panni del protagonista. 

Ma a questo giro, il regista ha voluto fare la proverbiale "pipì fuori dal vaso" con una macchina narrativa obesa, disfunzionale e a tratti insultante.

La domanda che viene spontanea, assistendo alle prime sequenze di questo sfacelo cinematografico è:

"Ma l'America non era già abbastanza odiata nel mondo arabo?" 

Ma queste potrebbero essere solo considerazioni personali, frutto di un furioso sentimento rosicante di un potenziale regista mancato, al quale non vanno proprio giù quei 140 milioni di dollari di budget a fronte di un risultato così già datato, mediocre e a tratti fonte di imbarazzo.

L'umano mortale Brenton Thwaites scelto come voce narrante del film
L'umano mortale Brenton Thwaites scelto come voce narrante del film

Quindi, per onestà intellettuale, lascio la parola alle divinità egiziane che hanno assistito a una visione privata della pellicola. Infatti, da essere mortale quale sono, ho avuto il privilegio di sedermi in ultima fila, in questa piccola sala di proiezione, situata in una non precisata piramide, persa in un altrettanto non precisato deserto.

Non posso essere più specifico, perché per tutto il tragitto che mi ha portato lì, sono stato costretto a indossare un'imponente maschera di scimmia, mentre una voce bassa e stridente mi elencava tutte le manchevolezze della mia stirpe umana.

Era dai tempi de I Dieci Comandamenti di Cecil B. De Mille che le divinità egiziane aspettavano un riscatto morale per la falsa propaganda che quel regista buontempone aveva pubblicato, infangando i loro nomi. Infatti, per l'occasione è stata anche invitata alla proiezione l'anima immortale di Yul Brynner, come testimone super-partes-trapassato di questa lieta occasione dove, finalmente, gli umani mortali avrebbero reso il giusto omaggio alle giuste divinità.

Yul Brynner nei panni del faraone cattivissimo che perde tantissimo ne I Dieci Comandamenti
Yul Brynner nei panni del faraone cattivissimo che perde tantissimo ne I Dieci Comandamenti

Prima che la proiezione del film potesse partire – con alla mia destra uno sciacallo che non la finiva di abbaiare allo schermo ancora vuoto e alla mia sinistra un Re Scorpione che, sgranocchiandosi ansiosamente le chele, ancora doveva riprendersi dalla sua fetente trasfigurazione in CGI nell'omonimo film – c'è stato un lunghissimo scambio di convenevoli fra le varie divinità, contente di essere lì riunite in grande spolvero, per assistere alla loro rivincita morale.

L'apoteosi della brutta CGI che ritrae un indegno Re Scorpione con le fattezze di The Rock
L'apoteosi della brutta CGI che ritrae un indegno Re Scorpione con le fattezze di The Rock

Non posso riportarvi i loro commenti iniziali, perché erano in egiziano antico. Posso solo dire che, a un certo punto, il mitico Yul ha avuto pietà di me e ha suggerito alle maestà divine di parlare nella mia lingua. Per questo, non lo ringrazierò mai abbastanza… anche se aveva lo sguardo un po' folle di chi è stato appena riportato in vita e ancora non ci crede.

A questo punto, tutto era pronto per l'inizio del film. Per occasione, al posto dei pop corn, erano stati portati dei fantastici scorpioni croccanti, distribuiti a tutti i convenuti. Sarebbe andato tutto bene se, consegnato il cartone al Re Scorpione, questi non fosse scoppiato in un pianto isterico fra l'ilarità generale, seguito da qualche commento sardonico sulla sua instabilità emotiva.

Poi, buio in sala e rispettoso silenzio.

Ed eccoli lì, i titoli di testa erano partiti. In pieno stile hollywoodiano ci hanno colpito con la loro magniloquenza. Le divinità parevano compiaciute… fino a quando non è comparsa, a volo di uccello, un'imprecisata città egiziana che faceva sfoggio di cupole a forma di piramide sparse a caso. Più di un sopracciglio si è alzato a quella visione ma, almeno fino a quel momento, la platea era rimasta tranquilla.

È stato quando sono apparsi i protagonisti principali che le divinità hanno cominciato a muoversi nervosamente sulle loro poltrone. Primo fra tutti, Horus che, vedendosi rappresentato nelle fattezze da Nicolaj Coster-Waldau (detto Jaime per gli amici), ha mormorato alla sua vicina Hator che almeno potevano tagliargli i capelli per l'occasione. Ma per il resto, non ci sono stati altri commenti.

I veri casini sono cominciati quando, sullo schermo, le divinità si sono trasformate in una sorta di Cavalieri dello Zodiaco in armatura dorata, durante il primo combattimento. 

Il fantastico Character Design delle divinità egizie
Il fantastico Character Design delle divinità egizie

Lì, il mutismo si è trasformato in aperto dissenso con frasi che andavano da "Ma chi diavolo ha fatto il Characher Design: quel rinnegato di Mosè?" A un più rassegnato "Perché gli umani continuano a odiarci così tanto?" O a un perplesso "Ma quello lì non è lo stesso che faceva un personaggio spartano in un film di greci arrabbiati? Guarda Horus: C'ha la stessa barba!" Commento al quale, con un risolino nervoso, è stato risposto: "Ti sbagli! Quello era in un film di gladiatori romani… ha la stessa armatura, non vedi il look inconfondibile?"

Gerard Butler nel panni di Set Decimo Meridio
Gerard Butler nel panni di Set Decimo Meridio

Da lì in poi, non ho più capito molto dei commenti, perché ero disturbato dall'incessante litania di un Re Scorpione che continuava a ripetere: "Non può succedere di nuovo, non deve succedere di nuovo!"

Ma niente e nessuno aveva preparato la platea all'arrivo di Ra, il padre di tutti gli dei (qui non posso mettere commenti, perché spoilererei troppo… posso dolo dire che all'arrivo di Geoffrey Rush, in molti hanno sostenuto di non appartenere alla sua linea sangue, perché adottati).

L'unico che sembrava divertito come un bambino era Yul che, sgranocchiando i suoi scorpioni croccanti si sbellicava dalle risate. Ma, forse, era solo il fatto di poter di nuovo provare sensazioni terrene a divertirlo tanto. Infatti, continuava a pizzicarsi da solo e a ridere come un invasato.

Il resto della visione non posso più commentarlo, perché le divinità egizie hanno ricominciato a parlare un'idioma sconosciuto, il Re Scorpione si è mangiato lo sciacallo e Yul Brynner, per sentirsi vivo, ha cominciato a auto-infiliggersi ferite sulla pelle con un pugnale d'oro.

È stato lì che qualcuno mi ha di nuovo messo sulla testa la grossa maschera di scimmia, impedendomi di essere testimone di ciò che stava accadendo.

Mi limito solo a riportare i toni delle urla inferocite e un clangore di spade dirompente mentre, su tutti, risuonava folle la voce di Yul che, probabilmente in piedi davanti allo schermo, urlava: "Sono vivo! Sono nudo! Ammiratemi!"

Il resto è buio, tristezza e metafora.