L’autore

Joshua Khan (uno pseudonimo, in effetti: ma, come i supereroi, non può rivelarci la sua vera identità) ha fatto il suo ingresso dimesso e forse un po’ intimidito nell’Auditorium, in una sala molto affollata. Come ha ammesso, normalmente si rivolge a bambini e ragazzi e avere davanti a sé una platea di adulti è un fatto per lui nuovo.

Joshua Khan si è avvicinato tardi alla scrittura: pur essendo da sempre un lettore di fantasy, per venti anni ha lavorato come ingegnere, fino a quando si è reso conto che quella non avrebbe potuto essere la sua occupazione definitiva. Dopo aver stabilito che il suo interesse principale era la scrittura, ha quindi composto un primo manoscritto (orribile, secondo la definizione dello stesso autore) e poi un secondo (un po’ meno orribile).

Ora è uno scrittore affermato di libri per bambini e ragazzi, anche se la maggior parte delle sue opere sono state finora pubblicate con il suo vero nome (che non possiamo ovviamente rivelare, per non compromettere la sua seconda identità!); per scrivere, ci ha confidato, ha bisogno solo di due condizioni: riuscire a portare le figlie a scuola e trovare un bar senza connessione wi-fi.

Shadow Magic

Joshua è approdato al Lucca Comics & Games 2016 per presentare il suo Shadow Magic, uno young adult ambientato in un mondo cupo, in cui a fare da protagonisti sono i cattivi: dei sei regni in cui è diviso il mondo in cui si svolge la storia, infatti, l’autore ha scelto come setting principale il regno di Gehenna, termine che rimanda, biblicamente, all’inferno ebraico. La protagonista della storia, Lily (diminutivo di Lilith, il demone femminile per eccellenza dell’immaginario del Vicino Oriente antico) dovrà combattere contro una tradizione che impedisce alle donne di ottenere i poteri magici che spettano loro e riuscire a difendere la propria eredità senza essere costretta a sposarsi contro la sua volontà.

La presentazione

La presentazione di Joshua è stata guidata dalle domande di un’emozionata Lavinia Petti.

La prima riguarda la particolarità dell’ambientazione cupa di Shadow Magic: Joshua osserva che nel fantasy è raro che i cattivi siano portatori di punto di vista, onore che, solitamente, spetta ai personaggi che potremmo definire “luminosi”. I re delle tenebre compaiono solo come avversari da sconfiggere, senza che la loro psicologia sia analizzata e, dunque, senza tenere conto dei loro desideri, che non sono poi così diversi da quelli dei buoni.

Il regno delle Ombre, la Gehenna della protagonista Lily, è un mondo oscuro, i cui abitanti hanno nomi di cattivi e demoni di varie mitologie (a ogni regno infatti corrisponde una tipologia precisa di nomi per volontà dell’autore), eppure è un luogo vivo, reale.

L’uso di nomi di matrice religiosa (demoni, ma anche angeli) indica un evidente interesse dell’autore per questo argomento. Il riferimento di Khan va a Philip Pullman, uno dei suoi modelli, a sua volta molto attento a questioni religiose. Tuttavia, la scelta di scrivere young adult non deriva solo dalla sua predilezione per l’autore della Bussola d’Oro. Khan, infatti, ha mostrato, sia nella presentazione, sia nell’intervista che poi ci ha concesso, un forte impegno per temi profondi. In particolare, un tema ricorrente riguarda la figura degli outsider: tutti noi, ha osservato l’autore, corriamo il rischio di non provare empatia per persone che non hanno il nostro stesso modo di essere, al punto di non trattarli neppure, talvolta, come esseri umani. Per questo motivo, i demoni di Shadow Magic, personaggi outsider per eccellenza, provano amore, compassione e, in generale, tutti i migliori sentimenti dell’umanità: perché anche chi è diverso da noi ha i nostri stessi sentimenti. Il genere fantasy ha, per Khan, la grande opportunità di non staccarsi del tutto dalla realtà, ma, al contrario, di presentarne un quadro epico, più di quanto un romanzo realistico possa fare. La stessa protagonista, Lily, che per il suo essere donna non può essere istruita ed ereditare ciò che le spetterebbe, vive in una condizione che molte ragazze vivono ancora ai giorni nostri.

L’intervista

Alla fine della presentazione, Joshua Khan ci ha dedicato alcuni minuti del suo tempo per approfondire gli argomenti di cui ha trattato nella presentazione.

Sono molto interessata al fatto che il tuo libro sia uno young adult: i temi di cui parli, il fatto che Lily non abbia potere in quanto ragazza, la presenza di magia nera e di personaggi malvagi sono affascinanti e molto complessi. Perché questa scelta?

Il fatto è che potrei tornare al fantasy tradizionale, dove bene e male sono ben delineati, ma noi sappiamo che il mondo reale non va proprio in questo modo: che i bravi ragazzi siano così superiori a tutti gli altri è ormai un cliché. Basta guardarsi attorno per capire che i bambini possono rendersi conto in mille modi che la realtà è molto più complicata, perché nella nostra esperienza quotidiana vediamo che gli eroi passano per cattivi e sono puniti, mentre i colpevoli sono considerati eroi. Ma come possiamo decidere chi è buono e chi è cattivo? Penso che questo sia un argomento importante di cui discutere con i bambini, perché loro sono su Facebook, su Twitter, vedono i telegiornali e sono messi davanti a queste cose tutti i giorni. Forse nella prima infanzia vogliamo tenerli al sicuro, far pensare loro che i buoni rimangono sempre fedeli al loro percorso, ma forse bisogna anche guardare più avanti, perché poi, quando crescono, sono affascinati da questi temi.

In posa con Joshua Khan
In posa con Joshua Khan

Inoltre, io sono nato musulmano. I musulmani sono visti con sospetto nei paesi occidentali, ci sono molti pregiudizi nei loro confronti, ma loro sono la mia gente esattamente come lo sono gli occidentali. Lily è simbolo di questo, dell’essere un outsider: rappresenta il fatto che gli outsider non sono diversi da noi. Il Regno d’Ombra, Gehenna, rappresenta tutto ciò che ci spaventa perché è sconosciuto. Ma quando si entra in questo mondo sconosciuto ci si accorge che non è diverso da noi: perché l’umanità è fatta così. Possiamo parlare lingue diverse, venire da paesi diversi, ma in realtà non siamo davvero diversi.

C’è una cosa interessante nello scrivere storie per bambini e ragazzi: devi concentrarti sulla storia, perché se gli adulti possono apprezzare altri elementi della storia, quando si ha a che fare con ragazzi la storia deve procedere in modo molto più immediato. È una sfida molto interessante in un libro fantasy, perché in questo genere l’autore vuole esplorare un mondo. A me però piace questa modalità di scrittura: mi piace scrivere velocemente e non perdere tempo con cose come l’origine storica del nome di un fiume.

Nel corso della presentazione, hai detto di essere sempre stato un appassionato lettore di fantasy: quali sono gli autori che ti hanno maggiormente ispirato?

La lista è lunghissima!

Lo Hobbit, edizione Adelphi
Lo Hobbit, edizione Adelphi

Ok, partiamo da Tolkien. Lo Hobbit è il mio libro preferito di sempre. L’ho conosciuto quando avevo sette anni e mentre l’insegnante ce lo leggeva, spiegandoci cos’era un hobbit, io, che non capivo che cos’era un libro fantasy, sapevo solo di voler parlare con un hobbit. È un libro fantastico, perché parla di molti argomenti: ne Lo Hobbit c’è un intero mondo, e in quel mondo c’è una ragione per ogni cosa, perfino per i nomi.

Quando sono diventato adulto, però, sono stati due gli autori che mi hanno indotto a voler essere un autore a mia volta. Uno è Philip Pullman e l’altro è Philip Reeve: questi autori sono la dimostrazione che è possibile trasmettere temi veramente importanti a un pubblico di bambini e ragazzi. Quello che mi hanno insegnato è che ci deve essere uno scopo in quello che scrivi. Non tutti gli autori lo fanno. Ma io ho bisogno di conoscere lo scopo della scrittura. In fondo, si tratta di ingannare un po’ il lettore: basta scrivere qualcosa senza dare l’impressione di star predicando qualcosa. Per questo il fantasy è così incredibile: il fascino dei nuovi mondi che il lettore può esplorare aggiunge moltissimo al tema di cui si vuole parlare.

(Joshua si ferma un attimo a riflettere) Sono ancora in tempo per aggiungere Michael Moorcock tra i miei preferiti? Non so come ho potuto dimenticarmelo!

Come ti definiresti come autore? Preferisci scrivere con o senza una trama?

Per la maggior parte del tempo so esattamente in che direzione sto andando: ho in mente un inizio e una fine, ma quello che c’è al centro può cambiare. Penso al saggio di Stephen King On Writing, in cui parla della differenza tra scrivere una scaletta e non farlo. La cosa veramente importante è il fatto che ci deve essere un momento particolarmente emotivo verso la fine del libro, non necessariamente una battaglia apocalittica, ma qualcosa che faccia pensare al lettore che il libro è finito nel modo migliore in cui potesse finire; inoltre, tutto ciò che è stato preannunciato all’inizio deve essere stato spiegato in un modo che non il lettore non avrebbe saputo predire all’inizio. Questo aspetto è particolarmente importante nella scrittura di libri per bambini o ragazzi.

Puoi dirci qualcosa sui tuoi prossimi progetti?

Il secondo volume di Shadow è quasi del tutto completato. È ambientato tre mesi dopo il finale del primo volume. Il secondo e il terzo volume saranno dedicati a seguire la crescita di Lily. Sono molto interessato al legame tra immaginazione, oscurità, magia e sogni: cose che temiamo, ma che ci fanno crescere. Noi diventiamo grandi confrontandoci con ciò che ci fa paura, ma cresciamo anche paragonandoci alla nostra immaginazione e il momento in cui usiamo di più la nostra immaginazione è quando sogniamo. Voglio esplorare questo argomento non solo per i miei giovani lettori, ma anche come adulto: i bambini hanno l’ambizione di testare i loro confini. Si mettono alla prova per conquistare piccole ricompense. E, poco per volta, si rendono conto di quanto grandi possono diventare facendo così.

Ora, se ci pensiamo, la cosa che temiamo di più è l’oscurità, perché rappresenta ciò che non conosciamo. Eppure, la nostra vita sarebbe molto limitata se ci fermassimo a ciò che conosciamo. Conquistare l’oscurità è fare un passo verso ciò che non conosciamo e questo ci permette di diventare più saggi. L’immaginazione è un tipo di confine che gli adulti riescono ad affrontare: possiamo usarla per provare o pensare a cose nuove. Ci aiuta a crescere. Ecco perché il suo uso funziona così bene nei libri e soprattutto negli young adult: ci dice che possiamo provare a uscire dai nostri confini senza correre rischi.