Nel panorama fumettistico italiano, l'uscita di una rivista quale la tanto attesa e vociferata Star Fantasy non può essere salutata che con curiosità, soddisfazione e interesse. E questo non solo per la particolare natura tematica di una pubblicazione antologica a fumetti dedicata esclusivamente al genere fantasy, ma anche per la possibilità di leggere in Italia alcune pregevoli produzioni statunitensi, indipendenti, che esulano in gran parte dal complesso e dominante sistema delle grandi case editrici, veri e propri colossi del settore come Marvel e Dc.

Per questi motivi, la prima uscita di Star Fantasy è una scommessa vinta. È un ottimo contenitore, in grado di presentare buone serie "alternative", sebbene macchiate da alcuni difetti, senza i quali si sarebbe addirittura meritato l'eccellenza.

Si diceva della natura tematica del "magazine". Ebbene, secondo una delle più comuni definizioni, il genere fantasy si differenzierebbe dalla fantascienza essenzialmente per un orientamento dell'interesse in particolare verso le scienze umane, culturali, psicologiche e - in pratica - nei confronti di tutto il contesto nel quale vengono ambientate le vicende; la science fiction, al contrario, sarebbe legata soprattutto all'aspetto, appunto, scientifico e razionale delle storie, sviluppando interessi legati maggiormente alla speculazione sul futuro, su altri mondi o razze aliene, sulla società umana a venire.

Si potrebbe argomentare molto su tale definizione, in larga parte condivisibile, che però genera una sorta di “punto d’incontro” fra i generi - come potrebbe accadere, ad esempio, dovendo definire la natura di un romanzo come Dune.

Comunque, a essa pare rifarsi la filosofia che ispira Star Fantasy nella scelta dei serial di apertura (lo stesso editoriale introduttivo e gli articoli dedicati alla tematica del fantastico distinguono tra vari sottogeneri, quali weird fantasy, science fantasy, la canonica heroic fantasy e altri, che comporrebbero il panorama vasto e articolato di questo tipo di letteratura).

Così, se Artesia si presenta come una narrazione heroic d’impostazione sostanzialmente classica, con Jinn siamo vicini alla fanta-archeologia, se non nel bel mezzo dell'atmosfera che caratterizza i videogiochi “alla Tomb Raider”, mentre con Iron Empires siamo di fronte a una saga che riunisce in sé elementi della space opera più tradizionale e tematiche più propriamente tipiche della fantasy.

Artesia è certamente la serie di punta. Ottimamente disegnata e dipinta con splendidi colori, allo stesso tempo violenti e sfumati, delicati ed espressivi, ci presenta la figura di questa singolare eroina. Il tratto dell'autore è deciso e vigoroso, in grado di conferire grande dinamismo, ma anche realismo, e non si perde in virtuosismi o estetismi fine a se stessi, nei quali talvolta incappano anche grandi autori chiamati a cimentarsi con il disegno fantasy.

Guerriera, sacerdotessa, concubina reale e strega, Artesia ci mostra i primi eventi dei conflitti bellici che oppongono i due contendenti al trono di un regno del quale si iniziano a intravedere usi, religione e tradizioni, suggerendoci che ben altro si prepari all'orizzonte. Davvero abile sembra l'autore Mark Smylie nella definizione di allusioni e retroscena, nella descrizione dei personaggi, come pure nella stesura delle efficaci sceneggiature.

Molto interessante risulta anche Iron Empires. La storia parrebbe prendere il via da assunti un po' comuni. Il protagonista, infatti, è un ribelle scomodo, inviato in un mondo di frontiera che tende all’autonomia rispetto all'autorità centrale; questi dovrà guidare la resistenza del pianeta che gli è stato affidato contro una minaccia inquietante che si profila all'orizzonte, una minaccia aliena in grado di procurare consunzione e follia.

E tuttavia l'autore, Chris Moeller, imbastisce in modo piacevole i primi elementi della narrazione con un’interessante raffigurazione sia dei personaggi, che della società nella quale si svolge la vicenda: una sorta di teocrazia ove grande peso ha l'esercito, caratterizzato da potenti truppe corazzate.

I dipinti di Moeller rappresentano con vigore la storia, sia per quanto riguarda l'inventiva circa ambiente, razze, tecnologie e costumi, sia per quanto riguarda il ritmo narrativo. Un'efficace scansione della tavola e un lay-out che mostra sprazzi di notevole originalità garantiscono la persistenza dell'interesse e della tensione nel lettore.

Anello debole della rivista pare essere Jinn, che finora non colpisce, né per i disegni piuttosto ordinari di Gabriel Rearte (nella linea degli imitatori di quello che potremmo definire "stile Top Cow"), né per i testi di J. Cameron, che per ora paiono del tutto incolori. Va detto che Jinn viene pubblicato metà episodio per numero e, quindi, è necessario valutarlo con maggiore completezza.

La storia, per ciò che si può intuire, è incentrata sui misteriosi ritrovamenti in Egitto di un giovane archeologo dalle idee molto anticonformiste e sulle vicende di una bella ladra acrobata, in seguito a un furto piuttosto inusuale.

In verità, stupisce la scelta della Star Comics di affiancare tale serie (ampiamente pubblicizzata come opera dei ben più prestigiosi Brian Haberlin e Whilce Portacio, che in realtà hanno creato solo il personaggio) ad Artesia e Iron Empires e ancora di più quella di usarla semplicemente come "tappabuchi" per occupare le pagine residue.

Allora, la domanda che sorge è: non sarebbe stato molto più proficuo e pratico per l'immagine, la qualità e l'effetto complessivo di Star Fantasy inserire solo le due storie principali, o, in alternativa, scegliere una terza opzione al posto di Jinn (da pubblicare - ovviamente - in episodi integrali)?

Anche qualora le parti successive di questa vicenda dovessero ribaltare l'opinione negativa iniziale, la rivista risulterebbe, comunque, piuttosto zoppicante nei suoi equilibri interni.

In definitiva, la sensazione finale che si prova è dunque quella di un prodotto assolutamente pregevole, a tratti ottimo, ma che avrebbe potuto essere migliore con un minimo di coraggio e d’audacia in più.