Dopo lo spin-off Legacy, con Jeremy Renner a dare un nuovo volto alla saga nel tentativo di creare un possibile filone parallelo, si torna all’originale. Matt Damon rimette i panni del superagente Jason Bourne in questo quinto capitolo che arriva a quasi nove anni da quel Bourne Ultimatum che sembrava aver chiuso definitivamente i giochi. Ovviamente, quando c’è di mezzo Hollywood, “fine” è una parola che si presta a mille interpretazioni e solo rarissime volte rappresenta davvero una chiusura definitiva.

Con Jason Bourne ci troviamo di fronte a un nuovo capitolo della vicenda, che ovviamente si lascia aperto a possibili futuri seguiti, ma che al contempo sembra volersi presentare come un sequel e un prequel insieme.

Matt Damon
Matt Damon

Bourne vive ormai in completa clandestinità, fuori dai radar di qualsiasi agenzia top-secret del pianeta, e si guadagna da vivere in combattimenti clandestini. Nel frattempo Nicky Parsons, dopo le vicende di Bourne Ultimatum e la pubblicazione delle informazioni sul progetto Blackbriar, non lavora più per l’agenzia ed è diventata una hacker che cerca di svelarne tutte le faccende più sporche. Proprio durante un suo tentativo di infiltrazione nei database della CIA per scoprire cosa sia il progetto Iron Hand, mette le mani su diversi file riguardanti il progetto Treadstone e la vita di Bourne prima del trattamento.

Volente o nolente, quindi, Bourne viene coinvolto anche in questa nuova vicenda per cercare di svelare i nuovi e inquietanti segreti che sono emersi sul suo passato e sul suo arruolamento in Treadstone, ma anche nel tentativo di sventare la realizzazione e il lancio di Iron Hand.

Chi ha visto i precedenti capitoli della saga di Bourne sa già cosa aspettarsi: scene d’azione e di combattimento si intrecciano con una trama a base di doppi giochi, spionaggio internazionale, settori deviati del governo e delle agenzie di sicurezza, il tutto ambientato in varie grandi città europee e mondiali. Jason Bourne non fa eccezione e mantiene tutte le promesse, seppur senza aggiungere nulla di nuovo e con un paio di sbavature.

Tommy Lee Jones e Alicia Vikander
Tommy Lee Jones e Alicia Vikander

Anche se la trama fila perfettamente e la sceneggiatura è solida nel delineare i personaggi, così come nell’aggiornare le domande (se in Ultimatum era Echelon, oggi sono i social-network e quanto dovrebbero o no essere liberi e non controllati), qui e là si concede qualche leggerezza. I fan di Jason Bourne non faticheranno molto ad anticipare alcune svolte della trama, che per alcune situazioni sembra dover abbastanza a Bourne Supremacy, dunque nulla di nuovo sotto il sole. Risulta, inoltre, davvero difficile da credere che un meeting di hacker non sia dotato di un solo gruppo di continuità o di un generatore indipendente, con decine di pc collegati, e basti staccare la corrente all’edificio per spegnere tutto. Così come le coincidenze che legano Bourne all’asset, interpretato da Vincent Cassell, il killer con cui deve vedersela in questa occasione, sono un po’ troppe per stare in un film solo e avrebbero meritato di essere scorporate in un paio di pellicole.

Accanto ai lati negativi, però, vi sono anche quelli positivi.

Da una parte, come si diceva, l’aver aggiornato le domande che questo film ci rivolge, attraverso il personaggio di Tommy Lee Jones: i social-network sono davvero liberi? Dovrebbero esserlo o sono un rischio per la sicurezza? Dove finisce la privacy e la libertà dell’individuo e dove inizia il controllo che bisogna esercitare per garantire la sicurezza e sventare gli attentati? Domande a cui il film si guarda bene dal fornire risposte, per lasciare che lo spettatore se le cerchi e se le dia da solo: se la strada per l’inferno è piastrellata di buone intenzioni o se ogni mezzo è lecito per ottenere il giusto risultato.

Dall’altra le scene d’azione, girate senza il massiccio uso del digitale, con stunt-man, moto e macchine vere, sono una gioia per gli occhi. La fuga in moto su e giù per l’acropoli di Atene e, soprattutto, l’inseguimento per Las Vegas con il camion blindato della SWAT che lancia in aria le auto come fossero di cartone, per un appassionato di film d’azione, basterebbero da sole per ripagare il prezzo del biglietto e perdonare le leggerezze di prima.

Vincent Cassel
Vincent Cassel

Jason Bourne, quindi, si difende bene. La trama è solida, pur non inventando nulla e proponendo un intreccio piuttosto classico. Le novità sono ben poche e qualcosa suona anche di già visto e sentito nei precedenti quattro film della saga. Arrivati al quinto capitolo, però, ci si può ragionevolmente aspettare un po’ di freschezza in meno. Ciò che funziona meglio, e ciò che di solito uno si aspetta di più in un film come questo, è il comparto visivo con belle scene d’azione in cui il digitale è pressoché inesistente. 

I fan di Bourne, dunque, possono andare al cinema tranquilli, perché avranno esattamente ciò che si aspettano.