È l’ultimo anno del liceo e Venus detta “Vee” è una brava e tranquilla ragazza che vive a un passo dalla Grande Mela. Forse a causa della morte del fratello maggiore e per dare conforto alla madre, quella che dovrebbe essere una fase di trasgressione per prepararsi alla nuova vita del college, per lei non è altro che la riconforma delle proprie insicurezze. Ma tutto cambia quando la sua disinibita amica Sydney le fa conoscere Nerve, un gioco in cui sei tu a decidere se compiere le azioni che ti chiedono di fare gli spettatori, oppure essere un semplice osservatore. Ci sono poche regole: se superi le prove vinci dei soldi, se le perdi tutto si azzera ma, soprattutto, non devi mai raccontare dell’esistenza di Nerve alla polizia. Vee in un momento di frustrazione decide di giocare da protagonista ma immediatamente nel suo percorso incontra Ian, un affascinante ragazzo con cui il pubblico pare gradire vederla far coppia fissa per affrontare tutte le prove.

Nerve
Nerve

Nerve è dichiaratamente film rivolto agli adolescenti e, come tale, ha dei limiti che un pubblico adulto fa fatica a superare. Infatti, a differenza di prodotti come Hunger Games non c’è neppure il tentativo di accalappiare chi ha superato la ventina ma, forse proprio per questo, si può parlare di un’onesta opera commerciale. In primo luogo nella scelta degli attori, dal belloccio Dave Franco a Miles Heizer, quest’ultimo visto recentemente nel piccolo fenomeno mediatico che è stato Tredici di Netflix, alla protagonista Emma Roberts, bionda e diabolica in Scream Queens, improbabile nei panni della ragazza sfigata eppure perfetta protagonista di Nerve.  

Nerve
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La storia poi riesce a cavalcare l’attualità con l’allarmismo che recentemente è esploso a causa di Blue Whale, con presunti suicidi scatenatisi tra i giovani a causa di un macabro gioco on line. Con scenari molto meno apocalittici la questione non nuova che Nerve tratta è quella di capire fin dove l’essere umano riesce a spingersi, senza tenere conto della morale e perdendo ogni forma di empatia con la vittima. Ovviamente lo fa con il linguaggio del teen drama che non inciampa mai in nulla di più pericoloso di un ceffone pedagogico.