Il lato sbagliato delle fiabe

I

Lorana toccò la pentola e sentì che era fredda. Sollevò il coperchio e vide, sotto l'acqua biancastra, la cenere decantata sul fondo. Prese un altro recipiente e vi tese sopra un panno di cotone, appartenuto a un suo vecchio abito. Un abito, ricordò, che la madre le aveva regalato per il suo dodicesimo compleanno. L'ultimo prima che morisse.

Versò tutta la lisciva nel recipiente facendola filtrare attraverso il cotone.

– Ben fatta.

Lasciò cadere la pentola e balzò in piedi. La pentola rimbalzò e rotolò sul pavimento spargendo pasta di cenere, fino a fermarsi contro la stufa a legna.

Un figura era seduta sul davanzale della finestra, un attimo prima vuoto. Ali da insetto germogliavano dalla sua schiena. Il cranio era rasato, un singolo ciuffo di capelli neri fuggiva dalla cima della fronte. Aveva l'orecchio sinistro coperto di piercing e un grosso anello d'oro le attraversava il naso schiacciato.

– Tu chi sei? – balbettò Lorana.

La Fata si stiracchiò le gambe e scese a terra.

– Mi chiamo Mysella. Non devi avere paura perché sono la tua Fata Buona, – le sorrise. – E tu stasera devi andare a un party.

Prince Charming, Inc.

 I

Era bellissimo, con occhi azzurri incastonati in un viso nobile. I lunghi capelli biondi si agitavano per la cavalcata. Aveva lanciato il destriero al galoppo seguendo la pista al centro della valle e la sua corazza rifletteva la luce del sole.

– Armatura del cazzo – mormorò Fata Mysella. Nascosta tra i cespugli, spiava il cavaliere attraverso il mirino del fucile.

Valutò che sarebbe stato difficile colpire la testa, unica parte del corpo non protetta, da quella distanza e in movimento. Mirò a un bersaglio più grosso. Sparò quattro dardi che si conficcarono nel sedere del cavallo.

Paziente, Mysella osservò l'animale abbandonare il galoppo per passare a un'andatura più lenta e indecisa, fino a fermarsi del tutto, la testa ciondolante, le palpebre abbassate e il labbro inferiore pendente. Il cavaliere, perplesso, si sporse avanti per mormorargli qualcosa. Mysella premette il grilletto e lo centrò alla nuca.

L’uomo si accasciò sul collo della cavalcatura, senza nemmeno il tempo di capire quanto era successo.

La cacciatrice si alzò in piedi. Uscì dalla macchia di cespugli e si sgranchì le gambe. Si passò il fucile sulle spalle e da una tasca della tuta mimetica estrasse la radio.

– Fata Mysella a base. Base, mi ricevete?

La voce le arrivò metallica e distorta: – Qui base, Fata Mysella, parla.

– Ho preso un P.A. Vi do le coordinate per il trasporto.

– Ricevuto.

Mentre camminava per raggiungere la nuova preda, Mysella sentì le ali fremere sotto la tuta. Le ali sapevano. Le ali ricordavano. Le fate erano nate per librarsi in volo, non per calpestare il suolo con piedi appesantiti dagli anfibi. Maledì tutto l'equipaggiamento che si portava dietro e che l'ancorava a terra.

Tirò giù il Principe Azzurro da cavallo e lo legò mani e piedi. Appena sentì il rumore dell'Osprey in arrivo, accese un fumogeno che iniziò a emettere un denso fumo rosso.

Passò il viaggio di rientro seduta davanti alla sua preda.

A un certo punto l'effetto del sonnifero finì e Mysella vide il P.A. riprendere i sensi, lentamente, e spaventarsi a causa del mostro di acciaio urlante nel quale si trovava. Si divertì a vederlo tentare di balzare in piedi nonostante fosse legato al sedile. Lo osservò mentre si guardava attorno e realizzava la presenza sua e delle altre fate, l’equipaggio del velivolo, che chiacchieravano in disparte.

Per istinto, gli occhi dell'uomo si illuminarono, seducenti.

Prima che potesse aprire bocca Mysella gli urlò: – Inutile che tenti di affascinarci. Siamo tutte lesbiche qui. Hai capito? 

D'amore e d'acciaio 

I

Lo fecero inginocchiare sul ruvido pavimento e gli levarono il cappuccio. Nella fiocca luce della lampada a olio Podarce vide davanti a sé una ragazza, anche lei inginocchiata e con le mani legate dietro la schiena. Alle spalle della ragazza una figura con il viso coperto dal passamontagna e la pistola in mano. La figura sollevò l'arma la puntò alla nuca della ragazza.

– No! – gridò ma l'urlo gli morì in bocca quando sentì il freddo acciaio premuto contro la sua nuca.

Le due pistole spararono nello stesso istante.

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