Pianeta Areka. Un altro tempo, in un lontano futuro.

Embassytown è una città popolata da diverse razze aliene, con il grave problema della comunicazione. Non è solo un problema di linguaggi, ma di paradigmi, di semantiche. Per comunicare con gli arekei esistono gli ambasciatori, complesse creature simbiotiche, doppi e unici allo stesso tempo, con nomi che ne estrinsecano la dualità come EdGar, CalVin o EzRa.

Quest'ultimo sarà il fulcro di una serie di eventi narrati dal punto di vista di Avice Benner Cho, un'umana che, cresciuta a Embassytown da bambina, vi ha fatto di recente ritorno.

Immersa in un complesso gioco politico, con un rapporto con il marito Scile in crisi e sotto esame, la donna assiste prima passivamente, poi sempre più coinvolta a eventi cataclismatici che sconvolgeranno gli equilibri di Embassytown.

Ma la morte del bruco è la nascita di una farfalla. Svelando i misteri dietro le apparenze Avice e i lettori verranno sempre più avvolti nella complessità del mondo narrativo costruito da China Miéville, nelle sue apparenti contraddizioni.

Con un lento incedere narrativo lo scrittore costruisce soprattutto un mondo articolato, con una vicenda quasi pretestuosa, perché tutto accade per conseguenza della costruzione narrativa, non per vera azione della protagonista.

Definire Avice Benner Cho una protagonista in effetti non rende l'idea. 

È la voce narrante. Ma Embassytown non ha in realtà un vero protagonista. Tanti saranno i personaggi sui quali l'azione si focalizzerà. Se dobbiamo identificare un "protagonista", è il pianeta Areka, insieme alla città, e alla sue complesse reti di rapporti tra le culture che ci vivono.

Il mondo narrativo come vero e autentico fulcro della storia.  Un mondo scosso da eventi disastrosi, che costringono i suoi abitanti a rivedere dal profondo il proprio stile di vita e il proprio posto nel quadro generale, non è di per sé un tema nuovo, ma Miéville aggiunge tante idee, tanti concetti, alcuni già visti sotto altra prospettiva, come il tema dell'unicità nella doppiezza, o viceversa, già esplorato in La Città e la Città.

A differenza di altre prove narrative dello stesso autore, ho trovato stavolta difficile e ostico orientarmi in questa messe di personaggi, idee, concettualizzazioni metaforiche, giochi linguistici, analogie e metafore, spostamenti di campi semantici stipati nelle 440 pagine del romanzo da China Miéville.

Era da molto tempo che un romanzo, di qualsiasi genere, non mi costringeva a tenere una soglia di attenzione e concentrazione così alta.

Di contro non ritengo che la sua intrinseca complessità, alla luce del risultato, sia totalmente un merito. Più volte durante la lettura ritengo di aver trovato punti e passaggi non solo tutt'altro che fondamentali, ma spesso assai ridondanti.

Siamo comunque davanti a un romanzo con idee brillanti e obiettivi ambiziosi, ma al quale po' di sintesi non avrebbe nuociuto.

Imperfetto, ma audace, Embassytown è in ogni caso una lettura imprescindibile, per comprendere come la fantascienza di oggi possa ancora osare l'esplorazione di complessi world building speculari agli altrettanti mondi complessi dell'esplorazione interiore.