Dopo molti anni di assenza, David Leppington ritorna nella cittadina, fondata mille anni prima dalla sua famiglia, che porta il suo nome. Preso alloggio in un sinistro albergo, fa la conoscenza di Electra, l'enigmatica proprietaria, e della sua amica Bernice; da quest'ultima David apprende degli strani fenomeni che si verificano all'interno dell'albergo nelle ore notturne: presenze furtive, rumori, passi, oltre alle misteriose morti avvenute nel corso degli anni. Ai tre si aggiunge Jack Black, un colosso tatuato, rasato e incline alla violenza, assunto da Electra come cantiniere; questi è capace di leggere nella mente e di percepire il male che attende sotto la cittadina nella forma di un esercito di vampiri.

David è scettico riguardo all'esistenza di ciò che non può essere spiegato razionalmente; quindi non presta fede alla leggenda narratagli dall'anziano zio, secondo la quale i Leppington discenderebbero dal dio scandinavo Thor. Il dio avrebbe ingravidato una donna sterile dando inizio alla stirpe dei Leppingsvalt, che col tempo sarebbero appunto diventati i Leppington. Sempre secondo la leggenda, Thor avrebbe preparato un esercito di non morti per sconfiggere il cristianesimo dilagante in Europa, pronto a risvegliarsi una volta raggiunto un numero ragguardevole di corpi, e lo avrebbe posto sotto la guida di un Leppington. Ma la notte prima del “risveglio” il condottiero avrebbe rinnegato la promessa di condurre le armate di non-morti.

Ora, ai giorni nostri, i vampiri si stanno risvegliando, decisi a portare a temine il loro compito, con o senza condottiero.

Scritto in maniera veloce e sin troppo scorrevole, La città dei vampiri di Simon Clark (inglese, classe 1958) non si sofferma più di tanto sui personaggi, e solo accidentalmente veniamo a sapere qualcosa della loro vita, o della vita delle varie vittime dei vampiri. Dopo un buon inizio, incalzante e non privo di interesse, Clark si perde in una palude di continui “già visto” in cui si muovono personaggi privi di spessore psicologico che nei momenti più difficili non imprecano nemmeno, fatta eccezione per gli educatissimi dannazione!. Più si procede nella lettura, più il romanzo appare confuso, talvolta ridicolo, e non spiega in maniera esauriente perché accadano determinate cose; una per tutte: la conversione al bene di Jack Black.

Nel ridicolo cade, per esempio, il maldestro tentativo di politically correct, in cui un uomo affetto da Sindrome di Down (rifiutato dai vampiri perché il suo sangue non sarebbe puro), salva, sacrificando la sua vita, uno degli “eroi” del romanzo. E sempre ridicoli, se non agghiaccianti, sono i momenti sentimentali, come quando Electra si scopre improvvisamente innamorata del ravveduto Jack, mentre questi sta esalando gli ultimi respiri.

Una menzione di merito va soltanto il massacro di vampiri operato nei sotterranei della città da David e Jack, che armati di motosega riescono a decimare le file dei poveri e istupiditi vampiri.

Sostanzialmente un romanzo mediocre, che nonostante il tentativo di rianimare con un po’ di mitologia nordica gli ormai esausti vampiri di sempre, e di darsi struttura narrativa a tutti i costi simile a quella dei romanzi del ben più capace Stephen King, non decolla e si trascina noioso verso un finale scontato, con un'altrettanto scontato bagno di sangue.

Niente di nuovo, quindi; leggere La città dei vampiri è un po’ come guardare un b-movie splatter... l’idea può attrarre, ma non aspettatevi nulla di memorabile.