Livon il fabbro ha una figlia, Nihal, e per lei è madre e padre, maestro e custode. Nihal ha lunghe orecchie aguzze e capelli blu lucido, ma nessuno pare farci caso nella torre Salazar delle Terre del Vento. La ragazza è cresciuta fra le armi che il padre forgia con maestria e ha un solo sogno: diventare una guerriera. Fra i compagni è già una leggenda per la tenacia, l’agilità e la foga con cui mulina il suo bastone di legno, una spada nei suoi sogni.

Sogni che sembrano avverarsi quando una vera spada forgiata nel cristallo nero le viene donata dal padre, e che si rafforzano dopo l’incontro con Soana, la zia maga, e il suo promettente allievo Sennar. Così Nihal apprende i rudimenti della magia.

Sogni che diventano incubi quando l’ombra del tiranno raggiunge le Terre del Vento seminando distruzione e morte.

Al proposito di diventare una combattente si aggiunge la vendetta, le sole cose che sosterranno la ragazza dai capelli blu durante il durissimo periodo d’addestramento che la porterà al compimento di parte dei propri intendimenti. Nonostante tutto, l’allieva guerriera non raccoglie il viatico dei suoi maestri e si arrende sempre più spesso alle emozioni e all’istinto sanguinario, che diventa il marchio della sua personalità.

Altri importanti episodi apriranno i grandi occhi viola della singolare ragazza, avventure di cui non è possibile parlare senza rischiare di rivelare troppo della trama.

Me ne sto qui, seduto sulla riva a guardare scorrere il fiume della narrativa fantasy. Ci sono giornate in cui la corrente scorre sempre uguale a se stessa, ma oggi vedo onde, increspature, vortici e giochi che non mi era capitato di vedere prima. Sta passando un nuovo romanzo italiano, si tratta di Nihal della Terra del Vento, il primo volume della trilogia Cronache del Mondo Emerso di Licia Troisi.

Sì o no, è la prima domanda appena terminata la lettura. Anche il tempo impiegato per rispondersi è significativo: un’esitazione significa che occorre capire cosa sta dietro al sì e cosa dietro al no.

Sì, dunque, con ancora una domanda da porsi.

Sono un convinto sostenitore del dulcis in fundo: attacco sempre la pizza dal bordo perché penso che il centro sia più buono e lascio sempre che sia la parte migliore di ogni cibo a lasciare in bocca il sapore che voglio ricordare.

In rispetto di questa filosofia di vita, comincio a pormi domande su ciò che non mi è piaciuto.

Lo stile di scrittura: prosa semplice, diretta; nessun volo pindarico, nessun guizzo stilistico; allo stesso tempo però nessun problema così grande da costringere a interrompere la lettura (fatta eccezione per tre refusi). Sulla bilancia depositerei il sassolino sul piatto del ‘no’, ma sarebbe un sassolino piccolo, che con un colpo di reni potrebbe saltare sull’altro piatto.

Per dare il giudizio metto a tacere la vocina che mi sussurra all’orecchio: Licia è alla sua prima opera pubblicata.

Zittisco anche l’altra vocina che strilla come Crichton, per fare solo un nome, abbia uno stile di scrittura semplice e quasi piatto. Che si accorda perfettamente, rispondo, alla forza delle idee e alla complessità della vicenda che troviamo in molti suoi romanzi.

Se vogliamo trovare altri difetti li cerchiamo nella caratterizzazione di alcuni personaggi secondari, che hanno reazioni monocromatiche e spesso troppo dirette (nessun doppio gioco? Nessun pensiero che contrasti con le azioni intraprese?) e nella chiusura repentina di questo primo episodio che lascia una forte sensazione d’incompiutezza (ma qui l’autrice non ha alcuna responsabilità).

Altra annotazione per la descrizione del mondo che Licia ha creato. Pare che tutto sia visto attraverso l'occhio del turista, curioso ma avido di nuove immagini, quindi necessariamente frettoloso.

Gli aspetti positivi sono la piacevole scorrevolezza del testo. Una lettura poco faticosa e intrigante, le pagine si rincorrono agili, complice il carattere più grande di quelli normalmente usati per questo tipo di pubblicazioni e che potrebbe far pensare a più d’uno d’avere fra le mani un libro di ‘narrativa per ragazzi’.

Si rimane intrappolati dalla rete tesa da Licia che sa dosare e orchestrare l’intreccio con abilità.

Il ritmo è quello giusto, a fatica ci si allontana dalla lettura e con piacere si ritrova il Mondo Emerso.

I personaggi principali hanno sentimenti e si muovono in modo coerente e credibile. La mano del narratore quasi non si avverte, il personaggio a cui tocca il destino di essere eroe, sembra saperne una più del suo creatore; buona cosa.

La descrizione delle battaglie è il vero punto di forza. Il momento dell'esaltazione è quello che ci consente di udire il clangore delle spade, vedere le lame ricavare scintille dallo scontro con altre lame.

Il punto di vista è quello del narratore onnisciente, che però sceglie di occuparsi solo dei fatti strettamente legati alla vicenda che viviamo attraverso gli occhi della protagonista; non siamo resi partecipi invece delle trame che il destino intesse lontano dalla portata della spada di cristallo nero.

Devo ammettere che Licia sconta qualche ingenuità e alcuni cedimenti di stile, devo altresì riconoscere che nelle sue vene scorre sangue di scrittore, quindi esprimo un giudizio parziale, comunque positivo, in attesa di poter concludere la lettura dell’intero ciclo.