La terza mattina inizia con un pensiero ricorrente: i giorni a disposizione sono pochi e i libri ancora non autografati sono troppi. Quindi, dopo un’adeguata colazione in una pasticceria con una varietà quasi imbarazzante di brioche, chiedo alla mia amica Stella, make-up artist di professione, di rendermi irriconoscibile: questo sarà il giorno in cui mi presenterò a Sanderson con almeno tre libri da firmare, dopo che altrettanti sono già passati dalle sue mani.

Una volta cambiato il colore dei capelli, nelle mie nuove vesti di addetta stampa in incognito, mi preparo a quella che sarà una lunga, e molto intensa, giornata di impegni.

Ab Urbe Condita

Il primo è la realizzazione dell’intervista al team che ha prodotto il gioco di ruolo Ab Urbe Condita, edito da Limina Umanìta: la chiacchierata, preventivata in una ventina di minuti, si protrae per quasi un’ora. Non è possibile resistere, quando si avverte la passione per l’argomento di chi si ha di fronte (soprattutto quando l’argomento è così vicino ai propri interessi). Oltre alla ricostruzione storica del periodo, curata anche e soprattutto nei particolari dell’impegno militare dell’antica Roma, non posso che riprendere il discorso sull’esoterismo e sul mistero che filtrano nello scenario di gioco: in particolare, il fantastico è legato alla mitologia celtica e nordica, con la presenza, per esempio, di druidi in grado di creare pozioni (pensate tutti a Panoramix, temo) e di cambiare forma. Una magia, dunque, perfettamente credibile per un romano dell’epoca. Perché questo sembra permeare la creazione di questo gioco: il tentativo di ricreare qualcosa di verosimile, senza la noia che spesso accompagna un gioco didattico, in un prodotto, comunque, storicamente convincente. La previsione di futuri sviluppi legati al mondo egizio ed ebraico stuzzicano il mio interesse, ma se ne parlerà in futuro.

Intanto, il tempo a mia disposizione per questo impegno è finito: il primo incontro della giornata in sala Ingellis sta per iniziare e, anche in questo caso, l’argomento ha delle enormi potenzialità da esplorare.

Fantasy italiano

Il fantasy made in Italy, infatti, è oggetto di dibattito da quando frequento forum di fantastico. Alessandro Orlandini e Chiara Panzuti aprono il dibattito presentando le loro opere, rispettivamente Le Cronache dei Regni di Elandia e Il Richiamo delle Svalbard, per poi rispondere a domande del pubblico, incentrate sulle difficoltà di pubblicare in Italia, sul self-publishing e sulla possibilità, per autori italiani, di essere tradotti in altre lingue (volete davvero saperlo? Pochissime, secondo Orlandini).

Steven Erikson

Un po’ abbattuta, ma in dubbio se progettare un viaggio alle Svalbard per incontrare gli orsi polari, corro al secondo educational di Steven Erikson, incentrato, questa volta, sullo sviluppo della storia. Sono molto perplessa, e non credo di essere l’unica, per l’indicazione, data dall’autore, di leggere prima della lezione alcune pagine di un racconto di Hemingway, La breve vita felice di Francis Macomber. Per quale motivo un autore di fantastico dovrebbe impostare una lezione su Ernest Hemingway? Mentre aspetto che l’educational cominci, finisco di leggere le pagine assegnate, sempre più perplessa, e approfitto di un attimo di distrazione generale per far firmare a Erikson la mia copia di Maree di Mezzanotte, bruciando sul tempo tutti gli altri che hanno avuto la stessa idea. Mi chiedo ancora perché ho scelto questo libro, tra tutti quelli che ho letto. Non ci sono i miei personaggi preferiti. Alla fine, con l’autografo tra le mani, mi rispondo che è, tra i suoi libri, quello che mi ha spiazzato di più e lo amo per questo (il libro, non Erikson, che mi intimidisce troppo per la sua capacità di farmi sentire, mentre lo leggo, una completa idiota).

La lezione prosegue fitta per due ore. La necessità di una traduzione costante dall’inglese all’italiano rallenta un po’ il ritmo, rispetto al primo educational, ma offre possibilità di spunti per numerose discussioni (sui film di Batman, per esempio. Non male, passare da Hemingway a Batman, vero? Ma Erikson è un vero mago, quindi per lui niente è impossibile).

Joshua Kahn

Dopo essere sopravvissuta al congelamento nell’aula di Villa Gioiosa, pranzo rapidamente, ripassando le domande per la prossima intervista: non conosco molto bene l’autore che dovrò incontrare, Joshua Kahn, recentemente edito da De Agostini, e ammetto di non sapere esattamente cosa aspettarmi da lui. Il suo libro, Shadow Magic, ha alcuni elementi di interesse e mi sono segnata una serie di domande che vorrei rivolgermi. E, mentre parla alla presentazione condotta da Lavinia Petti, risponde esattamente a tutto quello che avrei voluto chiedergli. Ho quindi circa dieci minuti per inventarmi delle domande completamente nuove. Non che sia difficile. Nella mezz’ora in cui ha parlato, l’autore ha accennato a così tanti argomenti interessanti, dalla definizione di young adult alla necessità di un nuovo modo di intendere la figura del cattivo nel fantasy, che le domande mi fioriscono sul quaderno. E quando finalmente riesco a trovare un posto tranquillo per l’intervista, il tempo scorre così velocemente che mi accorgo di avere appena il tempo per una foto con lo scrittore (sempre in incognito, ovviamente).

Inconvenienti

Ed è a quel punto che scopro di aver perso il telefono. Quello su cui ho preso registrazioni audio e video negli ultimi tre giorni. Superando il momento di panico con una calma dettata più che altro dalla stanchezza, ottengo l’informazione che il telefono è salvo: non solo, ma uno degli uomini dello staff, che già prima mi era stato gentilissimo con me, affronta la sala piena di spettatori della presentazione di Giorgio Cavazzano per andare a riprendermelo (no, per ovvi motivi non ho immagini del momento del salvataggio del telefonino).

Brandon Sanderson 

Con il fido smartphone tra le mani, mi rendo conto che ho cinque minuti per fiondarmi all’evento della giornata (per me), quello che mi ha indotto a mascherarmi, per intenderci: l’incontro con Brandon Sanderson (strano che non avessi parlato ancora di lui, vero?) e Steven Argyle in Sala Ingellis.

Ma, probabilmente grazie a una parentela (ignota in precedenza) con il dio Ermes, attraverso le mura in tempo per sedermi in prima fila (e dove altro?). Per l’ora successiva, sarò attenta e molto seria, nonostante la stanchezza. Questo, almeno, è quello che vorrei. L’impatto con la realtà è devastante: passo l’intera ora successiva a ridere, fino alle lacrime, per la presentazione, a tratti magistralmente comica, di Sanderson e Argyle.

La storia di come si sono conosciuti, i resoconti delle loro serate passate giocando a Magic The Gathering, gli scambi arguti che denotano un’amicizia che va oltre la collaborazione professionale, culminano, però, nel momento, veramente intenso, in cui Argyle svela l’illustrazione che accompagnerà la nuova edizione americana di Mistborn, una Vin in campo rosso sangue davvero magnetica.

A questo punto, sono le 17, e potrei dichiarare terminata la mia guardia. Ma mi sono caricata nello zaino tre libri (e che libri: La Via dei Re, Elantris e Il Conciliatore, non proprio i pesi piuma della sua produzione) e me li sto portando a spasso per Lucca da tre ore: meriteranno, loro ed io, di un autografo! Così, inseguo Sanderson fino allo stand Fanucci (cominciando a sospettare di essere forse un po’ esagerata nel mio stalking). Ed è solo in quel momento che mi accorgo che la fila per gli autografi è così lunga da uscire, per un bel pezzo, dal padiglione Carducci. La fangirl in me suggerisce di trovare un posto tranquillo da cui origliare le risposte date agli altri fan, ma la persona ancora dotata di un briciolo di buon senso si accorge che un posto del genere non esiste.

Ragiono, dunque, sull’opportunità di fare una sana merenda (la delusione per la lunghissima fila è compensata da una mini-sacher). La soluzione si dimostra vincente. Un’ora dopo, la coda è esaurita e, con i miei tre libri, diventati quattro per l’occasione, chiedo (forte del fatto che nessuno mi ricollegherà a quella pazza che ha già fatto firmare tre libri nei due giorni precedenti) se è possibile avere l’autografo per tutti quei volumi. Sanderson deve essere davvero un santo, considerato che, oltre a firme e dedica, mi concede anche il tempo per tre domande da pura fangirl.

Il padiglione Games, quando finalmente Sanderson si libera di me, sta chiudendo, e con esso si chiude anche la mia terza giornata. Rimane solo una cosa da fare: trovare un modo per far autografare i cinque volumi che ancora languono dimenticati.