Il plot segue la mission quasi impossible di un superuomo dei nostri tempi che rimane imbrigliato in una fitta rete di inganni e intenti malvagi che arriva a coinvolgere, suo malgrado, anche l’ignara, devota, famiglia. Ma durante la proiezione del film mi è sorto un dubbio. Di chi sto vedendo la storia? Chi è il vero protagonista? 

Indubbiamente, è sempre più difficile oscurare sulla scena Dwayne The Rock Johnson, lo strafigo e strapossente attore samoano tutto muscoli, tatuaggi e coraggio. Il suo aspetto esteriore è qui solo un involucro, perché la sua bravura risulta legata all’assoluta umanità che restituisce al personaggio, portatore di valori semplici che difende anche a costo della vita, seppure sia quella di un supereroe alla Die Hard 2.0… anche con una gamba sola.  

Inoltre, mi chiedevo: se il protagonista fosse un progetto architettonico inventato eppure estremamente realistico (con tanto di sito web online, lo trovate in Risorse di Rete) da illudere gli spettatori e i curiosi che esista veramente?

Perché, lo scoprirete solo vedendolo, The Pearl è qualcosa in più di un semplice scenario in cui far svolgere una trama, tutto sommato ben concepita, attraverso quella che molti ricorderanno come ring composition. Anche rimarcando l’elevatissima tecnologia con cui è stato pensato, scritto e realizzato Skyscraper, The Pearl non sfuggirebbe all’attenzione degli spettatori. Neanche il più distratto (o annoiato) dai discorsi sulla bontà d’animo, l’amore paterno, la devozione per il proprio lavoro (niente di male, tutto sommato se ne ha sempre bisogno) e l’immancabile sete di potere che arriva a sconvolgere i piani, potrà evitare di cadere nella bellezza dello scenario di The Pearl).

The Pearl nasce dalla mente dello scenografo Jim Bissell, coadiuvato tecnicamente nientemeno che dal progettista del Burj Khalifa di Dubai, l’architetto Adrian Smith, esperto non solo di architetture a torre, ma soprattutto di architetture di elevata altezza in Cina.

The Pearl è l’emblema dell’architettura efficiente che tutti sognano (soprattutto gli architetti, ça va sans dire, e non necessariamente progettisti, ndr), è lo specchio dei sogni di raggiungere Dio, l’aspirazione all’infinito e alla perfezione dell’umanità, riassunto da quel ridondante e quasi sprezzante Welcome to Paradise, Mr Sawyer pronunciato dal magnate Zhao Long Ji (un algido e perfettamente in parte Chin Han) portando Will Sawyer (Johnson), nel giorno dell’assunzione a custode e direttore della sicurezza all’interno del grattacielo, a godersi la vista del pezzo forte della struttura, la gigantesca perla posta in cima alla costruzione, dotata di un sistema di telecamere che permette di osservare Hong Kong sospesi tra cielo e terra (se soffriste di vertigini, mi dispiace dover dire che sia meglio per voi orientarvi su altre pellicole).

The Pearl, il cui concept nasce dall’immagine leggendaria di un drago con una perla tra i denti (casualmente, nella cultura cinese, esso è simbolo di potere e ricchezza, prosperità e fortuna, chiave di volta per ascendere al cielo) è l’edificio più alto del mondo (3.500 piedi). È una città nella città, di elevato e inedito livello di perfezione e tecnologia, composto da un mall, un cinema multisala, un centro benessere e fitness, un parco botanico, numerosi piani destinati a residenziale di altissima qualità architettonica e design, gli appartamenti privati del magnate Zhao Long Ji e lei, l’Observation Deck, la magnificente perla.

Va da sé che un luogo pensato per prendere vita, trasmettere a tutti i fruitori benessere, divertimento, pace, perfino contatto con la natura nel totale rispetto dell’ambiente (grazie all’energia pulita in esso prodotta da due gigantesche turbine) si trasformi nel giro di poche decine di minuti in una fonte di presunzione e superbia, invidia e odio, sete di potere, arrivismo, sopraffazione, morte e distruzione. 

Nonostante l’happy ending appaia ovvio, quasi scontato, come il decidere da che parte stare, il merito di Thurber risiede nell’abilità di combinare semplici principi, sui quali architettura e uomo si trovano in simbiotica sintonia: pensare, non perdere la testa, avere il coraggio di agire, capire gli strumenti a propria disposizione.

E poi, dove necessario, ricostruire, anche meglio di prima.

Skyscraper
Skyscraper

In questo film non c’è molto da ripensare. I 98 minuti di proiezione funzionano, con la giusta tensione e anche una piacevole dose di ironia (che auspico siano stati ben rese anche nella versione doppiata), adeguatamente sostenute da poche ma efficaci regole tecniche: voli d’uccello perfetti nel rendere l’elevato livello tecnologico e gli effetti speciali, una azzeccata colonna sonora e un cast interessante e ben armonizzato (la coppia Johnson-Cambell funziona: Neve Campbell ha finalmente abbandonato i ruoli da eterna teenager o da femme fatale che non le donano).

Tutti sembrano perfettamente nella parte eccetto, lo dico a malincuore, Noah Taylor, intrappolato in un ruolo per nulla sviluppato e poco incisivo, che penalizza (o spreca) il suo notevole talento per i ruoli ambigui e doppiogiochisti.