Il mondo degli dei, uomini e giganti del Nord, presume l’oscurità e la sua unica conclusione sta nell’oscurità, come ci ricorda Michael Chabon nella prefazione a Miti del Nord di Ingri e Edgar D’Aulaire.

Le storie che i due coniugi narrano in questo libro sono la riscrittura dei miti norreni, una riscrittura in cui si ritrovano la profondità dell’epica e il calore della voce del bardo, e il cui obiettivo non è mai la concitazione drammatica quanto l’immersione in un mondo duro ma affascinante. Non una fredda narrazione di antiche leggende, ma qualcosa capace di toccare il lettore nel profondo.

Nonostante gli anni trascorsi dalla prima pubblicazione del Norse Gods and Giants – era il 1967 – le parole di Ingri D’Aulaire e di suo marito Edgard non hanno perso nulla della loro capacità di riportare in vita, e di donare la giusta possanza, a figure quali Odino, Thor, Loki e a tutti gli altri Asi. Il linguaggio moderno è aulico senza apparire forzato e l’esperienza del numinoso, la consapevolezza della presenza di creature che sono al di là degli esseri umani, è viva anche in quei momenti in cui gli Asi perdono momentaneamente la propria maestà, ridicolizzati da avversari che si fanno beffe di loro. I dialoghi sono ridotti al minimo per mantenere intatta l’atmosfera del libro, splendidamente illustrato con immagini in quadricromia che arricchiscono un buon numero di pagine.

Il segno forte, le asperità del tratto proprie della tecnica litografica, ben si adattano a rendere le suggestioni di un mondo selvaggio in cui gli dei stessi si trovano costretti a lottare per la loro sopravvivenza e infine soccombono.

Quando la narrazione finisce non è difficile sentirsi vicini a quelle persone che in passato erano

sicure che dietro le porte chiuse delle montagne si nascondessero jotun e troll. E gli uomini che alzavano lo sguardo in una notte di tempesta per osservare le nuvole che infuriavano potevano scorgere una banda di cavalieri selvaggi, guidati da «uno» su un destriero a otto zampe.